I funerali della cara Sinistra in mostra ad Italics
È finalmente domenica! Pioggia e vento (di domenica!). La temperatura è sotto lo zero. Venezia ha un aspetto spettrale. Cosa fare? Dirigersi a Palazzo Grassi in una giornata così per vedere Italics, la più importante mostra di arte contemporanea degli ultimi anni in Italia, mi sembra proprio la migliore tra le idee balenatemi in testa (anche perché poi la mostra volerà a Chicago e lì non credo di poter arrivare). Cappello, sciarpone, guanti, cammino sotto l’acqua fino a S. Samuele. Ecco palazzo Grassi. Finalmente al riparo.
Al botteghino sembra chiaro che accreditino solo i giornalisti “seri” per cui sborso il mio biglietto, ricevo le solite raccomandazioni sulle foto e mi avvio lungo le scale….
Dovrei ora fare un excursus su Palazzo Grassi per poi tessere una degna prefazione della mostra, elogiare il curatore, forse biasimare l’allestimento, far finta di conoscere tutti gli artisti presenti (105 con 160 opere), fornire qualche informazione su quello che più mi è piaciuto, evitando le solite invettive contro quanti affermano “lo potevo fare anch’io” (classica e mediocre affermazione sull’arte contemporanea), ma, cari lettori, non farò nulla di tutto questo. Ho solo voglia di confidarmi con voi, ho bisogno di dire a qualcuno che sono triste, preoccupata e attonita dinanzi a quanto accade intorno a me, a voi, a noi in uno stivale, ormai, capovolto, come mostra Luciano Fabro; sono frastornata dallo scempio politico e sociale degli ultimi tempi, sono preoccupata per il mio precario lavoro, per la traballante economia, per l’imperante xenofobia dei media, per l’antidemocrazia di certi atti politici (esempio lampante è il fiume in piena di decreti-l’ultimo sulla vita della povera Eluana Englaro-che si è riversato su di noi). Tutto questo accade senza proteste, senza tante proteste, senza dissenso, senza manifestazioni, senza insomma che nessuno si incazzi sul serio.
Sinistra, tu, tanto passionale, perché non ti arrabbi? Tu, che hai sempre difeso i diritti, i deboli, i meno privilegiati, dove sei? Sinistraaaaaa, dove sei? Al governo non ti trovo, nelle piazze neppure; non sei nelle fabbriche, non sei nelle università, poco sui giornali, non sei nei salotti letterari, ma dove diavolo sei finita? Dicono che sei naufraga sull’isola dei famosi a starnazzare con veline e tronisti. Difficile a credersi… infatti non sei tu, ma solo una tua fotocopia sbiadita, una caricatura, una donna che tenta di farti il verso. In realtà sei morta; il tuo funerale, la tua camera ardente è nelle stanze di Palazzo Grassi.
L’ho appreso entrando alla mostra, dove in ogni sala ho incontrato tanti uomini e donne che con la loro arte ti hanno a lungo sostenuta e rappresentata da quel lontano 1968. Sono tutti ora qui a commemorarti.
Mi avvio verso la camera ardente; mi avvicino alla parete e strisciando lungo i bordi della tela ti raggiungo. Tra bandiere rosse sventolanti incontro le facce tristi di Lenin, di Stalin, della Iotti, di tanti militanti.
Mi trovo davanti ai “funerali di Togliatti” (1972) di Renato Guttuso (il neorealismo selvatico, direi). Il cuore è a pezzi; me ne vado come si va via dopo un funerale; vorrei distrarmi e pensare ai fondoschiena in bianco e nero con la trama della seduta di Gabriele Basilico delle ultime sale (come si fa, rimugino tra me e me, ad avere delle natiche così? ) o al superbo “Ambiente spaziale” di Lucio Fontana, ma ogni distrazione, anche la più futile (sui glutei) o la meno futile (sul rapporto spazio-luce), è vana.
Esco. Piove ancora. Tutto è spento, grigio. Il rosso rimane solo nei calici di vino che sorseggio al bar dell’angolo….ma non ne avrò bevuti troppi?