Intervista a Davide Rossillo | Inattesa e la rigenerazione urbana
“L’attesa è una suspense elementare
È un antico idioma che non sai decifrare
È un’irrequietezza misteriosa e anonima
È una curiosità dell’anima”
Cantava così Giorgio Gaber. Tanti si sono espressi sul tema dell’attesa, Vladimiro ed Estragone stanno ancora aspettando il beckettiano Godot, il sottotenente Drogo di Dino Buzzati, i Tartari. Potevo citarli anch’io a mo’ di paradigma, ma sapevo che la connotazione data a questo termine era diversa: il positivismo, la stimolo che vince l’inerzia. Davide Rossillo, già citato, per l’evento Memorie Urbane, ha elucubrato un nuovo assalto urbano: InAttesa. L’arte che non ti aspetti. Scopo della manifestazione è la riqualificazione del tessuto connettivo della sua città, Gaeta, e di quelle limitrofe, con l’utilizzo di street artist italiani. Nuovo obiettivo, le pensiline. Il luogo, per dirlo alla Vinicio Capossela: “Di respiri, di attese, di anime contese”, il ristretto spazio, dove ogni giorno persone sospendono i loro pensieri, sospirano, imprecano, si stancano per il troppo caldo o freddo, e a volte s’invaghiscono di perfetti sconosciuti. L’aggiunta della preposizione “In” davanti al termine attesa, ha regalato un’accezione nuova a questa parola, unire la stasi alla scoperta. Tutto è cominciato con Borondo e un fotogramma da film del Neorealismo. Abbiamo incontrato Davide. Gli chiediamo quale sia la cosa che gli dà più emozione: il contatto con gli artisti dice, le idee che si trasformano in azioni, lo fanno stare davvero bene. Domando com’è nato Memorie Urbane, da un film, Exit Trought the Gift Shop, inoltre Davide mi confessa cosa fosse per lui la street art prima di quella visione: Keith Haring.
InAttesa si è aperta con Millo, il quale usa colori primari, immagini piene fino a scoppiare, dettagliate, forse per riempire il vuoto provato dai “bambini” ritratti con occhi guardinghi e sospettosi, dalle sembianze umane, sospesi su città alienate e anaffettive. Millo ci fa intravedere la nostra umanità seppellita nel cemento. Cancelletto e il suo bestiario. Lavora con colori corroboranti, animali a scaglie, arte visionaria e surrealista, forse l’artista in grado di riprodurre in immagine il ”Manuale di zoologia Fantastica” di Cortàzar. Colui che ondeggia tra manierismo e abuso di sostanze psicotrope. Penso che InAttesa sia, parafrasando Ennio Flaiano: “Un festival con i piedi fortemente appoggiati sulle nuvole”. Loin Des Villes di Yann Tiersen o anche tutto l’album, Les Retrouvailles, connubio perfetto di attesa e stupore sarebbe, a detta di Davide, il sottofondo musicale giusto per questa manifestazione.
Davide parlaci di InAttesa. Come ti è venuto in mente questo nuovo progetto?
Ero stanco di vedere queste pensiline vandalizzate, a emblema del degrado, mentre passeggiavo per la città. Luoghi dove, tra l’altro, moltissime persone aspettano anche venti, trenta minuti i mezzi di trasporto, quindi mi sono attivato su Gaeta per poterle ripulire e riqualificare per opera di diversi artisti; in seguito ho cercato altri comuni sensibili al progetto e abbiamo coinvolto altre cittadine, grazie anche alle associazioni Bucolica Produzioni e Lokomotiv Musik.
Per il progetto avete attivato un servizio di crownfounding…
Si tratta di una raccolta fondi, attivata con Eppela, la piattaforma italiana dedita a questo servizio. InAttesa è totalmente a nostro carico, quindi abbiamo pensato che l’aiuto possa arrivare anche solo da chi, ama i luoghi dove vive, e si sente meglio nel percepire miglioramenti apportati alle strutture delle quali usufruisce. Bastano cinque euro per “incoraggiare” il progetto, inoltre alla donazione sono associati dei gift molto interessanti.
Capitata a Gaeta, non sapevo nulla della pensilina di Millo, l’ho intravista. È arrivata una ragazza, ha guardato il lavoro. Mi ha chiesto cosa fosse quel “disegno” e ha detto: “Oggi si sta meglio qui!”. Come si concilia questa frase con lo scopo di InAttesa?
Questa esclamazione mi fa capire che siamo riusciti nel progetto, anche se solo una persona pensa e sente una cosa del genere. Sono felicissimo dello sforzo fatto. Quello che vogliamo fare, è migliorare la quotidianità. Spesso sento parlare di progetti enormi ma senza basi, io preferisco questi gesti, da questo si deve ricominciare.
Quanto impegno c’è dietro un evento così? Quali gli ostacoli che si affrontano nel proporre a delle città, che sono sì, piene d’arte, ma che si tengono ben strette il loro patrimonio artistico con uno sguardo al passato?
È stata dura! Parliamo di quattro amministrazioni, con altrettanti sindaci, assessori etc. Alla fine, ha prevalso la voglia di riqualificare e di capire come avrebbe reagito il territorio a questo evento, forse anche grazie alla spinta che ormai da due anni dà il festival Memorie Urbane. C’è voluto del tempo. Inattesa è stato partorito a giugno, siamo riusciti a iniziare solo a metà ottobre e ci sarà da lavorare tutto l’autunno.
Dove le prossime pensiline?
Le pensiline in totale sono ventiquattro, forse con qualche fuori programma, qualche artista non coinvolto in prima battuta. Le città coinvolte sono quattro: Formia, Gaeta, Itri, Terracina. Un importante risultato, dopo una lunga progettazione vedere queste città del basso Lazio legarsi per la riqualificazione artistica, mi riempie di gioia, e mi porta a sperare, anzi forse a credere che si possa creare un posto migliore dove vivere.
Intervista a cura di La Seconda Signora Panofsky. Immagini di Ettore Maragoni.
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