Cvtà Street Fest, un week-end glocal a Civitacampomarano
Lo scorso week-end a Civitacampomarano, in Molise, si è tenuta la prima edizione di CVTà – Street Fest, un evento dedicato all’arte urbana voluto dalla Pro Loco “Vincenzo Cuoco” e diretto da Alice Pasquini. Il coinvolgimento dell’artista romana in una realtà piuttosto distante dalla dimensione metropolitana in cui è invece abituata a lavorare è frutto di una cruciale coincidenza.
Come raccontano gli stessi attori di Cvtà, Alice era già stata a Civitacampomarano e aveva dipinto le sue piccole chicche su alcune porte chiuse o piccoli angoli della città grazie all’interesse di Ylenia Carelli, presidente della Pro loco, che l’aveva contattata per portare l’attenzione sullo spopolamento massivo del paese. Quando la Carelli le aveva scritto un’email però era totalmente inconsapevole che Civitacampomarano fosse anche il paese natale del nonno di Alice. Una coincidenza, il desiderio di tornare alle proprie radici e la voglia di portare l’arte in un luogo un po’ dimenticato, hanno creato tutti i presupposti per il festival.
Civitacampomarano è un piccolissimo borgo arroccato sull’appenino molisano popolato da circa 400 anime e di conseguenza, con un’età media vicina agli 80 anni, infatti, l’aspetto rivoluzionario del festival è il fatto che non solo l’arte urbana entra in contatto con un paesino ma che a volerlo non è una piccola élite di operatori della cultura, né un gruppo di giovani ma una comunità matura poco avvezza a questo tipo di manifestazioni artistiche.
Dal 21 al 24 aprile Alicè, UNO, David de la Mano, Biancoshock, Pablo S. Herrero, ICKS e Hitnes hanno vissuto intensamente la quotidianità del borgo sconvolta da una serie di eventi e collaborazioni. Il risultato sono circa 30 muri e una serie di interventi sparsi e una grande festa collettiva.
Il primo clap da fare ad Alice e i suoi collaboratori va per la scelta degli artisti, tra questi Pablo S. Herrero e David de la Mano, che a mio avviso conservano il più alto tasso di non-invasività con le loro opere delicate e minuziose sempre sensibili al contesto. Inoltre, come è facile da intuire, gli astisti hanno lavorato su muri relativamente piccoli e hanno lasciato il segno senza mai turbare l’estetica atemporale del borgo e si sono adattati alle persone che lo abitano. Sicuramente, non c’era un altro modo per farlo ma al giorno d’oggi direi che un dettaglio da non dare affatto per scontato.
A Civitacampomarano purtroppo non c’ero ma le istantanee della festa rimandano un’atmosfera che può essere paragonata al ritorno a casa nei mesi estivi, con gente in festa e accoglienza calorosa. A quanto pare la partecipazione è stata massiva con ragazzi arrivati dai paesi limitrofi ma anche da Campania, Lazio e Puglia.
Gli interventi dei sei artisti sono stati la parte centrale del festival e i cittadini hanno messo a disposizione i muri delle loro case per rendere il tutto possibile ma oltre a questo, i tre giorni di festeggiamenti sono stati caratterizzati da altre iniziative interessanti. E qui arriva il secondo clap, questa volta per la scelta (e soprattutto la capacità) di coinvolgere anche persone mature nelle attività collaterali, da una parte chiedendogli di fare quello che conoscono bene e dall’altra inserendoli in attività un po’ fuori dai loro schemi.
In effetti, mentre gli artisti dipingevano, venivano probabilmente torturati dai profumi della cucina tipica molisana in cui erano all’opera le signore civitesi che preparavano le pietanze per lo street food di Cvtà. In quattro postazioni diverse, il 23 aprile, sono state servite il ris cu latt, a base di riso cotto nel latte e cannella, le scr’pell’, piccoli frittelle che si preparano in genere per la festa di San Giuseppe, il pan ‘nrat, pane vecchio dorato con l’uovo e fritto in genere la colazione dei contadini/campioni, e infine i cic, ceci cotti nella pignatta di terracotta con cipolla e pepe. Saranno state loro ad attirare Chef Rubio?
L’altra attività è stata invece un momento di avviamento al ruolo del dj da parte di signori piuttosto anziani che hanno sperimentato lo scratch probabilmente per la prima volta nella loro vita.
A proposito delle opere realizzate c’è poco da dire, sono piccoli disegni su porte chiuse o angoli nascosti del paese, interventi social (di cui vi parlaremo a breve) o muri un po’ più grandi che non sfociano mai nelle tipiche gigantografie a cui stiamo assistendo negli ultimi tempi e soprattutto, non vanno mai fuori tema. Insomma, clap clap per la direttrice Alicè, per la coordinatrice Jessica Stewart, per i sei artisti coinvolti e per tutta la comunità civitese.