Attenti all’hipster!
Cari zigulini, vi ricordate l’attacco premeditato ad una caffetteria specializzata in vendita di cereali (Cereal Killer) a Londra da parte di un collettivo “anti-gentrificazione” nell’ambito di una manifestazione chiamata Fuck Parade? Era settembre 2015 ed aveva fatto tanto scalpore da essere stato anche riportato da importanti mezzi di stampa italiani.
Il bar era stato preso di mira per essere considerato una delle tante attività commerciali colpevoli di incentivare la gentrificazione del quartiere Brick Lane di Londra (situato nella zona orientale della City). Anche se poi, in seguito ad ulteriori approfondimenti, si era visto che i due proprietari non erano dei veri e propri figli di papà e che il loro negozio per le sue dimensioni e numeri non poteva essere considerato così preponderantemente importante ai fini della gentrificazione del quartiere. Se però era stato preso di mira ci doveva pur essere un motivo: la particolarità del prodotto venduto (nel locale infatti si possono trovare tutte le varietà possibili e immaginabili di scatole di cereali, e a prezzi non proprio modici…), il look dei proprietari e delle persone che lo frequentano sono emblematicamente rappresentativi dell’estetica hipster. Ossia, c’erano tutti gli elementi per segnalare questo locale come un vero e proprio ritrovo di hipster.
E qui arriviamo al nocciolo della questione: questa sicuramente curiosa e apparentemente innocua “comunità indigena urbana” è spesso accusata di essere la principale causa della gentrificazione. Il caso di Londra non è isolato: non è stata la prima volta che ci si è scagliati contro questa variopinta e folcloristica subcultura urbana. Dove si sente un certo astio anti-hipster è anche a Berlino, senza ombra di dubbio una delle “capitali europee della gentrificazione”. Insomma, che c’è di veritiero in tutto ciò? Sebbene la gentrificazione sia un fenomeno complesso dalle svariate variabili scatenanti, possiamo sempre incontrare delle matrici comuni negli svariati e differenti esempi nel mondo (stato di abbandono del quartiere-criminalizzazione-riqualificazione urbana-cacciata degli antichi abitanti sostituiti da nuovi con un più potente potere d’acquisto). Accusare gli hipster di essere i responsabili della gentrificazione di un quartiere è forse esagerato, al contrario non ci pare esagerato affermare che: un hipster trova il suo habitat naturale in un quartiere gentrificato! Potremmo anche azzardarci a dire che un quartiere gentrificato sembra fatto su misura per questa istrionica subcultura urbana. La ricerca e la scoperta di un’«autenticità fittizia», quella che molti quartieri hanno, o per meglio dire gli hanno ricamato addosso, quell’alone boemo che non guasta sono tra i motivi scatenanti per i quali questi bramosi cacciatori di cultura apparentemente fuori dai circuiti mainstream pascolano in determinati quartieri.
Lungi da poter analizzare esaustivamente l’antropologia hipster, qui ci limiteremo a considerarli sotto l’aspetto di consumatori di cultura, cacciatori “di autenticità fittizia” e perché no, “cani da tartufo” di Boemia. Officine di biciclette usate o super pieghevoli, negozi di roba vintage, mercatini cool di seconda mano con food truck, negozi di vinili, gallerie d’arte, bar/caffetterie cool (per esempio in Spagna brulicano locali che fanno cupcake artigianali, pure in Italia?), barbieri specializzati nella gestione di folte barbe, negozi di prodotti ecologici o ristoranti vegani, presenza massiccia di corsi di yoga: tutti sintomi di presenza hipsteriana.
Niente di male in tutto ciò per carità, niente di male fino a quando non ti giri dall’altra parte e non vedi il rovescio della medaglia: il conseguente rincaro generale della vita del quartiere, l’aumento del costo degli affitti, lo stravolgimento del tessuto sociale del vicinato e il probabile successivo trasferimento di persone in cerca di un posto dove vivere più accessibile economicamente. A volte ci si riferisce a questo tipo di fenomeni economici e culturali sotto il concetto di “hipsterizzazione dell’economia” o il cosiddetto “effetto hipster”. Non c’è niente di male ad essere hipster per carità, però achtung! è importante riflettere su che modello di città ne consegue. Il dibattito è aperto: c’è chi asserisce che son processi fisiologici inerenti allo sviluppo urbano di una città, che l’hipsterizzazione dell’economia e processi come la gentrificazione non sono poi così nefasti come spesso vengono descritti. Io non ci credo molto. Attenti all’hipster, quindi.