Giardini di Mirò | Rapsodia Satanica
Il gusto del classicismo nel nuovo album “Rapsodia satanica”
C’è una scena, nel film Rapsodia Satanica, in cui la protagonista, la diva del cinema muto Lyda Barelli, si abbandona lasciva al pianoforte. Lo sguardo altrove, la mente che vaga in pensieri d’amore.
Un istante di assoluta decadenza novecentesca, lo stesso scritto alla perfezione nel pezzo Rapsodia XIII, dei Giardini di Mirò.
Il film racconta la storia di Alba D’oltrevita, che pur di tornare giovane e bella come un tempo, fa un patto con Mefisto, in cambio della rinuncia definitiva all’amore.
Ma il destino è sempre in agguato, lei viene contesa tra due uomini, ne porta uno al suicidio e si innamora dell’altro. Il desiderio egoista di bellezza, giovinezza e amore fa dimenticare Alba la sua promessa, portandola infine alla sconfitta. La sua stessa pretesa di poter avere tutto, privata della sua bellezza e ridotta nuovamente a una vecchia senza speranza.
I Giardini di Mirò seguono i gesti ampi e teatrali di Lyda, intensificando l’emozione, facendole raggiungere l’apice con sfumature elettroniche e new wave, per farci vivere un’esperienza deliziosamente classica, in tocchi originali.
Prendete il brano XVII, un crescendo di consapevolezza che non si può sfuggire all’artiglio dell’amore, “Il desiderio batteva alle porte del suo cuore”.
O il pezzo XXI: i rintocchi che scoccano l’ora della sconfitta, un mazzo di fiori lasciato cadere a terra, un’ombra che cavalca verso contro un azzurro triste, cento veli sul volto che cantano la rapsodia nuziale della morte.
Le porte del suono si schiudono verso il finale, in un abbraccio commovente che segna l’ineluttabilità di un destino che non accetta alcun compromesso.
Fine.
Giardini di Mirò | sito
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