Digital Life è corpo performativo
Arte, creatività e tecnologia, ma soprattutto corpo performativo. È Digital Life 2012 – Human Connections, la terza edizione del fortunato circuito che mette in connessione arti e tecnologie digitali e che quest’anno ha il suo fulcro nel corpo, coniugato in tutte le dimensioni generate da: emozioni, affetti, identità ulteriori e interazioni con l’altro, smaterializzato, trasformato e seviziato. Un’esplorazione del corpo in assenza del corpo, delle connessioni umane che nascono dall’arte digitale e dell’impatto emotivo generato dall’evento artistico, nonché dialogo serrato con il mondo del teatro, del cinema, della danza e della musica.
La rassegna, inaugurata il 15 novembre, è ideata e curata dalla Fondazione Romaeuropa in collaborazione con Telecom Italia e si snoda in tre spazi espositivi: l’Ex Gil-Trastevere, il Macro Testaccio e l’Opificio Telecom Italia. Tre luoghi fortemente evocativi che sviluppano una mappatura delle più interessanti sperimentazioni artistiche affrontandone aspetti diversi. Al Macro, fotografia, arti visive, digitali e performative, offrono, tra le altre cose, una retrospettiva “storica” delle sperimentazioni nell’ambito, proponendo grandi nomi del panorama internazionale.
Le tematiche della metamorfosi, della resistenza fisica e psicologica, la meditazione sui limiti umani, il rapporto con le macchine e la tecnologia, che diventano al tempo stesso veicoli e prolungamenti della nostra emotività e della realtà quotidiana, strumenti narrativi e oggetto della narrazione stessa, sono al centro dei lavori di artisti del calibro di Marina Abramović, Vito Acconci, Nam June Paik, Jan Fabre, Zbig Rybczynsky, William Forsythe, Paul Thorel, Piero Tauro, Ciriaca+Erre, Katarzyna Kozyra, Paola Gandolfi, Shilpa Gupta, Mike Kelley, Lech Majewsky, Masbedo, Eddie Peake e Cristina Rizzo.
Fertile di sviluppi è, poi, la sperimentazione dei sette giovani artisti, tutti italiani, invitati a meditare all’Ex Gil, sulle relazioni tra spazio, tecnologia e arte, con una serie di installazioni che, attraverso tecnologie avanzate, mirano ad un’interazione anche fisica con il fruitore. È il caso per esempio dell’opera di Overlab Project, La perversione del dittatore o di Audience, di Francesca Montinari, che evidenziano il pericoloso potere mediatico e le manipolazioni generate dall’empatia creata tra impulsi visivi e spettatore. E ancora alla base di Frozen Nature di Noidealab, il meccanismo di interazione con il pubblico interviene mutando forma e senso al flusso luminoso dell’installazione.
Viene messo in discussione l’uomo nella sua totalità, attraverso dispositivi che ribaltano le logiche comuni, negando per esempio l’identità sociale, generalmente affidata alla fisionomia dei volti, per definirla con un semplice nome, mera convenzione e titolo dell’installazione di Filippo Berta (Alessandro Pelicioli- Massimo Barbieri- Greta Agresti- Anna Coppola).
Il concetto di corpo viene esteso, poi, anche ad altri esseri viventi nel lavoro di Quiet Ensemble, Orienta: è qui ora, che decido di fermarmi, in cui una lastra bianca si limita a registrare e a tradurre in strisce di luce i movimenti, totalmente affidati al caso, di alcune lumache.
Infine, allo spazio fortemente suggestivo, onirico e visionario, che dissimula completamente la struttura reale di quello espositivo, realizzato da Apparati Effimeri, fa da contraltare Cinema rianimato di Daniele Puppi, che prende forma sulla base dell’architettura esistente.
L’ultima sede della mostra, l’Opificio, ospita invece per un mese la sezione video, con un ampio programma di proiezioni e incontri, che propone una selezione di opere dedicate o realizzate dagli artisti presenti in mostra.
Testi e foto di Annalisa Marangoni. Foto di copertina dal sito dei Quiet Ensemble.
Per saperne di più:
romaeuropa.net/it/digitalife-3.html