Daniele Spanò
Intorno al video mapping si registra un grande interesse ma anche molta confusione . Questa tecnica è infatti adoperata con sapiente fascinazione tanto nel campo della pubblicità che in quello dell’arte. Per questo abbiamo deciso di chiedere lumi a Daniele Spanò, artista romano che ha incantato il pubblico della capitale con il progetto 150 Italia Mobile: Rifrazioni permanenti, insieme all’Associazione NUfactory e con “Il profumo del pane”, spettacolo inaugurale della quinta edizione del festival “Teatri di Vetro” a Roma.
Ciao Daniele, si parla molto di Video Mapping come nuova frontiera dell’arte, ti va di darcene una definizione for dummies?
Non credo che il video mapping possa godere di un’ autonomia nel mondo dell’ arte. Credo sia più giusto parlare di una tecnica della video arte, il valore aggiunto di questa disciplina è la possibilità di dialogo tra il video e lo spazio.
La tua formazione artistica è iniziata con la scenografia. In che modo teatro e spazio scenico sono diventati attori del tuo racconto per immagini?
La scenografia teatrale è una disciplina che mi ha fatto riflettere fortemente sul valore dell’immagine e del suo rapporto con lo spazio/tempo. Nel mio lavoro, proprio come in uno spettacolo tutto è dosato con precisione , tempi, luoghi, non lascio nulla al caso. Spesso collaboro con musicisti per la parte sonora. Credo sia fondamentale gestire senza ingabbiare i flussi creativi visivi e sonori dando ad entrambi la possibilità di influenzarsi. Nel mio caso, il processo creativo è lo stesso di quello della creazione di uno spettacolo ma il territorio di indagine è molto diverso.
Per molto tempo ho portato avanti in maniera separata le ricerche sullo spazio, legate più alla scenografia, e quelle sul tempo, più legate al video. Con l’utilizzo della video proiezione credo di essere sulla buona strada per colmare questa distanza.
Come ti sei avvicinato alla tecnica del mapping?
Mapping, una parola che per me non ha molto significato. Sono fortemente affascinato, in senso piu vasto, dalla video proiezione dove l’immagine viene creata dall’incontro di fasci luminosi con una superficie. Il resto è tecnica.
Come nascono i tuoi progetti? Da dove trai spunto, cosa ti stimola?
Essendo i miei, interventi sul territorio il progetto nasce quasi sempre dall’incontro con il luogo che mi viene offerto. La mia ricerca in questo momento è fortemente incentrata sull’individuo e sul rapporto che questo ha con lo spazio che lo circonda, pubblico, privato, intimo o drammaturgico.
Le architetture su cui mappi i tuoi interventi sono un limite fra la dimensione pubblica e quella privata. Come dialogano fra loro?
Mi piace pensare alla superficie dell’edificio come un piano immaginario sottilissimo dove spazio pubblico condiviso e quello intimo privato si incontrano. Un territorio di confine libero e inesplorato.
Il video mapping interagisce con lo spazio urbano, evoca ad un attraversamento meno anestitazzato. Tu per chi fai il tifo fra abitanti e passanti?
Per entrambi, sono gli invitati che si divertono meno.
Da Forgetful 2.0 fino all’ultima tua “apparizione” al Festival Teatridivetro, il racconto ricopre un ruolo fondamentale nel tuo lavoro. Che differenza c’è fra memoria e il ricordo collettivo?
Il ricordo, a mio avviso è qualcosa di più intimo e meno condiviso della memoria, diviene collettivo solo nel momento del racconto.
Come è il profumo del pane?
Ancestrale
Su quali progetti stai lavorando in questo momento?
Ho un progetto importante in cantiere ma è troppo presto per parlarne.
per chi volesse saperne di più: danielespano.com