Alessia Rollo, in Spagna per diventare fotografa
Ecco qualche buon suggerimento che le nuove generazioni, tentate dalla carriera nel mondo dell’arte e della creatività, dovrebbero seguire qualora volessero risparmiarsi anni di frustazione e depressione nell’inseguire i propri sogni restando sul suolo italico. L’equazione che vuole l’Italia sinonimo di paese vocato alle belle arti, alla cultura e tutto ciò che ha ache fare con la creatività nella sua accezione più ampia del termine credo che sia ormai caduta non so bene quanti decenni fa. Il mio vi appare un discorso fin troppo retorico, catastrofistico e qualunquista? Alla fine dell’articolo c’è uno spazio che chiunque può usare per controbbattere tranquillamente a quanto ho detto. Per il momento godiamoci le quattro chiacchiere che mi sono fatto con Alessia.
Ciao Alessia, da quand’è che vivi in Spagna?
All’incirca 3 anni. Sono arrivata a Madrid nell’ottobre del 2006, dopo un “pellegrinaggio” in Irlanda di circa un anno e uno in Francia di qualche mese.
Come mai hai scelto proprio questo paese per proseguire i tuoi studi nel campo della fotografia?
Dopo la laurea, non avendo le ideee chiare sul mio futuro, decisi di passare qualche mese all’estero per migliorare l’inglese. Così mi trasferii a Dublino e lì iniziai a studiare fotografia per diletto. Ad essere sinceri, però, il clima del nord Europa non fa per me: sono una “terrona” e ho bisogno del sole! Così, considerato che non volevo tornare in Italia, decisi di andare a vivere in Spagna. Il perchè? Per la lingua che già conoscevo un poco e per il carattere della gente, che mi affascina. Sinceramente non sapevo granchè sul panorama artistico spagnolo, ma ho avuto fortuna nella scelta della scuola dove mi sono formata, penso sia la migliore sul territorio nazionale (molta fortuna visto che la scelsi via Internet!)
Possibile che da noi chi vuole far carriera nel campo delle arti visive debba per forza emigrare all’estero?
Non penso sia un imperativo, ma sicuramente aiuta molto fare un salto fuori per vedere cosa bolle in pentola negli altri paesi. Io ho deciso di abbandonare l’Italia per caso e convinzione. Il caso è dovuto a scelte prese a 20 anni e con poca consapevolezza: la convinzione da decisioni mature di una quasi 30enne! Il mondo dell’arte, che muove cose ed ha un peso relevante, si trova nel nord Europa e negli Usa. Io per adesso vivo ancora in un paese dell’Europa mediterranea e questo ha i suoi limiti. Se davvero volessi buttarmi a capofitto nelle arti visive dovrei emigrare ancora, in Germania, Regno Unito o magari gli Stati Uniti.
In ogni modo penso che la gente in gamba si trovi dappertutto e ne è prova il fatto che l’Italia sia piena di ottimi artisti: Massimo Vitali, Franco Fontana, Oliviero Toscani, Letizia Battaglia e tanti altri.
Ti sei laureata a Perugia in Comunicazione Audiovisiva, poi hai seguito una serie di corsi e master all’estero in fotografia. A quanto pare hai preso questa cosa abbastanza sul serio ed immagino che non proverai molta simpatia verso i fotografi improvvisati fai da te. Raccontaci un po’ come è nata questa vocazione e cosa ti frulla per la testa pensando al tuo futuro nel mondo della fotografia.
I fotografi amateur spesso fanno foto migliori delle mie! Possiedono una freschezza incredibile perchè non hanno l’occhio contaminato dalle conoscenze tecniche e teoriche che a volte rendono le immagini pretenziose e inaccessibili. Anch’io ho iniziato come fai da te con la fotografia, un po’ per frustrazione e un po’ per diletto. La prima perchè dopo la laurea avevo cercato di entrare come stagista in qualche azienda o impresa audiovisuale ma nessuno mi accettò. Era un po’ quello che succedeva a parecchi miei compagni universitari del mio stesso indirizzo: in realtà non sapevamo fare niente di pratico e nessuno ci voleva. Quindi decisi che dovevo imparare a saper utilizzare uno strumento audiovisuale per potere un giorno lavorare. La fotografia mi sembrò il mezzo più facile da abbordare: tutti in fondo abbiamo scattato foto sin da bambini!
