Ho intervistato (un) Megatherium
Andre de Freitas è un ragazzo che viene da lontano – Perù, Florida, qualcosa del genere – mi sono dimenticato di chiedere e ora realizzo che non è così importante. Non parla italiano ed ha 24 anni. Ho trovato alcune sue fotografie su internet e, come spesso accade, ho deciso di dargli una chance per entrare ne “L’olimpo degli artisti straordinari recensiti da Stefano Pontecorvi”. Quella chance lui se l’è giocata benissimo perché, oltre alle foto, sul suo sito ho trovato un sacco di disegni che parlavano di fumetti americani, belle ragazze, felini inferociti e gruppi rock. E questi sono i primi 4 articoli della costituzione della mia post-pubertà. Quindi ho deciso di intervistarlo.
Il tuo nome d’arte è Megatherium. Mi chiedevo il significato, e digitando su google ho trovato un sacco di foto di una specie di dinosauro che sembra un grosso porcellino d’india. Perché questa scelta?
Haha. Bene, il Megatherium è una specie estinta di bradipi giganti e uno dei miei insegnanti d’arte mi diede quel soprannome. Significa “grande bestia”. Per farla breve, quando una delle mie insegnanti d’arte mi vide disegnare su un piccolo sketchbook , non riuscì più a smettere di ridere. Disse che ero proprio troppo alto (1,87m) per disegnare su un blocco così piccolo. Inoltre, all’epoca ero anche molto pigro haha. Quindi iniziò a chiamarmi Megatherium, una grande e pigra bestia. Trovavo suonasse molto figo e decisi di tenerlo. (non sono più così pigro haha).
Ti piace pensare a te stesso più come designer o come fotografo? Riusciresti a definire la tua attitudine verso l’arte
Oh, non sono un designer. A volte mi sento più un disegnatore che un fotografo. Dipende dal mio umore, suppongo. E quando si tratta di fare arte, penso più come un intrattenitore. Mi piace semplicemente creare roba interessante e intrattenere lo spettatore.
Che tipo di studi e/o esperienze hanno influenzato i tuoi lavori?
Ho studiato computer animation prima di buttarmi nel disegno e nella fotografia. E la mia arte è pesantemente influenzata dal cinema, dall’astronomia e dai “movie posters”.
Mi piacerebbe sapere qualcosa a proposito del significato dei tuoi lavori: quello che si potrebbe definire il loro scopo, la spinta che ti porta a impugnare la matita, accendere la macchina fotografica o aprire Photoshop.
Il mio obiettivo principale è quello di intrattenere le persone. Mi piace fondere concetti e creare qualcosa di interessante da poter mostrare attraverso le mie foto e i miei disegni.
Ho notato che, nonostante la varietà di stili e media di cui fai uso, c’è un tema ricorrente nei tuoi lavori: la bellezza femminile. Fai un sacco di ritratti di ragazze bellissime. Posso chiederti la ragione?
Beh, le persone più importanti della mia vita sono state donne, e credo che questo c’entri qualcosa. E poi, “girls are pretty”.
Quale connessione trovi tra animali incazzati e pupe, per metterli così tante volte vicini?
Entrambe sono feroci.
Ho scoperto la tua arte attraverso la serie fotografica Double Exposures: mi vuoi dire qualcosa in proposito? Questo lavoro ha qualcosa a che fare con l’invisibilità o con il modo in cui i posti contaminano le persone che li vivono? O niente del genere?
L’ idea che sta dietro alla mia Double Exposure è il silenzio. Per me il silenzio è tranquillità, è equilibrio. Quindi quello che provo a creare attraverso le mie foto è un senso di equilibrio tra due cose molto diverse. In questo caso, le persone e l’ambiente.
Parliamo di ‘!’, che descrivi come un ‘lavoro concettuale’. E’ un modo per mostrare quello che Wittgenstein disse una volta, ossia “Il mondo è tutto ciò che accade”?
Per me è un modo di attirare l’attenzione dello spettatore e chiedergli direttamente: “Vedi quello che vedo io?” senza dire niente.
I disegni chiamati ‘Songs’ sono tutti dedicati a pezzi dalla scena indie rock. Appartieni a questa cultura musicale? C’è una qualche relazione tra la tua arte e la cultura indie rock? In che modo le canzoni di bands come Interpol o Pixies posono diventare una risorsa per la tua cratività?
Amo la musica e quella serie è una sorta di tributo alle canzoni che ascolto sempre mentre disegno. Interpol e Pixies sono sicuramente due delle mie non-rock’n’roll band preferite. Il loro sound in qualche modo si accorda con la melanconia di molti dei miei lavori.
Per info su Megatherium: andredefreitas.com
Traduzioni di Giorgio Pontecorvi e Valeria Fucci.