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Antonio Rezza al Teatro Vascello

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foto di Claudietto | http://www.flickr.com/people/99955158@N00/

In cosa consisterà questo nuovo spettacolo di Antonio Rezza sviluppato a quattro mani con la sua partner ventennale Flavia Mastrella dal titolo “7 – 14 -21 – 28 ” ?? Bene quello che segue è la presentazione che gli autori hanno redatto per noi della stampa:

“Civiltà numeriche a confronto. La sconfitta definitiva del significato. Malesseri in doppia cifra che si moltiplicano fino a trasalire: siamo a pochi salti di distanza dalla sottrazione che ci fa sparire. Improvvisamente cessa il legame con il passato: corde, reti e lacci tengono in piedi la situazione. Si gioca alla vita in un ideogramma. Il tratto, tradotto in tre dimensioni, sviluppa volumi triangolari diretti verso l’alto che coesistono con linee orizzontali: ma in verticale si muove solo l’uomo. Qui non si racconta la storiella della buona notte, qui si porge l’altro fianco. Che non è la guancia di chi ha la faccia come il culo sotto. Il fianco non significa se non è trafitto. Con la gola secca e il corpo in avaria si emette un altro suono. Fine delle parole. Inizio della danza macabra.”

E questo è un estratto dell’articolo scritto da Osvaldo Guerrieri per  La Stampa:

In 7-14-21-28 Rezza non ci dà una comicità pitagorica. Quella numerazione non esprime un ordine razionale, ma rinvia alla stilizzazione di un disordine che è nelle cose: l’ideogramma dell’inferno. Ed ecco il padre che, ai giardinetti, spinge il figlio sull’altalena con forza crescente e gli raccomanda: «attento appapà, tieniti stretto appapà» e conclude sadico: «te l’avevo detto appapà». Ecco l’operaio precario che lavora in un rumore infernale e, tornato a casa, continua ad essere assordato dagli strepiti della moglie e dal figlio che si spolmona reclamando la cioccolata.

Ed ecco, ancora, il principe zoppo che, con tutta la famiglia zoppa, insegue un capriolo e ne viene a sua volta inseguito. Sono sketch divertenti e terribili. Rezza li interpreta col piglio dell’anarchico surreale, deformando la faccia più di quanto farebbe Marty Feldman e usando la parola come un prolungamento del gesto. Fa il guitto. Fa il terribile. Fa il poetico stralunato. Ma la risata che suscita è gonfia di malessere. Vorresti piangere.

Immagino che nè l’uno nè l’altra recensione sia sufficiente a farvi un quadro chiarificatore sull’ultimo lavoro di questo personaggio che a mio modesto parere và visto e vissuto con i propri occhi ed orecchie.

Il gran capo

scritto da

Questo è il suo articolo n°3459

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