Non potevo sapere che mi sarebbe piaciuta tanto: con il tempo ho scoperto che era la mia vera passione e un vizio allo stesso tempo. Non posso farne a meno! Per quello che riguarda il futuro in questo mondo, ti posso solo dire che non ne ho la più pallida idea! Sinceramente per me la fotografia è soprattuto un bisogno e una maniera di vivere, non un mezzo attraverso cui vivere. Ovviamente sto cercando di ritagliarmi uno spazietto nel mondo professionale, ma sono ancora lontana dal traguardo. Se ci riuscirò ne sarò più che contenta e se così non fosse non credo che questo mi toglierà il piacere di creare immagini.
Ho dato un’occhiata ai tuoi lavori e dato per assodato che mi sono piaciuti molto, l’impressione che ne ho avuto è che le tue immagini hanno ben poco a che fare con la semplice rappresentazione della realtà. Sembrano più il frutto di un set sapientemente costruito con cui vuoi trasmettere un messaggio molto più elaborato rispetto alla funzione dei singoli oggetti ritratti. Ecco qua forse mi sono incartato. Le tue foto mi hanno fatto lo stesso effetto. Aiutami a sbrogliare un po’ la matassa.
Credo che nessuno sia in grado di rappresentare la realtà in maniera oggettiva. Anche i reporters alla fine mostrano un “pezzo di verità”: chi, cosa e come fotografare sono una maniera di costruire un set davanti alla camera.
Per quello che mi riguarda, ad esempio con In-domestico, non penso mai a priori al messaggio che voglio trasmettere, piuttosto sono gli oggetti a suggerirmelo.
Le mie foto sono spesso un paradosso, dei giochi visuali: la maggior parte delle cose si trovano nell’esatto opposto di come siamo abituati a vederle: i libri sotto il tavolo, le calze che coprono le scarpe, le margherite a testa in giù nel portafiori etc. Le ultime foto che ho realizzato di questa serie, però, (i due pomodori, i palloncini, le palle di gelato, la pianta chiusa nel barattolo) sicuramente sono dovute a circostanze personali. Si possono leggere come il rapporto tra due persone, i limiti che li separano, il tentativo di trattare qualcosa che era destinato a scomparire, o di racchiudere per sempre quello che riteniamo pieno di valore.
Però questa è la mia personale interpretazione!
“Distancia Emocional” nasce invece da una volontà diversa: è un album familiare, sicuramente scenificato, che ha come unica funzione di registrare nel tempo i rapporti e le relazioni con le persone che fanno parte del mio mondo. Io cerco di non attuare, per lasciare quanta più libertà possibile ad ognuno di esprimere la “distanza emozionale” che la gente ritiene adeguata. È un progetto a lunga scadenza, vedremo quando finirà!
Devo dire che un altro motivo per cui il tuo lavoro mi ha incuriosito è che per una volta tanto una giovane fotografa non è ossessionata dal filone del glamour e della moda e, se non dico una cavolata, noto che ti trovi molto a tuo agio con soggetti inanimati. Dì la verità è molto più facile convincere un cactus a fare la parte del pesce rosso che mettere una persona nella giusta posa ed evitare che chiuda gli occhi durante lo scatto.
Mi hai preso in castagna! La verità è… che mi sento molto più comoda a lavorare con le cose piuttosto che con le persone. Non parlano, non opinano e non hanno necessità: un cactus può anche rimanere un’ ora a mollo in un acquario, una fotomodella in una piscina no!
Il mondo degli oggetti mi incuriosisce: sono prodotti dagli umani e per gli umani, mi sembra giusto render loro un piccolo omaggio e un poco di protagonismo! La moda sinceramente mi interessa ben poco: rispetto la gente che ci lavora, però la fotografia di moda spesso trasmette solo modelli utopici che de-personalizzano la gente e la rendono uguale l’una a l’altra. Puoi solo lavorare con modelle anoressiche e con bellezze standard: bhe…. io preferisco i soggetti inanimati e non piegarmi a queste logiche
Mi è piaciuta molto la serie Happy Meal, che di “happy” ha ben poco come di “meal” del resto. Se queste foto sono la rappresentazione di un trend della società Spagnola che sta rinunciando a sposarsi e a fare figli (ma in Italia non è lo stesso?) quello che ne viene fuori è un quadro molto poco entusiasmante. Possibile che nella tua testa la società più caliente ed esuberante d’Europa assomigli al più freddo e triste dei popoli del Polo Nord?
