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Come ho conosciuto Luca Gabino

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Qualche tempo fa un mio caro amico, presidente di un’associazione di fotoamatori, mi telefona dicendomi di aver conosciuto ad una premiazione un giovane fotografo molto bravo di cui avrei dovuto assolutamente parlare su ziguline, si trattava di un certo Luca Gabino. Prima di allora non ne avevo mai sentito parlare, tempo qualche giorno ed ero a spluciare tra le pagine del suo sito. C’è voluto davvero poco per capire che si trattava di un vero fuoriclasse, dovevo fare assolutamente due chiacchiere con lui. Lo becco via email il giorno prima della sua partenza per Tokio, lui mi conferma la disponibilità per un’intervista ma mi mette in guardia sul suo imminente trasferimento e non garantiva per una pronta risposta visto che avrebbe avuto un bel da fare una volta arrivato nella sua nuova città. La verità è che la risposta non è tardata ad arrivare. Questo è il testo della nostra conversazione epistolare.

courtesy Luca Gabino | lucagabino.com

Ciao Luca, so che ti sei da poco trasferito in Giappone. Com’è stato l’approdo in queste prime settimane lì a Tokio? Trovata una sistemazione?

L’arrivo e l’accoglienza a parte dei miei amici giapponesi è stato come al solito fantastico e al di sopra delle aspettative, io e Caroline, la mia ragazza, abbiamo anche trovato una casa in affitto nella zona di Harajuku, ad una fermata di metro da Shibuya e nel centro della Tokyo più sfrenata, Harajuku per intenderci è uno dei fulcri principali dove nascono le nuove tendenze giapponesi.

Ti va di raccontaci un po’ il motivo di questo tuo trasferimento?

Sono stato a Tokyo per la prima volta nel 2001 e me ne sono subito innamorato, vi sono poi tornato nel 2003 per 5 mesi, quando ho realizzato gran parte delle foto di Tokyo che puoi vedere sul mio sito.
Da allora vi sono stato un totale di 8 volte ed ogni volta tornare a Milano era sempre più difficile. I motivi del mio trasferimento sono di varia natura, sono nato e cresciuto a Milano ma mi è sempre stata un po’ stretta come città, ho sempre viaggiato molto e quando torni da posti come Tokyo, New York, Hong Kong etc. ti rendi conto di quanto, in fin dei conti Milano, sia una piccola città e di quanto, purtroppo, la gente abbia una visione molto provinciale della vita. Si bada molto di più all’apparenza che alla sostanza, al milanese piace pensare di essere il più figo del mondo, quando non si rende conto che si chiude nelle sue piccole certezze e gesti giornalieri che finiscono per essere delle barriere da cui non far più entrare niente di nuovo o sconosciuto. Poi ovviamente c’è il lavoro, l’Italia dagli anni ’80, quando era veramente all’avanguardia ed aveva un’economia forte, ad oggi, è in una costante discesa di cui non si riesce a vedere la fine. Il mercato della fotografia, come molti altri, è stagnante, in mano a poche persone che ne decidono le sorti da decenni. Aprirsi verso nuove prospettive, nel mio caso è Tokyo, ma potrebbe essere Berlino, Londra etc., che sono comunque più ricettive verso i giovani è ciò non può che fare bene.

Guardando il tuo sito web non ho potuto fare a meno di leggere il tuo cv e devo dire che non è niente male per un giovane fotografo come te. In meno di dieci anni di attività già vanti numerose esposizioni in Italia e all’estero, numerose pubblicazioni su importanti magazine e riviste di moda e non solo, per due volte candidato per il Joop Master Class, un pacchetto clienti che contempla nomi importanti come Pirelli, Retequattro (oddio Retequattro forse no ; )), Bastard etc.. etc. Insomma ne hai fatte di cose. Secondo te, cos’è che più piace del tuo modo di fotografare e cosa ti ha aiutato ad emergere ottenendo un tale apprezzamento?

