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Andreco e la rigenerazione urbana e sociale

Andreco - ph Marco Scozzaro

 

Prima di tutto: come ti definiresti? Sei piuttosto lontano dalla street art più convenzionale, i tuoi disegni sembrano dotati di un linguaggio davvero troppo sofisticato, eppure sei immerso nella scena street. Che tipo di artista sei?

 

Le categorie mi sono sempre state strette, porto avanti la mia ricerca e faccio i miei lavori sia in spazi chiusi che aperti senza preoccuparmi di rientrare nei cliché e nelle regole di una determinata categoria, del sistema dell’arte o di qualsiasi moda dell’ultima ora. La potenzialità dell’arte pubblica e della street art è quella di arrivare ad un pubblico vasto ed eterogeneo, diverso da quello dei musei e delle gallerie, o degli “addetti ai lavori”, per questo mi interessa e la sostengo. Negli ultimi anni mi sono interessato all’intervento multidisciplinare nello spazio pubblico, alla possibilità di far confluire in un progetto competenze diverse: scientifiche, ambientali, sociali e artistiche. Sono progetti che richiedono maggior tempo, ricerca, partecipazione e progettazione ma credo siano il futuro della creazione dello spazio pubblico. L’arte può essere parte integrante dello spazio comune, della vita sociale, delle architetture che formano il nostro territorio e a volte può essere una “leva” per la rigenerazione urbana e sociale.

 

Working progress “the philosophical Tree” per Frontier, Bologna

 

Ho parlato di linguaggio sofisticato. Difficilmente ho trovato un artista dal codice così ricco, particolare e riconoscibile come il tuo. Uova, diamanti, maschere, tutta una simbologia in grado di comunicare in modi misteriosi ma incredibilmente efficaci. Posso chiederti come nasce questo tipo di simbolismo? Insomma, se è qualcosa che hai sempre avuto o si è delineato col tempo, se è qualcosa di studiato… cose così.

 

Sin dagli inizi mi sono interessato di simbologia. Mi affascinano le rappresentazioni che hanno un significato intrinseco, che racchiudono potenza e mistero e creano una suggestione in chi le osserva.  L’interesse è nato in contrapposizione al concetto di bellezza superficiale e decorativa. Ho avuto la fortuna di viaggiare molto e vivere in posti diversi: da ognuno di questi luoghi ho estrapolato, a volte consapevolmente a volte no, il succo della rappresentazione tradizionale e rituale. Raramente riproduco immagini già esistenti così come sono, è un’operazione “pop” che non mi interessa: piuttosto cerco di capire le formule e le geometrie che stanno dietro alla rappresentazione simbolica e applicarle per inventare nuovi simboli che entrano a far parte del mio linguaggio visivo.

 

Wallpainting “the philosophical tree” per Frontier, Bologna

 

Hai un dottorato in Ingegneria Ambientale e le tue opere manifestano una connessione speciale con la Natura. In effetti, le tue opere, hanno su di me un effetto strano, tipo quelle opere africane che vedi nei musei e ti sembra che dicano qualcosa di cui ti eri scordato, tu e la tua generazione bimillenaria. Lo so che a un artista non si chiede mai la ragione dei concetti che stanno dietro quello che fa ma voglio fare il trasgressivo: raccontami alcune delle cose più importanti che pensi siano espresse in quello che fai.

Mi fa piacere che ti provochino “un effetto”, per me l’opera è completata da chi la osserva e per questo prende diverse “forme”, tante quante sono i suoi fruitori. Il primo obiettivo è far pensare o comunque produrre un effetto su chi osserva. Non è obbligatorio comunicare qualcosa di preciso, non è uno spot pubblicitario, al contrario è qualcosa che vuole portare “Altrove”. L’arte africana mi affascina, è ricca di simbologia e spesso riesce a sintetizzare in pochi elementi concetti vastissimi come il rapporto con la natura o con la spiritualità che a volte coincidono. Ma l’arte africana è un’altra cosa. Il rapporto tra uomo e natura è il tema su cui maggiormente ricerco sia dal punto di vista artistico che scientifico. Più ci lavoro più trovo nuovi spunti, idee e punti di vista. Sono ricercatore sui benefici ambientali apportati dalle piante in ambito urbano (Urban Green Technologies). Mi piace creare dei parallelismi tra la ricerca attuale nell’ambito dell’ingegneria ambientale, dell’urbanistica e dell’architettura sostenibile con quello che era la ricerca prima del metodo scientifico, l’alchimia. Mi piace rileggere in modo contemporaneo quel rispetto e quella sensibilità che avevano le popolazioni ancestrali nei confronti della natura. Mi muovo in questo ambito cercando di avere nei confronti della natura le stesse accortezze che aveva l’uomo primitivo o un’animista che la venerava.

