La realtà supera sempre la fantasia. Intervista a M¥SS KETA
C’erano gli anni ’80, la Milano da bere e la cocaina. Poi sono arrivati i ’90, il Festivalbar e il pop. E, infine, i primi 2000: Plastic, Frangetta e l’indie.
E poi arriva lei, l’icona dell’Italia contemporanea, che canta la nostalgia per quei tempi passati che ci mancano ma che non rimpiangiamo, per un ventennio berlusconiano in cui siamo, a nostro malincuore, cresciuti, raccontandoci di nuovo quelle favole patinate di Courmayeur e di personaggi famosi, infangati di droga e sesso.
Senza nome, senza volto, senza tempo: è M¥SS KETA, progetto nato da Motel Forlanini, un gruppo di “persone pazzerelle”, come lei stessa li definisce, con l’intento di esplorare quali siano i confini tra realtà e fantasia.
Ciao M¥SS KETA, benvenuta su ziguline. Prima di partire con l’intervista ufficiale devo farti la domanda che tutti si stanno facendo: ma quella foto con Massimo D’Alema?
Non penso ci sia molto da dire: io racconto cose e la gente può prendermi sul serio oppure no. Con Massimo c’è stato un passato e questa è la prova: la prova che spesso la realtà supera la fantasia.
A tal proposito: la tua figura è espressione di questo limite tra ciò che è reale e la finzione, non sai mai quando finisce il personaggio e quando comincia la persona reale. Dov’è questo confine? Esiste?
La definizione è una cosa da cui dobbiamo sfuggire: definendo qualcosa la conosciamo e di conseguenza ne possiamo avere controllo, allo stesso modo non posso darti una definizione per qualcosa che non voglio venga conosciuto e di cui io stessa non conosco a fondo i confini. Il progetto di M¥SS vuole fare riflettere su questo, vorrei che questo confine rimanga labile perché vorrei che la gente si trovasse in un certo senso in difficoltà quando ci ha a che fare.
Tu sicuramente metti in difficoltà tante persone che amano etichettare, e tu vieni spesso vista come trasgressiva. Ma, nel 2018, ha ancora senso parlare di te come di una figura trasgressiva?
Direi proprio di no. Non ha senso parlare di trasgressione per me, io mi definisco la regina della trasgressione, ma ironicamente: mi hanno definito così al Moulin Rouge, ma questa è un’altra storia. In realtà non penso abbia senso di parlare di trasgressione nel 2018, è già stato fatto e detto tutto, la gente ancora usa questo termine perché deve definire qualcosa, deve sempre avere quel controllo. E parlarne forse è sbagliato fin dal principio, perché si suppone che ci siano regole a cui vengo meno: a cosa devo trasgredire? Alle regole della società? Della vergogna in senso sessuale? Io ho un universo valoriale interno a cui non trasgredisco, seguo le mie regole, faccio solo quello che voglio fare e mi sento di essere quella che voglio essere. Questo è l’importante.
Sono assolutamente d’accordo con te: d’altronde dove sta la trasgressione? Nel fatto che hai una maschera, che magari dici qualcosa che a qualcuno può far storcere il naso?
Spesso vengo definita trasgressiva perché sono una donna e parlo di droga invece che di romanticismo o amore, come ci si aspetterebbe. Non penso però che sia questo il modo giusto per definire una persona, anche perché delle tematiche che affronto se ne è parlato e se ne parla anche in termini più espliciti, ma vengo vista così perché ho un corpo e una mente femminili, quindi per tanti non posso parlare di certe cose. Ma se un uomo lo può dire, perché non lo posso dire io? Dove sta il problema?
Parliamo allora della donna: oggi viviamo in un dualismo tra quello che è la donna stereotipo con un ruolo imposto e una nuova ondata di femminismo da social, dove essere veramente donna significa non depilarsi e le gambe. Secondo me il vero femminismo è quello che porti tu sul palco: fare quello che si vuole senza bisogno di essere giudicati.
Ho sempre pensato che nell’immaginario comune il femminismo si debba contrapporre al maschilismo: non è che con questo movimento vogliamo fare un governo delle donne, femminismo per me significa semplicemente mettere uomini, donne, tutti, sullo stesso piano, cercando di non considerarci tanto per il nostro genere, quanto per il nostro essere tutte persone.
