ARTISSIMA, quel treno da Napoli a Torino
È stata la mia prima volta ad una fiera internazionale di arte contemporanea. È stata la mia prima volta a Torino. Se c’è una cosa che ho imparato in soli cinque giorni di permanenza in questa città è questa: se vuoi vivere l’autunno devi sicuramente essere qui a Novembre. Forse anche ad Ottobre e Dicembre, non lo so bene. Torino l’ho percepita come un altalena di sfumature sulla quale rosso, giallo e marrone si alternano con eleganza. Ormai avevo rimosso cosa fosse davvero questa stagione e avevo solo ricordi vaghi di lavoretti all’asilo con le foglie e i pezzetti di legno. Foglie ovunque, anche all’interno della fiera, nella sezione di una galleria.
Artissima si è tenuta dal 6 all’8 presso l’Oval, una struttura spettacolare in vetro, nel complesso della zona industriale Lingotto. Non è difficile arrivare al padiglione, basta seguire il rosa che è praticamente ovunque. Sono diventata rosa anch’io! Fondata nel 1994, la fiera si divide in varie sezioni: Present Future è dedicata ai talenti emergenti; Back to the Future appartiene a mostre di grandi pionieri dell’arte contemporanea; Per4m è l’area dedicata alle performance.
All’interno della fiera è presente anche la zona In Mostra, progetto espositivo speciale e Opium Den che rappresenta uno spazio di vip lounge. Anche non essendo vip, l’ho potuto visitare ma non è che poi mi sono sentita tanto vip. Non so perché ma c’era un tizio con un mantello però non era superman né un artista, credo. Amo l’arte contemporanea e quindi, in due giorni, sono riuscita a muovermi bene tra le infinite gallerie provenienti da tutto il mondo. Talvolta però mi sono servita di un servizio di guide che hanno approfondito alcuni argomenti. E’ un posto dove ti perdi, davvero.
Sicuramente ciò che m’ha colpito di più è stato Chu Enoki, uno degli artisti di maggior rilievo in Giappone, a partire dagli anni ’60, anche se sulla scena del panorama internazionale è poco conosciuto. Le sue foto mi rapiscono e sono state presentate dalla Galleria londinese White Rainbow. L’arte per lui rappresentava un modo per esprimere la crisi del tempo che poi si trasforma anche in crisi dell’identità e dell’insicurezza dell’essere umano. Nel 1977, durante una visita ad un amico in Ungheria, pensò ad un intervento fisico giocoso che vediamo nel dittico Going to Hungary with HANGARI.
Questo è un gioco di parole in quanto Hangari in giapponese significa ‘mezza rasata’ e in effetti l’artista rasa la parte destra dei suoi capelli, baffi, barba, sopracciglia. Con questo gesto alla Marcel Duchamp, egli vuole rappresentare la libertà di espressione artistica e di linguaggio e viaggia per l’Europa in questo stato. Per il suo aspetto alquanto strano viene fermato più volte dalle forze dell’ordine.
Io e Marco, perfetto accompagnatore alla fiera, restiamo affascinati da questa figura e dal senso del doppio. Chu Enoki è sia padre di famiglia che artista d’avanguardia e ci riesce grazie alla sua determinazione che spesso manca ai più, schiacciati dalla nostra società. Lui stesso afferma, in un intervista, che l’arte è stata la sua arma nella vita e questa carica emotiva si avverte. L’artista effettua un vero e proprio gioco di genere e il suo alter ego è Rose Chu: si presenta baffuto ma vestito da donna. Rose è l’host di un bar al quale tutti sono accettati. Un posto in cui ognuno può essere ciò che vuole. Siamo ciò che vogliamo? Non lo so, forse non sempre.
Ad Artissima mi sono sentita di essere ciò che sono. Forse sembra un po’ complicato ma è così. Cosa mi è piaciuto di più? Tornare a casa con cataloghi, magazine, giornali, fogli, fogliettini e bere caffè gratis.