Il Pagliaio ha aperto le porte
Roma è una città che, forse per sua propria natura, tende a valorizzare poco ciò che ha di più bello. Una metafora perfetta di quest’attitudine è la realtà che ruota intorno al Pagliaio e al Pagliaio stesso nella sua materialità; un enorme casale nascosto nel buio della campagna romana, in quell’oltre-raccordo anulare che difficilmente, causa carenza di mezzi pubblici, si tende a considerare come possibile meta.
Dalla strada stessa che lo costeggia resta molto difficile identificarlo come quello che sul sito ilpagliaio.net, inaugurato proprio questo mese, si legge un: “luogo di ricerca e creazione delle arti contemporanee quali performing art, teatro, site specific, musica, video ed installazioni. È un luogo che ambisce alla costruzione di una rete di conoscenze con persone e gruppi di giovani artisti di ogni nazionalità che necessitano di uno spazio per la creazione”. Eppure nelle scorse giornate dell’8, 9 e 10 novembre, giornate di inaugurazione della nuova stagione, è bastato oltrepassare il cancello in ferro battuto per accorgersi di come non ci si trovasse davanti all’ennesima presentazione ingannevole da marketing artistico/culturale, bensì in una dimensione completamente ospitale, capace di far combaciare installazioni dall’aria ultra-concettuale, l’ambientazione rurale di un casale antico immerso in un giardino con sedie di vimini bianco, miriadi di luci da natale-nei-telefilm incastrate tra i rami degli alberi del portico e l’ospitalità (leggi mancanza di arroganza creativa) di ragazzi che ti accolgono con aperitivi/cena a base di, tra gli altri, passata di zucca con panna allo zenzero.
Due passi nel giardino poi, sono bastati a capire quanto talento si nasconda da quelle parti. Le vibrazioni attiravano immediatamente verso il Quintetto, opera dei bravissimi Quiet Ensemble co-protagonisti, in serata, anche della proiezione di un concerto in C# per Fiat 500 del 1973 (e con questo intendo un vero concerto suonato con una Fiat 500 del 1973) composta da cinque vasi rettangolari che, grazie al pesce rosso che nuota dentro ciascun vaso ed una camera che ne capta i movimenti, produce sonorità digitali per una interpretazione musicale della casualità naturale; come dire una rivelazione della possibilità di tramutare la meccanica in musica che coinvolge anche La misura di un’ombra, in cui a trasfigurarsi in suoni sono i cambiamenti di luce tra le foglie di un albero. Ultimo esempio delle numerose installazioni che animano il parco e i capanni è La gabbia un’opera dello studio Aurora Meccanica che consiste in un’uccelliera appesa all’interno di un casotto per gli attrezzi la cui ombra è nitidamente proiettata sul muro opposto allo spettatore. Un’opera quasi asettica se non fosse che, muovendo la gabbia reale, dalla sua ombra si osservano uscire sagome di stormi di uccelli, in un profluvio di vita che improvvisamente pare invadere la stessa dimensione comunemente chiamata realtà. Una parte del casale è stata invece dedicata alle varie performance e videoproiezioni tra cui, nella giornata iniziale di venerdì, quella dei Three Minutes Ago Carezza di Vetro e Objects in Mirror are Closer than they Appear di K-Conjog+Francesco Lettieri.
Nell’attesa tra una performance e l’altra, vicino alla postazione del dj che ha suonato contro il freddo accompagnato dal profumo dei pop-corn in preparazione alla postazione bar, si poteva poi fare facilmente la conoscenza di quegli stessi artisti le cui opere sembrano tanto pretenziose quanto loro stessi umili e disponibili come difficilmente se ne incontrano in occasioni anche molto meno interessanti di questa; esemplare in questo senso Bernardo Vercelli, componente dei già citati Quiet Ensemble – uno dei padroni di casa insomma – che si è intrattenuto con noi nel pieno dell’evento spiegandoci i dettagli dei nuovi progetti formativi in avvio al Pagliaio; una stagione strutturata attraverso settimane a tema, con workshop di formazione di, tra gli altri, Physical Computing e Audio Video Interaction, di cui nel pomeriggio si sono svolti dei Free Labs. Alla fine di ogni settimana si terranno poi degli eventi di presentazione delle opere sviluppate durante i corsi. Il tutto, naturalmente, a prezzi popolari.
Insomma, a fine serata il raccordo anulare è parso una barriera molto più innocua.
Per saperne di più: http://www.ilpagliaio.net/Home.html
Testi e foto di Stefano Pontecorvi.