Call Me God al Romaeuropa
A noi di Ziguline piace il teatro, questo è sicuro. Ci piace sederci su quelle soffici poltroncine rosso ciliegia e guardare in alto, tra le gallerie per vedere le signore imbellettate con i capelli grigi che bene si abbinano agli stucchi celestiali del soffitto centenario. Proprio come quello del Teatro Argentina, uno dei migliori teatri della capitale, dove ancora la crisi culturale sembrano tenerla lontana a suon di spettacoli fantastici, proprio come Call me God che è andato in scena, ma che dico, in anteprima mondiale dal 4 al 6 novembre nell’ambito del RomaEuropa Festival in coproduzione con Residenztheater, Il Teatro di Roma e il Festival “Quartieri dell’arte”.
Dunque gli ingredienti c’erano tutti, location, trama e attori per uno spettacolo che ha lasciato il pubblico senza fiato, buttato giù tutto in un solo boccone. Due ore di pura adrenalina, ecco cos’è stato Call me God, lo spettacolo nato da una collaborazione tra drammaturghi di diversa nazionalità, Gian Maria Cervo (Italia) , Marius von Mayenburg (Germania), Albert Ostemaier (Germania) e Rafael (Argentina), i quali hanno voluto raccontare l’ambiguità del rapporto tra la sicurezza e la libertà degli esseri umani attraverso una storia di cronaca nera accaduta veramente nel 2002, quando tra Washington, Maryland e Virginia ci furono 10 vittime causate da un attacco di cecchini comunemente conosciuto come Beltway sniper attacks.
Completamente recitato in lingua tedesca con sopratitoli in italiano, Call me God ha portato sul palco del Teatro Argentina quattro attori del Residenztheater, i quali mettendo in moto una serie di dialoghi e narrazioni in stile tragicomico, hanno fatto rivivere al pubblico le storie delle vittime, o meglio, gli attimi prima di morire sotto il fuoco dei cecchini. Semplici cittadini, persino bambini, scelti a caso: dove finisce la sicurezza e dove inizia la libertà? Cosa vuol dire essere libero in un mondo fatto di sistemi di sicurezza e storie di cronaca nera che poi finiscono nei libri sugli scaffali delle librerie?
Tra scene esilaranti e verità struggenti lo spettacolo si pone come una lente di un grande microscopio che guarda la società moderna adagiarsi su ideali di libertà insipidi e insani, creati da quella cultura occidentale che sa sapientemente come mischiare crisi economica e controllo del pensiero delle masse. Non un semplice spettacolo ma una vera lezione di comunicazione.
Chissà cosa aggiungerebbe Chomsky!?