Io vengo dal sud Italia ed il cibo è stato per me sempre un “evento sociale” e un piccolo rito quotidiano condiviso, ma le cose si sono evolute molto nel giro di 10 anni. La società in cui viviamo ci ha condotto ad un cambio radicale nella maniera di pensare e consumare il cibo.
I nuclei familiari si sono ridotti e i ritmi sociali si sono accellerati. Il mercato offre a tutti noi la soluzione: monodose, congelato, facile da cucinare o meglio da scongelare. Perfetto per i single e i mille senza tempo, di cui una metrópoli come Madrid è piena.
Penso che questo modello sociale sia presente in maniera sempre più massivo in tutti i Paesi industrializzati. Qui in Spagna si mangia benissimo e si consumano molti cibi freschi, ma nei supermercati si fa sempre più spazio a scatolette, sottovuoti, surgelati per una o due persone. Magari questa serie di foto fosse solo una “allucinazione” personale! Purtroppo credo che bisogna considerarla come una piccola critica all’attualità.
Abbiamo capito che tipi come Helmut Newton o David La Chapelle a te non t’hanno mai detto nulla, chi sono allora i tuoi maestri ideali? Se dovessi imitare lo stile di un fotografo famoso a chi ti rifaresti?
Adoro David Lachapelle, mi sembra un artista eccezionale che ha saputo imporre uno stile personale, irreverente e ironico, alla moda ed alla pubblicità. Ovviamente non ha molta influenza diretta sul mio lavoro, come invece hanno altri fotografi come Chema Madoz, Mauricio Alejo, William Eggleston, Robert and Shana ParkeHarrison, Gabriel Orozco e altri fotografi emergenti come Julio Galeote.
Per quello che riguarda l’imitare lo stile di qualcuno, spero davvero di non farlo mai! Mi piace che esca fuori quello che ho dentro, non importa se è meno bello, corretto o vincente. Se invece mi chiedessi che fotografo famoso vorrei essere, magari ci penserei su!
Com’è stata la tua esperienza formativa ed immagino professionale in Spagna? Ne è valsa la pena in termini di crescita personale e di opportunità di lavoro?
Come ti dicevo prima sono stata molto fortunata per quello che riguarda la formazione accademica. Ho frequentato un corso di fotografia professionale e un master in fotografia artistica in una scuola di Madrid chiamata EFTI. L’ambiente è fantastico, i professori molto preparati e super disponibili anche fuori l’orario di lezione. Durante il master ho seguito corsi con fotografi di tutto il mondo: Jill Greenberg, Matt Siber, James Casebere, Eugenio Ampudia, Chema Madoz e tanti altri. Ho conosciuto gente agli esordi come me con i quali ho avviato collaborazioni artistiche e professionali. Ho dei progetti non troppo distanti dalla realizzazione, ma preferisco non parlarne perchè da buona italiana sono molto scaramantica! Per adesso continuo a lavorare come professoressa di pratica nella scuola dove ho studiato, non mi posso lamentare.
La tua prossima tappa?
La videoarte! E Madrid per adesso. Spero di poter andare a New York un giorno o l’altro, per studiare. È il mio sogno nel cassetto….
Facciamo prima a fare noi un salto in Spagna o pensi che prima o poi potremo vedere una tua mostra in Italia?
Bhe… penso che farete prima voi! A gennaio ho una mostra individuale a Madrid in una galleria, siete tutti benvenuti! Mi piacerebbe molto esporre in Italia ma nell’ambito dell’arte non conosco nessuno (e nessuno conosce me!)
Cosa pensi che accadrà alla tua carriera dopo questa intervista?
Alla mia carriera non lo so, però sicuro scatenerà un’esaltazione irrefrenabile in mia madre! Spero che almeno vi faccia pubblicità…
Se vi piacciono i suoi lavori fate un giro sul suo sito web alessiarollo.com