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Danzando col Caporaballo, una domenica a Montemarano

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A me il carnevale non è mai piaciuto più di tanto, non vado d’accordo né con i travestimenti né con l’atmosfera forzatamente scherzosa. Non mi piace andare a sfilare in centro, né vado a ballare alle feste più glam che sono in programma in questo periodo. Sono invece fortemente attratto da alcune rappresentazioni “carnascialesche” tipiche di alcune comunità di provincia di cui l’Italia è piena, ma che ai più sono praticamente sconosciute. Parlo di antiche celebrazioni folkloristiche che nel carnevale trovano la loro espressione più alta ed interessante. Questa volta voglio provare a raccontarvi una di queste tradizioni che nulla hanno a che vedere con la versione “ufficiale” e giornalistica del nostro carnevale. Voglio portarvi in un minuscolo paesino della Campania, nel cuore dell’irpinia, sorto chissà quanti anni fa ai piedi di una montagna. Ci troviamo a Montemarano, piccolo borgo abitato da circa tremila anime, circondato da monti e campagne, quasi addormentato per tutto il resto dell’anno, ma che come molti altri paesini di questa zona, si risveglia magicamente nel mese di febbraio per festeggiare il Carnevale.

Montemarano ha la sua tarantella doc, antico ballo popolare, che come un marchio di fabbrica distingue il ballo Montemaranese da tutte le altre versioni presenti in Campania, ed è con questa musica, ed il suo ritmo quasi ossessivo, che la gente del posto danza sfilando lungo le stradine del paese in una sorta di processione che comincia dalla mattina e finisce solo a tarda sera nei bar e le trattorie del posto. L’atmosfera è resa allegra e rilassata dai litri di vino aglianico, di cui questa zona è ricca, mentre sui marciapiedi si affacciano delle tavole imbandite con i piatti della tradizione popolare locale.

E’ un trionfo di suoni, aromi e sapori che colorano l’atmosfera gelida di un inverno che qui è piuttosto rigido. Lungo il corteo di maschere non passano inosservati dei personaggi travestiti come una specie di pulcinella, solo che indossano sul costume bianco dei mantelli rossi con lunghi cappelli appuntiti, brandendo dei minacciosi bastoni di legno, ecco a voi i “Caporaballi”, (capi del ballo), la maschera tipica di questo carnevale, a metà strada tra addetti al servizio d’ordine del corteo e capo-animatori.

Qui si balla, si beve, si mangia, si gira e si gira e poi si beve, mentre il suono della tarantella ti è ormai entrato in testa, il ritmo ha preso il controllo delle tue gambe e così né il freddo, né la stanchezza vengono più percepiti. Non ci sono carri, ne maschere particolarmente elaborate, qui siamo in campagna, qui si celebra la semplicità e la genuinità delle cose e di un tempo che oramai è andato.

La galleria fotografica della giornata

Dimitri Grassi

scritto da

Questo è il suo articolo n°319

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