C’era una volta una Fabbrica a Torino
C’era una volta una Fabbrica abbandonata proprio nel centro di Torino. Uno di quei posti semi sconosciuti incastrati tra un condominio e un ufficio, nascosto zitto zitto nel cuore di una città che si disinteressa a lui.
C’era una volta il progetto Urbe-Rigenerazione Urbana, che un giorno capitò di fronte al cancello della fabbrica e la immaginò prendere vita e trasformarsi in un luogo di aggregazione e cultura, di street art e musica.
Se passavi per Torino, nel luglio del 2011, avresti sentito sulla bocca di quasi tutti la frase: “Devi assolutamente andare alla fabbrica in Via Foggia prima che sia troppo tardi”.
Infatti Raw Tella e tutti quelli di Urbe sapevano che la storia d’amore tra le mura e l’arte sarebbe destinata a durare poco, come tutte le passioni più intense che si vivono, si consuma in fretta e furia per poi essere demolita. Anche tutti gli artisti che hanno lasciato lì il loro segno lo sapevano, ma non importava. Il fermento, il fomento, la voglia di creare qualcosa di davvero bello (e prendete questo termine con tutta la purezza che emana) andava oltre il comune, oltre i freni, le licenze, oltre le date di scadenza.
Opiemme, Pixel Pancho, Truly Design, Halo Halo, 999, Ak Dwg, BR1, Contra, Corn79, Davem, Fabrizio Visone, Galo, Gec, Idipsy Diverz, Jins, KNZ, Marco Memeo, Max Perone, Mr. Fijodor, NOx, Reser, Mattia Lullini, Riccardo Nervo, Skesis, SR, Sviz, Xel, Zorkmade.
Quando si paventò il rinvio dell’imminente chiusura e abbattimento dell’edificio in tanti si mossero per tutelare quella parte di città che viveva in un mondo parallelo. Si sarebbe potuto creare un locale, qualcosa di permanente, anche se tutti dentro di noi eravamo consapevoli che così avrebbe perso gran parte del suo fascino.
Poi è successo. Semplicemente, tutto ha chiuso e la Fabbrica apparentemente è caduta nel dimenticatoio. Ci sono state altri momenti, altre date di scadenza. C’è stato un cantiere, c’è stato il vecchio zoo trasformato in SAM. Oggi se passate di là vedrete una orribile mostra sui dinosauri (e io amo i dinosauri) che ha devastato un altro anamorfismo dei ragazzi, e tante altre opere. È la dura legge della società, che incassa più per 4 pupazzi che ruggiscono che per l’arte. Che in ogni caso non ha raggiunto il livello di Via Foggia, la nostra piccola torre 13 parigina, il nostro microcosmo privato.
Ma, come ogni passione, le ferite che ha lasciato non si sono rimarginate e quando oggi, 29 aprile 2014, i Truly Design hanno annunciato l’abbattimento della Medusa e vedo quel volto d’altri tempi crollato, mi si è stretto il cuore. Sono passati 3 anni. Tre anni da quanto Torino pareva dover diventare la capitale della street art europea. Tre anni in cui la fabbrica è stata lasciata nuovamente in disparte, nel suo angolo di città poco lontano dal centro. Senza essere demolita.
Ho sempre pensato che la nuova forma d’arte contemporanea fosse la street art, ero quasi convinta che il percorso di notorietà cominciato da Banksy avesse fatto aprire gli occhi alle autorità per preservare quella che può essere a tutti gli effetti considerata arte. Se così fosse stato, oggi quell’anamorfismo sarebbe ancora lì, dove aveva diritto di restare. Magari chiuso dietro grandi sbarre scavalcate di tanto in tanto da qualcuno desideroso ancora di esplorare quel luogo decadente e romantico.
Ora ci sono nuovi progetti in gestazioni e nuovi luoghi come il Bunker, eredi e baluardi di quella forza, di quel fermento, di quella spinta culturale pura e genuina che ha lasciato un segno indelebile.
Di Via Foggia ci restano una manciata di fotografie, la nostalgia di un periodo in cui tutto sembrava possibile e il ricordo di aver visto con i nostri occhi e aver in qualche modo partecipato alla costruzione di qualcosa di così effimero e indimenticabile.
Ci resta la felicità di averlo fatto, di aver esclamato “che bello”. Come dicono i Truly Design:
“E se alla fine il cane te li mangiava (i disegni), o un bulldozzer te li demoliva, alla fine pensavi “chissenefrega”, è stato bello comunque”.