 

Wall painting with Gaia for “999 contemporary art gallery”, Roma Ostienze

 

Una domanda strana: che ne pensi dell’evoluzione? Nel senso, molto di ciò che fai mi racconta di situazioni evolutive, del movimento della generazione, di cose che nascono da altre cose. Ma non credo che in questo tipo di evoluzioni siano comprese cose tipo la BP petroleum o i programmi di Barbara D’Urso.

 

Quando si apre per la prima volta un qualsiasi manuale di ecologia arrivati alla terza pagina si capisce che il problema principale della terra e di qualsiasi ecosistema naturale è l’uomo che al pari di un parassita con la sua esistenza altera e deteriora gli equilibri ecologici. Consapevoli di questo, e non volendo prendere in considerazione posizioni nichiliste come lo stermino di massa della specie umana (compresa Barbara D’Urso), credo sia importante saper convivere e coesistere nel pianeta con le altre specie animali e vegetali che lo abitano e limitare i danni che provochiamo. L’esempio che hai fatto della BP nel golfo del Messico è una delle tante prove eclatanti che le cose non stanno andando in questo modo. Detto questo i fenomeni di trasformazione, evoluzione e mutazione mi interessano perché mi ricordano la magia, sono sorprendenti come la natura e la vita. Mi piace sorprendermi e sono sempre alla ricerca di nuovi modi per farlo. Non servono effetti speciali basta osservare i fenomeni fisici e naturali, come diceva il poeta William Wordsworth, in un certo senso basta vivere osservando. Basta pensare allo schiudersi di un bocciolo o agli esperimenti sull’elettromagnetismo di Nikola Tesla. Tra i maestri della trasformazione voglio citare William Kentridge e di Jan Svankmajer.

 

Serigrafa

 

Hai fatto un lavoro grande 15 metri con una vernice in grado di migliorare l’aria. Hai messo un albero in una galleria per esporre processi invisibili. Lo studio che sta dietro quello che fai, la sua coerenza, è impressionante. I tuoi lavori sembrano voler essere un processo creativo sia artistico-metaforico che naturale-reale. Sembrano opere d’arte/esperimenti. Posso chiederti qual è, in questo senso, il sogno impossibile?

 

Le due opere che hai citato prendono spunto da studi scientifici e fanno parte, insieme ad altre, del percorso di ricerca multidisciplinare che sto facendo negli ultimi anni. In particolare, ho voluto mostrare gli scambi invisibili di elementi che determinano i processi chimici e le interazioni che avvengono tra l’umanità e la natura. Tra gli studi a cui mi sono ispirato per realizzare le installazioni per la mostra Nomadic Landscapes (presso la Galleria Adiacenze di Bologna con Luca Coclite) e le opere The Green Man (realizzata a New York e a Dro in Trentino per Fies Factory) e The Philosophical Tree (per Frontier a Bologna), ci sono: una ricerca del CNR di Bologna sulle specie d’alberi autoctoni che assorbono più CO2, una ricerca della Nasa sulle piante da interni che assorbono più formaldeide e altri studi su filtri che interagendo con i raggi UV neutralizzano inquinanti provenienti dai gas di scarico delle macchine come gli NOx. Inoltre in passato sono stato influenzato da testi come quelli di Clement sul Terzo Paesaggio e di Constant sull’Urbanismo Unitario. Come in ogni ricerca si fanno esperimenti, si osservano e si descrivono dei fenomeni fisici e si usano o si inventano simboli per illustrarli, per la mia ricerca artistica sto facendo una cosa del genere. La razionalità con cui posso spiegarti il perché faccio certe cose arriva fino ad un certo punto dopo il quale entrano in gioco altri aspetti che faccio fatica a spiegare, legati alla passione e alla necessità di realizzare delle visioni. Forse più che “Il sogno impossibile” mi piace pensare al sogno possibile o l’utopia concreta.

 

Installazione per “Contemporary Alchemy, the relation between Humans and Nature” New York

 

Quali sono le affinità e le divergenze tra l’Andreco artista e l’Andreco studioso accademico?

