Antropologia dello squillo
Molto probabilmente il 35% di quelli che entreranno in questa pagina per leggere questo articolo avranno letto frettolosamente il titolo e avranno pensato a qualche elucubrazione in stile pasoliniano sulle “professioniste del sesso”.
Lungi da me avvicinarmi a colui il quale a mio parere é riuscito a descrivere nel migliore dei modi la societá italiana del secondo dopoguerra, il mio articolo si concentrerá su una piccola riflessione sulle connotazioni socio-antropologiche dello “squillo” (adesso non saprei elencare le varianti dialettali del termine); ossia quello che potrebbe essere definito il “coitus interruptus” di una delle forme piú comuni di comunicazione della societá moderna, la telefonata.
Quando parlo di squillo e di telefonata mi riferisco chiaramente a due flussi comunicativi referentisi al mondo della telefonia mobile, ossia all’uso dei cellulari.
Credo sia lapalissiano che lo “squillo” sia un invenzione dell’“era-postmoderna” (forse per certi aspetti nei tempi passati si potrebbe paragonare al sassolino tirato alla finestra, peró non ne sono certo…).
Forse é solo un mio trip mentale, peró credo fermamente nell’importanza dello squillo nella quotidianitá di ognuno di noi, dall’efficacia talvolta sorprendente.
Meno dispendioso a livello di tempo e sicuramente a livello economico del messaggio e sicuramente di una semplice chiamata, lo squillo é forse uno dei simboli del livello di schizofrenia al quale sia arrivato il flusso delle informazioni ai nostri tempi.
Né chiamata, né messaggio, lo squillo si situa nel limbo del processo di comunicazione, e ci apre un mondo inesplorato sulle possibili interpretazioni del suo significato.
Ci arriva uno squillo, in una frazione di secondo analizziamo il contesto sociale, lo status economico, culturale, il possibile stato emotivo di colei o colui che ci ha inviato questa spruzzatina di comunicazione.
Ma non solo, lo squillo coinvolge il grado di intensitá della rete sociale che lega me con chi mi ha “squillato”.
L’importanza dello squillo nella quotidianitá raggiunge livelli di ottimizzazione a livello socio /economico sbalorditivi.
Pensate alla funzione dello squillo quando non avete voglia di accompagnare fino a casa un amico o chicchessia, peró ci preoccupiamo della propria incolumitá nel suo cammino di ritorno a casa. “Ricordati di farmi uno squillo quando sei arrivata! Cosí sto tranquillo”. Taaac, ricevi lo squillo e hai la coscienza a posto.
Mi ricordo qualche anno fa (adesso io ho perso questa abitudine peró sinceramente non so se sia una cosa che esista ancora), io facevo squilli per “salutare”.
Soddisfando il mio grado di interesse verso una tale persona o amico, lo squillo era il compendio migliore per soddisfare la mia volontá di far saper all’Altro che lo stavo pensando peró non fino al punto di spendere dei soldi per chiamarlo.
Questi sono solo degli esempi, questo articolo non vuole e non puó essere esaustivo, lo squillo é un panta rei, un flusso comunicativo in continuo movimento, si addatta ai tempi che corrono; azzarderei quasi impossibile definire la essenza di “squillitá” o “squillitudine”come dir si voglia.
Per concludere, personalmente parlando, in questi tempi di crisi, il mio squillo viene interpretato nello stesso modo da tutto il mio contesto di relazioni sociali : “ Non ha una lira (o con il cambio attuale un euro…) povero, lo richiamo”.
Senza vergogna e con orgoglio rivendico il mio diritto allo squillo e all’essere richiamato.
Testi di Salvatore Cattogno.