C’era una volta Lucio Amelio, quando Napoli inseguiva New York
Non so se a voi capita la stessa cosa, ma a me succede spesso di dover leggere e ascoltare, per poi rilegge e riascoltare più e più volte le parole di personaggi che hanno avuto un ruolo chiave nella storia della nostra società. E’ un modo per ritrovare nuove energie e nuova linfa per sviluppare ed affrontare progetti futuri, ma anche semplicemente per trovare un confronto ed allo stesso tempo un conforto autorevole alle mie idee e convinzioni. Funziona un po’ come i vecchi film di Totò, ogni volta che ci si vuole distrarre e ritrovare il buon umore ne guardi qualche scena scoppiando a ridere come se fosse la prima volta.
In questo periodo il mio mentore si chiama Lucio Amelio, storico gallerista napoletano degli anni settanta, prematuramente scomparso nei primi anni novanta, è stato colui che ha riportato Napoli al centro dell’attenzione internazionale nel mondo dell’arte e della cultura. Con la sua visionaria e fervida attività di cacciatore d’arte è riuscito a conquistare l’ammirazione ed il consenso di artisti come Warhol, Rauschemberg, Kounellis, Paolini, Buren, Gilbert&Gorge etc. Grazie alle segnalazioni dell’amico Iabo e di Augusto De Luca, ho scoperto alcuni video d’epoca che lo vedono protagonista e che testimoniano cosa stava accadendo a Napoli e cosa secondo me sarebbe potuto accadere a questa città grazie a questo personaggio. Ho voluto trascrivere l’intervista che il giornalista Dino Luglio fece a Lucio Amelio nel lontano ’85, perché credo che le parole di Lucio Amelio siano ancora oggi di un’attualità disarmante, valide come vent’anni fa, un’ulteriore prova del fatto che una città come Napoli sia restia ai grandi cambiamenti e che solo pochi personaggi come Lucio Amelio siano riusci ad imprimere delle spinte rivoluzionarie, che sebbene limitate nel tempo, hanno saputo tirare fuori il meglio di questa città.
Dino Luglio: Venti anni di nuova arte, venti anni di nuova Napoli, venti anni di che?
Lucio Amelio: Di passione, di dolore, di gioie, di sofferenze, di tutto.
Come nacque la nuova Napoli, se è nata mai?
Ma Napoli non è che è nata, Napoli è sempre stata, Napoli è come una cosa…, non è che nasce, è là da sempre, Napoli ha tremila anni di energie, di culture. Non è che l’abbiamo fatta nascere, noi abbiamo semplicemente sviluppato un progetto per inserire Napoli all’interno di un circuito internazionale di cultura. Eco questo è stato il lavoro che abbiamo fatto in venti anni, io e tutti coloro che hanno contribuito a questo progetto, soprattutto gli artisti, le centinaia di artisti che si sono succeduti in queste sale.
Ci fai il nome di napoletani “nuovi”?
Beh il più giovane ed il più esplosivo di tutti gli artisti che io porto avanti da molti anni è Nino Longobardi, [ Ernesto Tatafiore ha già esposto da me nel 1969], parlavo di Nino perché è il caso più clamoroso, anche il caso più attaccato, più invidiato di successo internazionale.
Com’è nato il movimento della “nuova Napoli”? che all’esterno è più noto per la musica che non per l’arte..
Ma ripeto, Napoli non nacque in un certo momento, Napoli è sempre stata. C”è stata un energia che c’era nell’aria da sempre. Il problema non è di far nascere qualcosa, ma di organizzare questa energia, come il teatro, il cinema, lo spettacolo, la musica, le canzoni, l’ arte. Ma Napoli è sempre stata la capitale, come diceva Stendhal “…Napoli è la città più bella dell’universo…”. Oggi c’è una sola capitale, che è Napoli, perché Parigi è diventata provincia.
Vedi Napoli e puoi muori l’ha detto Stendhal o l’ha detto qualcun altro?
Non so chi l’abbia detto, ma forse intendeva dire “morire” dalla gioia, dalla bellezza, dalla incredibile intensità energetica di questa città. Guarda, io Napoli la rappresento in questo oggetto di Beuys, vedi, un limone di Capri attaccato ad un apparecchio per l’illuminazione. L’energia di questo limone, che potrebbe essere anche l’energia di questa città, potenzialmente un giorno, forse potrà far illuminare questa lampadina. Questo è il risultato del lavoro di vent’anni. Io con la mia galleria e da tre anni con la fondazione sto cercando di riorganizzare questa energia, perché non c’è nulla da far rinascere, è tutto lì da sempre.
Forse bisogna organizzare tutto meglio, bisogna dare un’immagine migliore, internazionale, alla città?
Certo, l’organizzazione è necessaria, poiché manca l’organizzazione dello Stato e le istituzioni private devono far fronte a questa carenza e quindi devono organizzarsi. Io in questo senso mi sono organizzato, la mostra che vedi qui al muro è il frutto di venti anni di lavoro. E’ la selezione di seicento mostre organizzate a Napoli, questo significa organizzarsi.
Qual’è l’immagine di Napoli all’estero, a parte i meriti artistici tuoi, a tuo giudizio, visto che sei una persona che viaggia molto e che ha rapporto con gli altri, emerge questo carattere nuovo?
Certo che emerge. Oggi paradossalmente possiamo dire che Napoli è capitale e Parigi non lo è più, mentre lo è ancora New York. Io tre anni fa ho organizzato una mostra che si chiamava “Latitudine Napoli New York”, cercando di creare un’analogia tra le due città che tra l’altro si trovano sulla stessa latitudine, e ho usato questo espediente geografico per accentuare questa similitudine incredibile tra queste due città, queste due grandi caldaie, questi due ribollitoi di energia che sono Napoli e New York.
[Napoli come New York, Wharol e Beuys a Napoli, ospiti di Lucio Amelio]
[youtube width=”575″ height=”450″]http://www.youtube.com/watch?v=tWyrYQhoMvo[/youtube]
Perché Parigi la trovi morta a tuo giudizio?
Ma perché Parigi è morta, o meglio è decaduta. Parigi resta sempre una grande e bella città, però purtroppo per motivi storici, per motivi economici, il centro si è spostato a New York, perché è lì che si decidono le sorti del mondo. Anche dal punto di vista economico è lì che si è spostato il centro artistico. Noi, e non dico solo noi delle arti figurative, ma anche il mondo del teatro e dello spettacolo, ma anche voi che create questi centri di intrattenimento e di incontro, stiamo cercando in maniera impari, quasi assurda, di pareggiare Napoli a New York, perché no?.
Purtroppo questo è un discorso che spesso non ha unitarietà?
Bah unitarietà, non siamo mica dei ragionieri. Perché unitarietà? Meglio frammentarietà, meglio il terremoto, meglio la catastrofe, meglio il racket, la camorra, che certa mentalità computerizzata che esiste a Milano dove però la creatività è finita. Ma si, malgrado tutto, è meglio il ragazzo che ti porta il caffè a casa qui da noi che il dirigente milanese, diciamocelo francamente.