Gianluca Tullio prima di quel 15 ottobre a Roma
Come sono andate davvero le cose lo scorso 15 ottobre a Roma, in occasione della manifestazione mondiale degli indignati, lo sa solo chi vi ha partecipato di persona e cioè la tantissima gente giunta a Roma da ogni parte d’Italia. In molti, infatti, hanno affrontato viaggi lunghi per testimoniare tutto il proprio disappunto nei confronti del sistema finanziario globale che ha generato la famigerata crisi di cui tanto, anche a sproposito, si parla.
Fra questi, come è tristemente noto, c’è chi ha ben pensato di sfogare rabbia e frustrazione in maniera violenta, creando problemi e disagi a chi era lì per dire pacificamente NO, ma non solo.
La capitale, data alle fiamme e “infangata” ha mostrato tutta la sua vulnerabilità e incapacità di sostenere eventi naturali o innaturali che dir si voglia. Per chi la vive e la abita ogni giorno, vedere e rivedere in televisione, su internet e sulla carta stampata, le fotografie di una Roma sotto assedio e trasformata in un campo di guerriglia urbana hanno avuto un effetto straniante, capace di minare il senso di sicurezza e riconoscimento.
La decima edizione del Festival di Fotografia di Roma è stata occasione ulteriore per approfondire il legame fra le immagini e il territorio, e fra questo e il potere di costruzione dell’immaginario sociale e non.
L’utilizzo massiccio della fotografia per documentare, mostrare e raccontare costituisce, infatti, un terreno di dibattito teorico molto fertile e ampio, tanto da coprire diversi ambiti disciplinari e da produrre riverberi altrettanto intensi sull’etica di chi, a vario titolo, produce e lavora con le immagini.
In questo senso, la mostra di Gianluca Tullio Essential: il grado zero della città, curata da Nicoletta Guglielmucci e Chiara Micol Schiona, presso la Modrian Suite, restituisce una visione in grado di interagire senza interferire.
Nelle fotografie del giovane fotografo abruzzese la città di Roma è allo stesso tempo soggetto principale e spettatore, divenendo, come suggerito dal titolo stesso “essenziale”. Le immagini degli scontri delle manifestazioni del 2010, usate per alcuni reportage da “Il Fatto Quotidiano”, dispongono di una propria “densità” iconica grazie alla quale si distaccano dallo sfondo e si impongono su di un proprio campo di presenza. Il ruolo del fotografo è stato così quello del testimone che ne ha riconosciuto la forma e l’ha enunciata tenendo conto della responsabilità nei confronti di un attore collettivo.
Il valore della rivolta è qui dato attraverso i suoi aspetti estetizzanti. Le immagini di guerriglia, dell’euforia e della disperazione dei corpi sulla scena afferiscono a un immaginario condiviso e seduttivo allo stesso tempo.
Al desiderio di rivolta si unisce l’idea della gioventù, della rabbia, creando quasi una drammaturgia dello spazio di rappresentazione dove la rivoluzione non c’è e la ribellione è ormai una pratica normalizzata.
Per saperne di più: www.gianlucatullio.com/