Fujiya e Miyagi, un live torinese
Ci sono eventi nella vita che sono karmici. E con il karma non ci devi scherzare, specie quando ti impedisce di partecipare per tre volte consecutive a un concerto dei Fujiya e Miyagi (per comodità li chiamerò F&M, capitemi, avrebbero potuto trovare un nome meno intricato da scrivere).
Tutto ciò accadeva nel lontano 2006, quindi capite il mio stupore quando leggo sul volantino dell’opening della serata più indie in torinese il loro nome.
Ok, hanno fatto un album un anno e mezzo fa, ma non pensavo andassero ancora di moda. Non pensavo più che altro che a qualcuno venisse in mente di tirarli fuori dal cilindro dei gruppi plausibili per l’apertura di uno degli appuntamenti più “caldi” dell’inverno torinese.
Fatto sta che alle 23 di giovedi 11 ottobre di caldi ce n’erano pochi. Lo Xanax Party funziona come serata. E le serate a Torino, ho ben imparato venendo da una ridente città di pianura dove le 23 è già tardi, non iniziano prima delle 2.
Un breve excursus per riassumere di che stiamo parlando: lo Xanax Party è la serata per ventenni hipsters (ma anche un po’ fighetti, ne ho beccati un paio in giacca e cravatta; non so che stile volessero imitare) che amano sentire un genere di musica, che è un mix di “indieelectrorockpop amo Pete Doherty perchè è marcio” , in un guazzabuglio alcolico al fine di limonare duro la fregnetta di turno.
Che belli i vent’anni, mi ricordano tanto quando andavo al Covo a Bologna a ballare le Pipettes e rodevo quando F&M annullavano il concerto perché avevano perso un aereo. Io e le mie amiche ci riunivamo ogni venerdì sera trepidanti nell’attesa di innamorarci ogni week-end (ma mai ricambiata), di ballare (non so ballare) e di aggiungere le persone conosciute su Myspace (ho delle amicizie da anni grazie a quel social network). Il mondo era tutto più rosa e imbevuto di vodka e Martini liscio, ai tempi. Ma soprattutto, sentivamo dei live con le contropalle, era l’epoca d’oro dell’indie italiano, dell’electro degli Lcd Soundsystem e dei Franz Ferdinand e al Covo ogni settimana suonava un nome da leccarsi i baffi. Ci sentivamo sulla cresta dell’onda, sempre.
Anche i primi tempi della mia vita torinese li ho passati degustando l’agrodolce sapore che le serate Xanax mi regalavano, in una sorta di revival dei tempi andati mi lasciavo andare a momenti di gioia e sconforto perché senza le mie vecchie amiche capivo che non mi sarei più divertita come un tempo. Ti deprimi un casino, nonostante il dj stia passando Carenza di basso.
E arrivi al giorno in cui le Pipettes spariscono dalle scene, non senti più parlare dei Fischerspooner e a queste serate passano i Neon Indian e capisci che devi passare il testimone a chi è più giovane di te. Tanto gli Junior Boys non te li rimetteranno mai più.
E poi capisci che se superi i 25, oltre a caderti la pelle, ti senti vecchia in certe occasioni.
Sto divagando, ma il punto è farvi capire come posso sentirmi io, con tutte queste premesse (nostalgia del passato, F&M che mi paccavano ogni live ecc…), quando mi trovo circondata da persone che per lo più invece di ascoltare F&M sono impegnate a ingurgitare il maggior quantitativo alcolico possibile perché “poi si balla”. Penso che intorno a mezzanotte la percentuale dei veramente interessati al gruppo sia scesa terribilmente sotto l’iniziale 40%, e no, le ubriache marce che a un certo punto hanno deciso che era il momento di correre sotto il palco e lanciarsi in danze sfrenate non contano. Penso che avrebbero fatto lo stesso se sul palco ci fosse stato Schubert.
Ammettiamolo: i F&M non hanno scaldato i cuori di nessuno in particolare. L’inizio è spento, stanco, a un certo punto inizio a provare strane sensazioni riguardo questi uomini che stanno proponendo loro pezzi a ripetizione che pochissimi presenti conoscono, non interagiscono con un pubblico che evidentemente non ha nessun interesse nel farlo salvo poi per un’ unica canzone, probabilmente uno dei pezzi passati successivamente durante la serata dai dj.
L’ambiente si scalda verso la fine quando i vodka lemon e bevande varie compiono il loro dovere sugli astanti che si prendono bene in modo randomico. E iniziano ad assalire qualsiasi presente in possesso di aggeggio fotografico (ho delle foto di sconosciute in varie pose davvero splendide).
Parliamoci chiaro: tecnicamente i F&M sono impeccabili. Ma proprio la loro bravura e la loro freddezza mi fa pensare a un gruppo di turnisti pagati per mettersi lì, fare le loro cose e uscire.
Il loro genere di elettronica, diciamocelo fuori dai denti, è morto sei anni fa, dopo l’ondata di successo e moda che aveva portato con sé. Ma va bene così, è la naturale evoluzione delle cose e sarebbe sciocco pensare di poter tornare come se niente fosse nel 2006, e mi scappa un “Nostalgia canaglia!” nelle urla finali.
Però era così bello avere vent’anni.