Uhm….premetto che, pur essendo relativamente giovane ed avendo lavorato abbastanza non mi ritengo per niente arrivato. Penso che una delle cose fondamentali per ottenere una propria piccola nicchia,un piccolo spazio nel caotico ed iper competitivo mondo della fotografia sia quello di fare delle cose che senti veramente e di metterci tutto te stesso. La fotografia deve essere la tua passione, il tuo lavoro e pure la tua ragazza. Allo stesso tempo bisogna essere delle spugne verso il mondo esterno, sentirne i cambiamenti ed esserne recettivi, penso che uno dei requisiti principali di un fotografo sia il fatto di essere curioso. Un altro punto fondamentale è quello di essere riconoscibile rispetto alla marea di fotografi che ci sono nel mondo. Io per esempio lavoro ancora in analogico, con una grossa macchina medio formato che, anche non volendo, ha definito molto il mio modo di fotografare, e seppur oggi possa sembrare un limite non lavorare in digitale (ho dovuto rinunciare a molti lavori per questo) ho sempre cercato di trasformarlo in un vantaggio.

courtesy Luca Gabino | lucagabino.com

Sempre leggendo il tuo cv ho appreso che hai frequentato lo IED di Milano l’indirizzo di comunicazione visiva e fotografia. Dalla tua personale esperienza cosa ne pensi di questi istituti di formazione per futuri creativi e cosa ne pensi del loro continuo proliferare rispetto invece ad un mercato del lavoro sempre più risicato?

Sei venuto ad un punto che ultimamente mi sta dando sempre più da pensare e leggendo la tua domanda capisco almeno di non essere l’unico. Trovo semplicemente assurdo che una scuola come lo IED possa sfornare ogni anno, (quando l’ho finito io nel 2001 eravamo due classi da 35 quindi, 70 fotografi) oggi ho saputo che le classi sono diventate 4, per cui 140 fotografi! Senza contare tutti gli altri istituti sparsi per il paese di cui non conosco i numeri. Alla fine quelli che ce la fanno sono si e no il 10 %, questo te lo posso dire per esperienza personale, delle persone che ho conosciuto ed hanno fatto la scuola con me.
Allora perché non selezionarli prima, in questo modo si riuscirebbe anche a selezionare meglio ed avere delle persone che fanno la scuola di fotografia perché realmente motivate. Un buon esempio secondo me è una scuola di moda che ho fotografato recentemente ad Anversa, in Belgio, il Fashion department della Royal Accademy of Fine Arts.
Entrano più o meno 150 nuovi studenti ogni anno e se ne laureano, nel corso di 4 anni solamente 20. Questi venti però vengono subito presi dalle più importanti case di moda del mondo a lavorare perché sanno di avere davanti il meglio del meglio, in più, tra gli studenti si instaura una sana competizione, che comunque poi c’è nel mercato esterno.

courtesy Luca Gabino | lucagabino.com

Permettimi di esprimere un personale giudizio. Trovo le tue foto dei paesaggi urbani e soprattutto quelli notturni eccezionali. In questo particolare ambito hai saputo sviluppare uno stile molto originale con cui le città appaiono come agglomerati urbani quasi fantascientifici. Da dove nasce questo particolare feeling con strade, grattacieli, luci e palazzine?

Viene dal semplice stupore e curiosità che mi ha suscitato Tokyo nel mio primo viaggio, nel 2001. Quando sono tornato a Tokyo nel 2003 avevo in mente con precisione il lavoro che volevo fare, penso che sia interessante e spaventoso allo stesso tempo vedere di cosa è capace l’uomo, seppur in queste specifiche fotografie l’uomo è volutamente fatto scomparire è pur sempre estremamente presente grazie ( o a discapito) delle sue creazioni.

Mi piacerebbe sapere come nasce uno tuo scatto tipo, come quando ritrai dei paesaggi urbani in notturna. Che dici ti va di raccontarlo?

Il processo è abbastanza lungo, solitamente cammino molto durante il giorno, senza macchina fotografica, alla ricerca, spesso casuale, di posti da tornare a fotografare di notte. Ho sempre un taccuino con me e/o una piccola macchina fotografica digitale (l’unica macchina digitale che possiedo fino ad ora) per prendere appunti sia scritti che visivi. La notte torno, con tutta l’attrezzatura, uso una Mamiya RZ67 con tre lenti, un 50mm, un 110 ed un 75mm decentrabile, più cavalletto, ad una determinata ora, che può essere più o meno tardi nella notte, mi apposto e scatto. I tempi di scatto sono sempre piuttosto lunghi, da un minimo di 40 minuti ad un massimo di 2 ore. Questo mi dà la possibilità di poter fare un solo scatto per notte, massimo due, quindi non c’è margine di errore e questo mi piace molto.

courtesy Luca Gabino | lucagabino.com

La cosa bella che nessuno vede tranne me è tutto quello che mi succede o succede attorno a me. Nelle varie città che ho fotografato ne ho viste di tutti i colori, e spesso sono stato cacciato dalla polizia. Questo perché cerco sempre dei punti il più alti possibili da cui fotografare che coincidono quasi sempre con i tetti dei palazzi e varie volte mi è capitato che mi scambiassero per un ladro. Mi piace dover sgattaiolare dalle scale antincendio il più in silenzio possibile per “rubare” la mia fotografia, mi sembra molto romantico e poi nel tempo in cui aspetto di dover chiudere l’otturare ho tempo di vivere e respirare la città.

