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Cronache neomelò, viaggio nel cuore della canzone neomelodica

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Martin Errichiello è uno dei fondatori di Subbart, fanzine di culture underground napoletana di cui vi abbiamo già parlato qualche tempo fa. Subbart non esce più, come spesso capita a progetti editoriali autoprodotti, è facile che vengano a mancare le condizioni per continuare, noi speriamo che sia solo una pausa, nel frattempo però, per evitare che ci si dimentichi di lei, abbiamo cooptato il suo giovane padre fondatore convincendolo a scrivere di tanto in tanto qualcosa su ziguline. Martin è un bravo fotografo ed un attento osservatore delle realtà meno note della società contemporanea ed ha voluto regalarci questa interessante cronaca su uno dei fenomeni che meglio caratterizzano il panorama sub-culturale partenopeo rappresentato dall’universo neomelodico.

foto di Marti Errichiello

Ngopp o volt sant e gesù crist comm è bellill chiiill, marò comme se chiamm? – ” Marco Cammarata”- “Macco o Cammarat, agg capit…Mo ch vvag a cas lo aggiungo su facebook, ci’aggia ricer m’hann itt ca si bellill1” Annabella è una bambina in un corpo da diva, il suo gesticolare plateale mi ipnotizza, mi inchioda, proprio fuori l’ingresso del Teatro Bolivar, nel quartiere di Materdei di Napoli dove si è appena concluso il Neomelodic Music Award, serata-gala dei cantanti neomelodici più noti, non solo a Napoli, non solo in Italia, pare. Annabella è del quartire Sanità, però le piace Montesanto, “abbasc e Ventaglier, uaa e comme me piacess e sta lla 2”. Ci vivo io a Montesanto, sulla discesa di Tarsia, le gradelle del vecchio quartiere nobile del Limpiano, luogo di silenzio, di monasteri e conservatori, che dall’Infrascata, l’attuale Via Salvator Rosa, portano verso Piazza Dante, il centro storico. A separarmi da “abbasc e Ventaglieri” c’è il parco del DAMM (DiegnoArmandoMaradonaMontesanto), zona autogestita di sperimentazione culturale alternativa, che da 15 anni coinvolge il quartiere nelle numerose iniziative culturali, teatrali e musicali. Un immenso incavo nella parete di tufo realizzato nel 1981 a seguito dei progetti di ricostruzione post-sisma. Da qui e da migliaia di altri vicoli di Napoli, un innocente esercito di primedonne all’odore di vaniglia con i motorola rosa in vista hanno invaso allegramente i centottanta posti dello storico ex cinema recentemente riaperto, il Bolivar di Materdei, per assistere ad una delle rare esibizioni collettive degli artisti più noti della scena neomelodica napoletana: Marco Marfè, Rosario Miraggio and his band, Mena Steffen, Rosario Junior, Alessio, Raffaello, Antoine, Marsica (al suo nome su Wikipedia corrisponde però la Marsica Abruzzese), Fabio Cozzolino e lo storico Franco Ricciardi. Strana l’assenza di Natale Galletta. Arrivo in loco con un amico , autore delle stauette-premio consegnate durante la serata agli interpreti, si tratta di neomelodici in resina; alla folla urlante delle nostre aspettative si contrappone inaspettatamente un’atmosfera pacata, ordinaria. Appena alla sinistra della vetrata d’ingresso, stranamente in penombra, c’è un piccolo bancale arrugginito pieno di fascette firmate “Miraggio” e “Alessio il Bellissimo”, insieme a frontini rosa spelacchiati con lucina rosa ad intermittenza annessa.

Consumo rapidamente una Diana blu e vado verso l’ingresso artisti, sul retro, appena giù alla scalinata, dove trovo quattro giovani fans supplicare amorevolmente l’energumeno alla porta di lasciarle entrare, almeno per un minuto, “un sul iaaa 3 ”. Entro, e immediatamente, davanti a me, in un accecante completo rosa shocking (è il caso di dirlo) si palesa Marco Marfè, detto anche “mr fragolone”, con il suo manager. Mi presento, chiedo di fotografarlo, “la, aropp o pianofort, annanz o sipario, si la è perfetto4”. Sono sudatissimo e ancora deve iniziare tutto. Mi concedo una squisita aragosta di Scaturchio e un goccio di Cola dietro le quinte, poi, dopo la foto di gruppo, si comincia. “Ollelleee, ollallaaa” incita Marfè e il giovane pubblico non delude, e subito dopo “Pooo po po po po pooo poooo, siete il zucchero di Marcooo” urla “Mr Fragolone” mentre la folla si stringe accalcandosi verso le prime file, difese a fatica da un improvvisato cordone del servizio d’ordine; chi dal fondo non vede bene, sale in piedi sulle poltroncine per filmare lo show col cellulare, canticchiando fieramente in un disteso labiale e ondeggiando la testa a tempo di playback.

Testi e foto di Martin Errichiello

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1 – Quanto è santo il volto di Gesù Cristo, quello lì è proprio bello, Madonna ma come si chiama? – Marco Cammarata – Marco Cammarata? Ah ho capito. Quando torno a casa lo aggiungo su facebook, gli devo dire quanto è bello.

2 Giù al quartiere Ventaglieri, Madonna e quanto mi piacerebbe vivere la.

3 – un minuto solamente, dai

4 lì, dopo il pianoforte, davanti al sipario

Il gran capo

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Questo è il suo articolo n°3459

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