Inclusione sociale, street art e serigrafia, intervista a Pigmenti
Cosa hanno in comune arte pubblica, serigrafia e progetti sociali? La risposta potrebbe essere Pigmenti! Laboratorio creativo strettamente connesso a diverse realtà nella città di Bergamo, sostenitore di un’interessante rete di artisti, propulsore di progetti volti all’inclusione e, a suo modo centro artigiano, Pigmenti stupisce per la ricchezza di contenuti e per il suo essere multidisciplinare ma con un obiettivo univoco.
Davide, Michele e Andrea, che ho avuto la fortuna di conoscere meglio negli ultimi tempi, mi hanno raccontato la nascita del progetto in seno alla Serigrafia Tantemani, le idee e i fini del loro percorso, anticipando alcuni dei progetti in cantiere.
Conoscere realtà complesse ma altamente costruttive come quella di Pigmenti mi mette sempre di buon umore.
Ciao ragazzi, ci raccontate come sono nati la Serigrafia Tantemani e il progetto Pigmenti? E voi chi siete e come vi siete incontrati?
La serigrafia Tantemani nasce all’interno delle strutture della cooperativa sociale Patronato San Vincenzo con due obiettivi guida: essere un luogo educativo al mondo del lavoro da una parte ed essere una realtà produttiva attenta ai temi sociali, ambientali e lavorativi dall’altra. La sfida di coordinare i due percorsi con laboratori scolastici, stage e inserimenti lavorativi è il filo conduttore delle attività di questo laboratorio; metodologie sperimentali si intessono con l’artigianalità della stampa serigrafica manuale, adatta alle esperienze laboratoriali dei ragazzi e alla stampa su commissione nel mercato tradizionale.
Prima della serigrafia c’era il progetto educativo e formativo per ragazzi disabili, organizzato dalla scuola professionale del Patronato San Vincenzo di Bergamo. Michele faceva il docente in quel progetto. La serigrafia è nata come un piccolo laboratorio scolastico all’interno di quel corso specifico per ragazzi con difficoltà e poca autonomia. E poi si è ingrandita grazie anche ad un finanziamento che la scuola ha ottenuto.
Il laboratorio, a pochi mesi dalla sua apertura ha dato i natali al progetto Pigmenti, che ha subito varie evoluzioni.
Noi siamo in 3, Davide, Andrea e Michele. Ci conosciamo tutti dai tempi delle scuole, chi dalle medie, chi dalle superiori. Non abbiamo un percorso omogeneo, non siamo cresciuti insieme, ci siamo trovati e ritrovati tra scuola, politica, amicizia, e per qualche motivo, da qualche anno lavoriamo insieme… Questa eterogeneità di esperienze e di gusti (per dire, tra di noi c’è chi canticchia i Die Antwoord e chi Pietrangeli, certo tutti e tre amiamo Shameless o Sons of Anarchy ma queste non contano, sono proprio le basi di una convivenza culturale…) ci aiuta a non essere chiusi, a non imporre un’identità in modo troppo arrogante ma a mantenere un atteggiamento di apertura.
Qual è l’obiettivo principale di Pigmenti e quali sono le attività che porta avanti la vostra fucina?
L’obiettivo di Pigmenti è quello di concretizzare un approccio particolare al mondo dell’arte pubblica. La nostra bussola è quella di usare l’arte pubblica come un mezzo e non per forza come un fine produttivo. In questo modo riusciamo a dare valore ai processi che più ci interessano: di inclusione sociale, partecipativi, creativi, di cittadinanza attiva, di promozione culturale… Spostare il focus dal prodotto finito, che resta comunque fondamentale perché è il sedimento tangibile del percorso che hai fatto in quella comunità, alla qualità con cui arrivi a quel prodotto artistico.
Come Pigmenti lavoriamo quindi perlopiù a brevi residenze d’artista in cui, oltre a lavorare su muro, spesso si chiede agli artisti di tenere workshop per un passaggio di competenze al territorio, e di stampare con noi in serigrafia. I percorsi che attiviamo in queste mini-residenze sono molto diversi tra loro perché calibrati su obiettivi specifici e singole comunità di riferimento.
In modo sinergico portiamo avanti anche l’attività di Serigrafia Tantemani che si sviluppa su tre principali arterie di lavoro: la stampa su commissione che ci da la possibilità di ospitare in serigrafia ragazzi con diversi tipi di disagio e che hanno l’opportunità di fare un’esperienza di formazione e di lavoro protetto.
Un laboratorio, che teniamo tutte le mattine con un gruppo di ragazzi con disabilità, finalizzato all’acquisizione di competenze sui vari processi di stampa e alla sperimentazione nella produzione di prodotti serigrafici di vario tipo al centro dei quali si mette la creatività dei ragazzi, sostenuta e stimolata da noi e da vari artisti che collaborano con noi.
Il progetto Innumerevoli laboratorio narrativo e serigrafico per persone richiedenti asilo. Uno spazio in cui, attraverso il gesto grafico, superando quindi qualsiasi barriera conoscitiva o psicologica dell’utilizzo della lingua parlata o scritta, si aprono spiragli per il racconto di identità complesse, molteplici, innumerevoli appunto. Ogni gruppo frequenta il laboratorio per una settimana e arriva a disegnare e stampare un proprio autoritratto composto da segni e oggetti che fanno parte della sua storia.
In un periodo storico dedito alla velocità e alla produzione di massa, la serigrafia risulta uno spiraglio di artigianalità. Com’è nata la vostra passione e cosa rappresenta in un contesto come quello attuale?