Dal punto di vista del femminismo 2.0 ritengo che spesso sia necessaria una spinta estremista per far emergere certe tematiche, il fatto che si sia parlato tanto del “me too” post Weinstein è servito per farlo entrare nel quotidiano, per farlo diventare argomento di conversazione, anche tra ragazzi e sui media. Sono anche un po’ spaventata che sia stato subito assorbito da marche di assorbenti e vestiti, quello mi fa veramente paura: è come se in quel momento la società avesse nuovamente vinto sulla donna, ma questo rientra in un discorso molto più ampio che riguarda il capitalismo e la sua evoluzione. Detto questo penso che l’unico modo di porsi davanti a queste tematiche sia quello di voler fare quello che si è chiamati a fare e che si ha voglia di fare, da tutti i punti di vista, senza stare alle definizioni. Anche l’uomo, se ci pensi, deve sottostare a dei ruoli precisi: se la donna deve essere la moglie stanca, l’amante strana e la lavoratrice cattiva, l’uomo comunque deve essere l’uomo alfa, quello senza sentimenti, che non può piangere. Se invece tutti ci amassimo di più e ci accogliessimo di più l’un l’altro, senza cadere in questi stereotipi mentali che ci impone la società, penso vivremmo tutti meglio. Bisognerebbe un attimo soffermarsi a ridefinire le cose, dando le giuste priorità, non affronto gli orientamenti sessuali perché non credo che questo definisca una persona: le persone vengono definite da ciò che fanno, ciò che vogliono e dal loro posto nel mondo.
Hai ragionissima, soprattutto riguardo all’orientamento sessuale, che è ancora una tematica assurda di cui parlare in Italia oggi.
Penso che sia stupido giudicare una persona sulla base di ciò che le piace sessualmente, è terribile, significa che se guardi una persona la prima cosa a cui pensi è quella: allora sei malato tu, il problema è tuo. In ogni caso, come dicevamo prima, la realtà supera sempre la fantasia.
Tu porti sul palco tutta una cultura pop italiana che attinge direttamente dalla nostra infanzia: noi che siamo cresciuti negli anni 80/90 ci riconosciamo in tutte le citazioni di cui canti.
Posso dire con sincerità che sono tutte cose che si sono depositate nel retro del mio cervello e di quello di tutto Motel Forlanini: le abbiamo viste e riviste in tv, al punto da radicarsi in noi ed è quasi come se, buttandole fuori, te ne volessi liberare. Il tipo di linguaggio e di ironia che uso rappresenta quindi la volontà di superare tutta questa marmellata di input con cui siamo cresciuti. Lo vedo in un certo senso molto catartico.
Comunque è vero, prendiamo a grandi mani dall’immaginario pop per gli argomenti che trattiamo, posso affermare che M¥SS KETA è assolutamente pop all’italiana.
Pop all’italiana ma in un genere musicale che non riesco a definire. Tanti ti definiscono rapper, ma le basi elettroniche a me non danno questa idea. Quindi M¥SS, che genere fai?
Non credo di potermi dare una definizione precisa: non mi ritengo una rapper, mi ritengo una ragazza che canta. Dal punto di vista del suono sono più elettronica, alcuni brani sono più da discoteca e altri più sognanti, dove accenno anche al cantato. Se vogliamo farmi rientrare nel maxi calderone dei generi, sì, forse sono una rapper perchè uso parole ritmate che rimano tra loro, ma se domani volessi fare un disco di musica classica con un cantato sopra voglio poterlo fare. Questa per me è la cosa più importante: avere la libertà di fare ciò che si vuole, rimanendo coerenti con se stessi. Perché quando ti piace quello che fai e ne sei convinta, il pubblico lo capisce e lo apprezza.
“Milano sushi e cosa”, io la vedo molto come l’evoluzione naturale della ai tempi hit “Frangetta”. È quasi come se la ventenne di Milano is burning fosse cresciuta e ora è diventata la protagonista del tuo primo brano.
La Milano di Frangetta è assolutamente la Milano di “Sushi e Coca”. Quella canzone è una pietra miliare che ha immortalato un preciso momento e “Milano sushi e coca” prende tanto da quel tipo di spaccato di vita milanese.
A proposito di Milano, ogni volta che vengo a Milano penso sempre “Milano Milano se vivessi a Milano mi drogherei un casino”.
Eh beh, a Milano devi trovare i tuoi equilibri: è la città più europea di tutte in Italia, è frenetica, a volte è ancora quella Milano da bere degli anni ’80, quindi sì, l’impressione è quella di qualcosa che ti ingloba, è potente, a tratti feroce. È come ogni energia potente, può soffocarti ma, se sai gestirla, può diventare assolutamente positiva e creativa. Io devo tanto a Milano, M¥SS non esisterebbe senza di lei.
La mia ultima domanda riguarda invece il Todays Festival: che cosa ci si deve aspettare da un party in piscina con M¥SS KETA?
Ci si deve aspettare l’inaspettabile: tra sexy ragazze e ragazzi in un pomeriggio di fuoco, a Torino può succedere di tutto. Tra l’altro non suono da tanto a Torino e sono davvero contenta di tornare, la sento una città molto mysskettiana.
M¥SS KETA sarà domenica 26 agosto a Torino, in occasione del Todays Festival: lei ci ha già anticipato che sarà imperdibile, come ogni suo show. Noi non mancheremo sicuramente, per celebrare la libertà di essere se stessi, sempre, divertendosi senza stereotipi.