 

Ora sono la stessa persona, ma ammetto che in passato ho fatto quasi una doppia vita dormendo poche ore a notte. Una cosa compensava l’altra e una strana simbiosi mandava tutto avanti. Arte e scienza sono due vasi comunicanti che si riempiono e si svuotano per poi ritornare ad equilibrarsi. Devo ammettere che non è un percorso facile, la specializzazione del lavoro e le vedute ristrette costituiscono un ostacolo (soprattutto in Italia); per fortuna però molti altri prima di me hanno intrapreso strade simili ed è confortante leggere le loro biografie. Ora sto leggendo quella di Joseph Beuys, un altro maestro che stimo molto.

 

Installatione “The Green Man” per Fies Factory, Dro Trentino

 

Ok, passiamo alla zona burocratica. Ho l’impressione che le cose ti vadano piuttosto bene. Vuoi raccontarmi di quello che hai fatto, degli obiettivi raggiunti di cui sei più orgoglioso, e di quelli in arrivo?

 

Va bene. Sono contento dei progetti realizzati fin ora. Più delle singole mostre e installazioni, sono felice di essere riuscito a far convergere molti miei interessi e ricerche nel mio lavoro artistico. E’ un atto di onestà che da ragione a Richard Wagner che credeva nell’equivalenza tra arte e vita. Inoltre mi sono accorto che ogni lavoro è legato in qualche modo a quello precedente, è una sorta di stratificazione di esperienze diverse e alla fine tutto il percorso di ricerca prende più forza e solidità. La strada da fare è ancora tantissima e cerco di non fermarmi su un lavoro perché “funziona”, ma mi rimetto in discussione, continuando a sperimentare per evolvere e andare oltre. Sono contento di essere riuscito a lavorare con diverse tecniche, in diversi paesi, in contesti pubblici e privati, con musei, fondazioni, associazioni e soprattutto con la gente che ho incontrato. Ti confesso un segreto, ho una regola: mai parlare dei progetti futuri ma solo di quelli già fatti. Forse ci sono riuscito.

 

Andreco and Dem

 

Sei di Roma, ma lavori a Bologna (oltre che a NY). Tre cose: perché questa scelta, laddove fosse davvero una scelta? Come interagisci con gli artisti di Bologna, con la scena artistica e la scena street art in particolare? Bologna ha qualche speciale ricezione per quanto riguarda le situazioni artistiche? Qualche tempo fa sono passato di là e ho potuto parlare di street art con un tassista e la cosa mi è sembrata piuttosto sorprendente.

 

Ho vissuto in molte città negli ultimi dieci anni, da quando ho lasciato Roma, motivato dalla curiosità di vivere in posti diversi e apprendere viaggiando. A Bologna sono tornato diverse volte tra un trasloco ed un altro è stata una soluzione strategica per la sua posizione geografica in Italia. Inoltre a Bologna negli anni ho legato rapporti con buoni amici con cui sono tuttora in contatto. Riguardo alla tua esperienza bolognese credo sia legata al fatto che Blu ed Ericailcane hanno fatto scuola, nel senso che hanno educato i bolognesi alla street art ed è grazie a loro in primis e anche a molti altri poi, che se ne parla. Quando dico molti altri non mi riferisco solo ad altri artisti ma anche a chi ha saputo difendere e continua a parlare di street art in termini di arte pubblica e di cultura contemporanea. Nonostante questo credo che la strada da fare sia ancora lunghissima e siamo solo a metà del primo gradino. Per quanto riguarda la piccola comunità di artisti a Bologna, molti sono amici il rapporto è disteso e leale e si parla di tutto meno che di arte. A volte sono dei buoni alleati per realizzare progetti utopici.

 

Wall painting with Ericailcane, Sahara, Marocco

 

Cosa mi dici del tuo rapporto con l’attualità? Perché a uno sguardo piuttosto superficiale mi pare che le cose che ti stanno davvero a cuore non stiano proprio al primo posto dell’agenda politica.

 

Una decina di anni fa ho spento la televisione. Lo squallore della politica elettorale italiana è deprimente. Per questo cerco di occuparmi di macro concetti come l’ambiente che è sempre nella sfera della politica globale e locale ma nel senso più dignitoso del termine. Raramente faccio lavori espliciti, mi sembrano scontati. Le influenze che portano a realizzare dei lavori sono molteplici ma non sono leggibili a prima vista o riconducibili ad un determinato evento di attualità.

 

Dettaglio wallpainting per “Draw the line” Campobasso

 

Ultima cosa: a casa ho un tuo poster preso dalla Poster Edition di ziguline e ne vado molto orgoglioso.

 

Grazie.

Andreco | sito VimeoFlickr -. Twitter

Stefano Pontecorvi

scritto da

Questo è il suo articolo n°64

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