Mi sembra di capire che i talenti nel campo della fotografia o dell’arte e della creatività in generale siano tutti destinati a trovare fortuna lontano dall’Italia. Sono così scarse le opportunità offerte dal nostro paese a chi opera in questo settore o è una strategia obbligata che permette di vedere riconosciuto il proprio talento nel proprio paese?

Penso sia un connubio del fatto che l’Italia in generale non offra grandi opportunità e del fatto che il creativo o artista che sia, è solitamente portato a sperimentare e quindi a mettersi in gioco e provare esperienze nuove all’estero.

Quando lavori all’estero qual’è la differenza che noti rispetto al modo di lavorare in Italia?

Per quanto riguarda le riviste, con cui io ahimè lavoro molto sono incasinate tanto quanto in Italia, sia per i tempi che sono sempre più stretti che per i soldi che ce ne sono sempre meno, “grazie” ad internet.
Umanamente invece sono molto più aperti a nuove idee, a lavorare con gente giovane, la cosa che più mi colpisce è che per esempio qui a Tokyo la gente che fa le riviste è tutta giovanissima, le redazioni sono composte da ragazzi che vanno dai 20 ai 40 anni, e ci sono ventenni o trentenni in posizioni importanti, cosa che in Italia è praticamente impossibile.

courtesy Luca Gabino | lucagabino.com

Se Milano fosse come Tokio o New York avvertiresti comunque l’esigenza di spostarti altrove?

Sinceramente penso di sì, per i motivi che ti dicevo prima, magari sarei più attaccato alla mia città, perché comunque ci starei bene e potrei viverci bene, ma comunque viaggerei molto.

Immagino che avrai dei maestri di riferimento nel mondo della fotografia a quali rivolgi le tue preghiere prima di andare a dormire e che ti aiutano ad indirizzare lo sviluppo della tua carriera. Puoi farci qualche nome e dirci cosa trovi di eccezionale nel loro lavoro.

Ci sono alcuni fotografi che ho sempre ammirato e che probabilmente mi hanno anche in qualche modo ispirato e sono William Egglestone e Stephen Shore. Trovo anche eccezionale il lavoro che fece Avedon con i suoi ritratti di gente nel viaggio che fece nel Midwest U.S.A.. Poi invece ci sono delle persone molto importanti che mi hanno aiutato molto e creduto in me, una su tutte Giovanna Calvenzi, sicuramente la più stimata photoeditor d’Italia, nonché una delle migliori curatrici italiane, a lei devo molto.

Tra i tuoi colleghi italiani, magari della tua età, chi è secondo te un altro interessante “prodotto da esportazione” che ci suggeriresti?

Ti potrei segnalare una mia cara amica nonché fotografa che fa un lavoro completamente diverso dal mio, si chiama Camilla Candida Donzella. Già il nome è tutto un programma!

courtesy Luca Gabino | lucagabino.com

Dove possiamo venire a vedere i tuoi lavori prossimamente? Tieni presente che Tokio per noi è un po’ lontanuccia.

Il 28 Gennaio ha inaugurato una mostra alla Galleria Belvedere a Milano intitolata “I fotografi e Milano” dove c’è una mia foto, dovrebbe essere interessante con foto di Basilico, Berengo Gardin, Radino ecc….resta aperta fino al 28 Febbraio. Poi proprio in questi giorni sto lavorando ad una pubblicazione per Colors per il prossimo numero che sarà sul mare, ma non so ancora quando uscirà. A marzo uscirà un libro dal titolo “paesaggi notturni”, per la 22 publishing in cui ci saranno alcune mie foto di Tokyo di notte. Ed infine proprio oggi mi ha contattato una rivista Argentina di moda, si chiama Libertarian, per pubblicare delle mie foto di moda, un campo per cui non sono molto conosciuto ma che mi diverte.

Allora grazie e buona fortuna

Grazie a te e a quelli che leggeranno questa intervista.

Andate a vedere www.lucagabino.com

Dimitri Grassi

scritto da

Questo è il suo articolo n°319

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