Festival Moderno, ammettiamolo, siamo andati per Grimes
Dovremmo ammetterlo ogni tanto. Ma più che agli altri dovremmo confessarlo a noi stessi. Non è facile muoversi nel mare magnum di cartelloni dei festival, soprattutto quelli in cui sfilze di nomi si susseguono fitte fitte come effetti collaterali su un bugiardino e quando ne intercettiamo uno che ci suona familiare, che qualche amico ci ha fatto ascoltare – o così ci piace immaginare – ci sentiamo perfettamente integrati con la musicology imperante, in cui vige la regola del “meno ascolti fa su Spotify più è d’élite”. A meno che tu non sia un appassionato ascoltatore che spende la sua giornata ordinando vinili e considerato che probabilmente non lavori in ambito musicale, puoi tirare un sospiro di sollievo, è tutto regolare. Rientri anche tu nella categoria dei candidi comuni mortali che sono andati al Festival Moderno per sentire Grimes, la reginetta del synth pop. O Blood Orange. Al massimo Mura Masa o L I M, ma già siamo ad un livello che non è ancora stato sbloccato, quindi rimaniamo su Grimes.
Il 7 luglio si è svolto al Magnolia Festival Moderno, organizzato dal Club to Club e da Radar Concerti. Durante gli Europei, col caldo afoso di fine giornata, il maxi schermo, le armate di zanzare tigre ormai assuefatte ad ogni sorta di repellente, il Magnolia si è aggiudicato ancora una volta il titolo di posto dell’estate. Chi ci va, lo fa consapevolmente, vuoi per il famoso cartellone di cui sopra, vuoi perché il Magnolia val bene il viaggio in autobus fino a Linate e poi a piedi per la strada sterrata e verdeggiante, ormai ci si unisce volentieri alla fila notturna, ordinata e silenziosa che, tutti i santi giorni va e viene, concerto dopo concerto.
Anche noi siamo andati al Festival Moderno. Anzi, vi dirò di più, siamo entrati sulle note di Chosen di Blood Orange, che lo scorso 28 giugno ha dato alla luce un nuovo album Freetown Sound, album in cui è contenuta la traccia Augustine che è già diventata la nuova hit hipster dell’estate 2016. Volume un po’ parco per il cantato delicato, etereo, ed efebico di Blood Orange, ma il nome è quello che è e la musica anche se bassa arriva a toccare i punti giusti per impedirti di star fermo senza tenere almeno il tempo. Blood Orange ha sortito l’effetto sperato: ha cullato il pubblico verso un’epifania che era nell’aria e che non ha tardato ad arrivare.
Il palco “secondo”, non secondario, si è illuminato e Mura Masa ci ha fatto compagnia in attesa di Grimes, mentre una spessa fetta di avventori ha preferito una vaschetta di jalapeño. Mura Masa ci è piaciuto moltissimo da solista, un po’ meno in coppia con la cantante. In entrambi i casi è stato capace di far oscillare le teste dei più reticenti, cancellare le inibizioni di chi invece aspettava solo il La giusto per dare inizio alla serata, con un equilibrio pulito, lineare e coerente di elettronica e hip-hop e beat e flow piazzati al posto giusto. Ma noi aspettavamo lei, Grimes. E non si è fatta attendere troppo con i suoi gridolini, i suoi acuti e quel gioioso entusiasmo ludico per la vita che vorremmo ci prendesse di lunedì mattina.
L’esibizione di Grimes è stata la vera colonna portante della serata, perfino i mangiatori di jalapeño si sono alzati e hanno cantato le sue canzoni. Ha rispolverato i suoi successi, da Flesh Without Blood a Genesis, in coreografie interrotte solo dai suoi messaggi d’amore e dal lancio di rose. Ricambiati da tutti. I fattori erano tutti coincidenti e ben incastrati per dar vita ad un’esibizione che ci porteremo dietro con nostalgia quando ci ripenseremo tra qualche anno e diremo “ti ricordi com’eravamo spensierati quando suonava Grimes”? Temeraria dell’acustica, instancabile sul palco, Grimes col suo synth pop è stato il motivo per cui siamo tornati a casa soddisfatti. Diteci pure che la odiate, che non vi piace, ma non diteci che non avete ballato, perché fragorosa si leverebbe una risata.
Di sicuro rientrate nella cerchia di cultori della musica di nicchia e avete più competenze di noi, ma qui non si sta esponendo un giudizio di merito, si sta affermando un assioma imprescindibile: impossibile star fermi mentre Grimes canta. E con Festival Moderno il Club to Club ci ha mostrato ancora una volta che qualsiasi cosa tocchi la trasforma in oro. Giallo. In questo caso giallo limone. Come i limoni che abbiamo visto levarsi durante la serata di mezza estate milanese. Come la grafica scelta, un po’ vaporwave, ma senza elementi greco-romani. Ma sempre oro è.
Tutte le foto sono di Matteo Bosonetto / Miseria Nera.