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Desperate houselife

Si parla di:

Chiunque sia nato all’interno della seconda metà del secolo scorso sa benissimo di dover considerarsi “cittadino del mondo”. La maggior parte di noi conosce meglio alcuni scenari di New York o di Tokio rispetto ai centri storici di cittadine a pochi kilometri da casa sua, ha visto una giraffa prima di, non so, un tacchino e nell’intimità, si riferisce a procaci orientali dal pallore sensuale e dal seno spropositato (altro simbolo di globalità: le orientali piacciono soprattutto quando non hanno i difetti delle orientali). Il fatto di essere anagraficamente cosmopoliti, poi, si lega ad un’altra caratteristica: siamo abituati dalla tenera età a pensarci senza confini, a crederci in grado di spostarci nel tempo e nello spazio senza alcuna barriera, di poter seguire i flussi culturali e sociali cavalcandoli su compagnie low cost. Facciamo video per chiedere a ragazzi australiani di aiutarci ad appendere poster in città americane per sensibilizzare verso i problemi di bambini africani e possiamo tornare a casa con la stessa, ingigantita sensazione di aver aiutato la nonna del nostro compagno di scuola ad attraversare la strada.

Real Tv - Julien Coquentin

Tutto fantastico, per carità. Eppure ci sono delle piccole note discordanti e su tutte il fatto che, in fin dei conti, non stiamo alla grande come dovremmo stare secondo le pubblicità della BMW. Hanna Arendt, filosofa ebrea in un periodo in cui essere ebrei non era di moda ed in un altro in cui pareva esserlo diventato, affermò spesso come ciò che stava accadendo fosse il vero e proprio sacrificio del privato in onore del pubblico e viceversa: in altre parole, che quel mondo globalizzato altro non fosse che il risultato della perdita di un equilibrio che aveva sempre sostenuto la società, in cui appunto la vita privata dell’uomo era del tutto separata dal suo impegno pubblico-civile. Il mondo diventava così la cassa di risonanza di faccende che erano sempre rimaste chiuse dentro casa: a governare quel mondo andava chi era capace di fare la lista della spesa migliore, chi era capace di spendere meno mangiando di più. IL bello di tutto questo è che la Arendt non ha mai avuto modo di guardare un paio d’ore di Real Tv e non ha nemmeno mai avuto idea di quanto fosse accogliente la cucina di Benedetta Parodi.

Real Tv - Julien Coquentin

Se guardo la Tv cerco sempre di concentrarmi su quanto di più trash ci sia al momento. Non mi piace mettere la testa sotto la sabbia: i media sono il fedele specchio della società e ogni tanto c’è bisogno di confrontarsi anche con le realtà che non ci piacciono. Ebbene, mi sono accorto che, oltre ai tanto vituperati programmi dell’ape regina De Filippi, c’è un mondo straordinario di faccende domestiche che sale all’onore della cronaca e riempie i pomeriggi di una totalità di aventi diritto al voto: programmi che mostrano interventi di chirurgia estetica, installazioni di anelli stomacali a sedicenni che fanno un quintale (I Used to Be Fat, su MTV), incontri tra adolescenti che hanno voglia di innamorarsi, partorienti seguite fino in sala parto. Qualche tempo fa mi parlarono di un format straordinario: alcune coppie con problemi sessuali si rivolgevano a uno specialista ingaggiato dalla rete e poi le telecamere testimoniavano al pubblico gli effetti delle cure intraprese (mi pare si chiamasse Sex Therapy). Probabilmente MTV è il canale che più di tutti la butta sull’estremo: le suddette adolescenti, ma anche feste di 16 anni organizzate con il corrispondente del PIL austriaco (My Super Sweet 16), e soprattutto Teen Mom, serie che segue la gravidanza di ragazze-madri americane.

Ma quello che mi pare il candidato più opportuno alla guida mediatica di una cultura per una globalità sempre più casalinga è la vera sorpresa del digitale terrestre: Real Time, la televisione che ti fa vedere in televisione quello che potresti vedere altrettanto bene intorno a te: un profluvio di programmi di cucina, di bricolage (Paint your life) e ancora la scelta dei vestiti (Ma come ti vesti?), i modi migliori per truccarsi (Clio make up), il galateo dell’invito a cena (Cortesie per gli ospiti) e dell’organizzazione di un matrimonio (Wedding planners). Nel palinsesto quotidiano figurano Malattie Imbarazzanti e poi un programma sulle sale di parrucchiere, Abito da sposa Cercasi e Obiettivo peso forma.
I programmi di cucina, in questo universo, sono le vere e proprie stelle fisse: impossibile quantificarli, passa da veri e propri canali tematici (Gambero RossoChannel) all’infinità di tizi che ti spiegano come fare impallidire le mogli degli amici di tuo marito spendendo meno che se andassi al primo paninaro di strada, a quelli che si sfidano a colpi di mattarello per vincere un ristorante. Reality, talk show, documentari, forse anche rituali satanici, basta che ci sia una bella cucina di mezzo.

Real Tv - Julien Coquentin

Ci hanno sempre detto che l’uomo del futuro sarebbe stato intelligenza capace di distruggere o salvare l’intero universo; un’umanità dal potere sovrumano e dall’onnipotente capacità comunicativa, minaccia infinita o infinita salvezza. Che saremmo stati uomini senza corpo e senza materia, intelletti che si intrecciavano nel network globale, pure informazioni in grado creare mondi alternativi con il solo ausilio di un po’ di matematica e una tastiera. Ce l’hanno detto o forse ci siamo illusi noi. Il vero uomo cosmopolita organizza pranzi della domenica, fa la spesa cercando le botteghe più economiche, chiede consiglio al vicino imbianchino sul modo migliore per dare una mano di vernice uniforme e si ferma ad origliare dietro le finestre delle altre famiglie del quartiere, quelle con la figlia obesa che adesso si opera e quelle con il figlio adolescente che ha messo incinta una compagna di scuola; l’unica differenza è che il quartiere, adesso, è un po’ più grande.

Stefano Pontecorvi

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Questo è il suo articolo n°64

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