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Il vintage spiegato a mio nonno

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Vorrei proporvi una riflessione. Una riflessione sull’uso delle parole e sui concetti che si portano dietro. Una riflessione sull’hipster-ia concettuale che tutto invade senza pietà, come un filtro di Instagram che satura ogni colore, facendo diventare turchese puffo un mare che era perfetto già così, con il suo azzurro un po’ sbiadito.

Cos’è il vintage?

 foto di Maria José Germano

“Vintage (pronuncia inglese [vɪntɪʤ] pronuncia francese [vɛ̃ˈtaʒ]) è un attributo che definisce le qualità ed il valore di un oggetto prodotto almeno vent’anni prima del momento attuale e che può altresì essere riferito a secoli passati senza necessariamente essere circoscritto al Ventesimo secolo. Gli oggetti definiti Vintage sono considerati oggetti di culto per differenti ragioni tra le quali le qualità superiori con cui sono stati prodotti, se confrontati ad altre produzioni precedenti o successive dello stesso manufatto, o per ragioni legate a motivi di cultura o costume […] ” (fonte Wikipedia).

foto di Maria José Germano

Fin qui tutto abbastanza chiaro. La parola vintage esisteva indisturbata fino a qualche anno fa, quando ignara di tutto improvvisamente si trova affiancata a nomi di amplificatori, mobili, vestiti e sulla bocca di quelli che vogliono giustificare l’acquisto di un oggetto usato, di dubbio gusto, pagato una cifra spropositata. Per fare un po’ di sociologia da “rubrica del Cioè”, si potrebbe dire che i feticisti dell’abbigliamento hanno iniziato ad interessarsi ai vestiti di seconda mano in risposta alla bulimia da fast-food dello stile e ai maglioncini in polistirolo compattato che si autodistruggono dopo il terzo lavaggio.

foto di Maria José Germano

Ma ora cerchiamo di essere onesti. Cosa trasforma una borsa degli anni ’80 indossata con dignità assoluta da nostra madre per la messa della domenica da obbrobrio stilistico a capolavoro di design d’altri tempi, se trovata in un mercatino dell’ultima meta cool in cui siamo stati in vacanza? Perché un vestito giallo a pois che ci fa sembrare la parodia maggiorata di Shirley Temple diventa qualcosa di irrinunciabile se arriva da un negozio second-hand londinese? Qual è la differenza sostanziale tra una giacca vecchia, scolorita e sformata ed una giacca vecchia, scolorita e sformata pagata un occhio della testa? E soprattutto, vi sembra sensato lamentarsi di avere un sacco di roba vecchia nell’armadio, dare via i jeans a zampa per cui abbiamo lottato stoicamente a quattordici anni e dopo comprarne un paio uguale e forse più recente usato da qualcun altro?

foto di Maria José Germano

Proprio per amore del feticismo bisognerebbe ricordare che parliamo di vestiti che hanno un valore affettivo che non ci appartiene, che vengono spesso spacciati per pezzi di antiquariato anche se sono dei semplici fondi di magazzino e neanche di annata, che una tutina di lurex dorato a 400 euro puoi comprarla solo se hai in camera il poster degli Abba o sei uno degli Abba.

foto di Maria José Germano

Da qualche parte nell’armadio di vostro nonno troverete un cardigan di lana grossa beige, un po’ sdrucito. Osservatelo bene, è incredibilmente simile a quello che indossa il bassista di quel nuovo gruppo nu-folk in quel video su You tube. Chiedete a vostra nonna di rattopparvelo e mentre lo fa ascoltatela mentre vi racconta com’era vostro nonno da giovane. Avrete un vero cardigan vintage low profile, ogni volta che lo indosserete a vostra nonna brilleranno gli occhi e verrete pubblicati su Sartorialist e Sartoldalist con un unico look.

 

Per saperne di più:

www.thesartorialist.com

thesartoldalist.tumblr.com

la Germanz

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Questo è il suo articolo n°102

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