Children’s Book Fair: viaggiare senza muoversi
La Bologna Children’s Book Fair è the place to be per tutto il mondo dell’illustrazione, o meglio the”rights” place for Children’s content, come recita il sottotitolo, cioè il luogo per eccellenza per tutti gli editori internazionali desiderosi di vendere o acquistare i diritti dei libri illustrati. Di questo eccezionale assembramento ne approfittano chiaramente gli illustratori, che attendono l’evento preparando portfolio, storyboard, biglietti da visita, segnalibri e quant’altro per far breccia nel cuore dell’editore, cercando di accaparrarsi fin da due mesi prima – già a febbraio può essere troppo tardi – un appuntamento con gli editori dei sogni.
La grossa opportunità di visibilità per gli illustratori è essere selezionati nell’ambitissima “Mostra degli illustratori”, che quest’anno espone 75 autori, selezionati su circa 3.190 partecipanti che hanno inviato serie di immagini da ogni parte del mondo. Fanno impressione le fotografie dei tavoli lunghi decine di metri dove vengono impilate tutte le illustrazioni originali, attraverso le quali passano i giurati per selezionare i vincitori. Ci si chiede come possano essere immuni dalla sindrome di Stendhal o dal semplice stato confusionale a cui noi tutti siamo soggetti anche solo recandoci a fare shopping.
Tra questi fortunati ogni anno la Fundaciòn SM sceglie un under 35, a cui spettano 30.000 dollari e l’incarico di pubblicare un libro a cura del Gruppo SM. La vincitrice di quest’anno è l’inglese Maisie Shearring.
La mostra accoglie gli stili più disparati, è una vera camera delle meraviglie. La forza delle immagini restituisce di volta in volta una sensazione palpabile di tempo, di luogo, di emozione, stimolando le corde più profonde del nostro immaginario. Ognuno ha le sue, si sa, e la mia è il paesaggio simbolico, trasformato, espanso. Le immagini che restituiscono la sensazione concreta di un posto che non esiste, o che trovano nuovi livelli all’interno del paesaggio quotidiano.
Tra gli italiani Simone Rea, con le tavole tratte dal meraviglioso L’uomo dei palloncini (Topipittori, 2014), Mariachiara Di Giorgio, con una serie di animali-pupazzi che si sforzano buffamente di apparire disinvolti, e Valerio Vidali che, in coppia con la spagnola Violeta Lopiz, costruisce paesaggi tropicali in parte dipinti, in parte incisi e ritagliati, creando un percorso circolare tra uomo e natura dove la natura entra nell’uomo almeno quanto l’uomo entra nella natura.
La frase di Milton Glaser, raccolta per l’Illustrator Annual 2015, edito da Corraini, svetta su un pannello di fronte all’esposizione: “La difficoltà maggiore che deve affrontare chi vuole raccontare una storia attraverso le immagini è organizzare le immagini in un flusso narrativo capace di far scorrere il racconto senza confondere il lettore. Questo si chiama “livello minimo di professionalità” e non è necessariamente una meta che, personalmente, mi prefiggo. L’altro aspetto della sfida consiste nel produrre qualcosa il cui contenuto poetico amplifichi o estenda il racconto stesso in un’esperienza simbolica che stimoli la mente.”
E questo riassume perfettamente la ricetta del successo di un’opera illustrata.
In un incontro al Caffè degli autori è stato citato il libro La grande question (La grande domanda) di Wolf Erlbruch (Thierry Magnier, 2012) dove, senza mai pronunciare la grande domanda, vengono riportate le risposte delle persone. Il panettiere dice: “Per fare il pane”; la mamma dice: “Per volersi bene”, e nell’ultima pagina c’è una vignetta bianca affinché il lettore possa scrivere la sua risposta. Una delle relatrici raccontava che aveva regalato il libro a una bambina di 6 anni, figlia di una famiglia completamente laica. Nell’ultima pagina lei aveva scritto “Perché qualcuno ci ha creato.” Confidando nella levatura filosofica della bambina, le chiese “Ma perché ci ha creato?” e lei ha risposto “Questa è la grande domanda…”.
Il libro illustrato è un ingrediente necessario alla crescita dell’immaginario infantile attraverso il racconto del impossibile e del quotidiano, che rende fluido il confine fra il reale e il simbolico, grazie alla poesia che caratterizza ogni forma d’arte, e all’assenza di schemi e di tabù dei piccoli lettori. Due caratteristiche che, se mantenute anche da grandi, ci rendono in grado di apprezzare questa forma d’arte.
Testi di Paola Micalizzi.