In questo momento in cui tutto è così veloce, in cui anche le mode si mangiano le mode e le tendenze creano controtendenze, l’artigianalità rischia di essere per molti un trend. Vado al mercatino hipster dove ci sono i nuovi artigiani quasi fosse un appuntamento mondano e l’acquisto di quei prodotti ha una ricompensa sociale che è più simile a quella che si ha acquistando un vestito di qualche brand elitario e che non credo tenga conto davvero il modello produttivo che rappresenta nel nostro contesto iper-industriale. Triste. La nostra passione nasce dalla curiosità legata ad una forma di artigianalità che ci sembra contenere una grossa dose di creatività e dalla possibilità di utilizzo di questo sistema produttivo. Mi spiego, per noi artigianalità vuol dire soprattutto una modalità di lavoro inclusiva, capace di accogliere e relazionarsi anche con persone con disagi o disabilità. L’imperativo non è essere efficienti per produrre di più ma prestare attenzione a quello che fai, farlo con cura perché, che il risultato sia buono o meno, dipende dalla sequenza dei tuoi gesti, dai tempi che ti dai, dalle idee che hai, dalla precisione che ci metti. È un bell’esercizio, è formativo, è gratificante ed è umano. Quindi penso che quello che ci attrae dell’artigianalità e quello che oggi questa rappresenta, siano due concetti che non coincidono. Poi, oh, ai mercatini hipster a vendere le stampe e le magliette ci andiamo anche noi, lo ammetto!
Che rapporto avete con la città di Bergamo? Quali sono i legami tra la comunità, il vostro laboratorio e la street art?
I rapporti con la città sono stretti, simbiotici e si sviluppano su molti piani differenti. Il nostro laboratorio è inserito in una struttura che si chiama Patronato San Vincenzo e che è un punto di riferimento per la città per quanto riguarda l’accoglienza e i servizi per gli ultimi: homeless, immigrati, tossicodipendenti. Il far parte di questa realtà è fondante per la nostra identità e si riverbera sulla nostra azione in città. Il quartiere in cui si trova il laboratorio, quartiere Malpensata, è uno dei più interessanti e difficili di Bergamo, qui convivono anime diverse: case popolari, zone residenziali, zone dormitorio, nuovi ghetti, disagio e tossicodipendenze. L’intervento su questo quartiere è per noi una priorità e grazie al progetto con l’artista portoghese Samina, siamo riusciti ad allacciare i primi contatti con il quartiere coinvolgendo la comunità in modo attivo e aprendo una relazione. A livello cittadino siamo riconosciuti, anche dall’Amministrazione Comunale con cui collaboriamo, e questo ci da sicuramente agibilità e ci facilita le cose. In questo quadro di riconoscimento la cosa interessante che proviamo a fare è lavorare con micro-comunità che siano di quartiere, di zona, giovani o meno giovani. Segmentare il più possibile per essere davvero site-specific dove per noi il luogo non è tanto quello fisico ma quello sociale.
Dalla nascita di Serigrafia Tantemani e Pigmenti, avete portato avanti molti progetti legati alla street art e al coinvolgimento sociale. Tra questi un appuntamento italiano del progetto INSIDEOUT, diversi laboratori con i ragazzi delle scuole o altri mirati all’inserimento sociale e quello di arte pubblica, come per esempio Creature Urbane. Qual è il progetto che vi ha dato maggiore soddisfazione?
Ahahahah, dai, i progetti che abbiamo fatto sono tutti piezz’e core, non possiamo preferirne uno! Diciamo che sicuramente ce ne sono alcuni di cui abbiamo sentito in modo più netto il senso. Uno di questi è l’intervento di Samina al quartiere Malpensata, in cui i residenti hanno scelto 10 volti di altrettanti abitanti del quartiere che, secondo loro, si erano distinti per essersi spesi per il bene comune del quartiere. Li hanno fotografati e Samina ne ha fatto degli stencil che poi abbiamo realizzato con gli abitanti stessi. Mi vengono in mente i due laboratori con Nemo’s e Collettivo FX con due gruppi di neo-diciottenni sul tema della Costituzione, molto attuale, ficcante, necessario. O ancora il muro realizzato con Francisco Bosoletti in occasione della riapertura dell’Accademia Carrara, pinacoteca bergamasca famosa in tutto il mondo restata chiusa per 8 anni. Bosoletti ha scelto uno dei ritratti del ‘500 esposti e ne ha dato una sua versione su muro. L’opera ha avuto un impatto sulla città talmente forte, un feedback positivo, quasi rispondesse ad un bisogno che non abbiamo decifrato fino in fondo, che ci ha sorpreso, quasi colto impreparati. Ce ne sarebbero anche altri…
Uno dei valori di Pigmenti è quello di offrire agli artisti, non solo uno spazio per realizzare stampe serigrafiche di alta qualità, ma la possibilità di un approccio concreto e personale. Pigmenti, nella Serigrafia Tantemani, ospita spesso artisti per seguire da vicino la realizzazione delle stampe ed entrare in contatto con il territorio e le persone che lo abitano. Chi sono gli artisti, come nascono le collaborazioni e come si svolgono?
Le nostre scelte non sono guidate dalle logiche del mercato dell’arte, non ci interessa chi è più o meno quotato, chi ci darà più o meno visibilità, questo, ancora prima di qualsiasi riflessione sulle storture del sistema, banalmente perché noi non veniamo da quel mondo, non ne facciamo parte e non lo conosciamo nemmeno così bene. La logica con cui scegliamo gli artisti con cui collaborare è sempre molto tarata sul progetto che vogliamo realizzare. Cerchiamo l’artista con un’estetica che possa relazionarsi nel migliore dei modi con la comunità nella quale andiamo ad intervenire e che, oltre a qualità artistiche, abbia anche una grande disponibilità al dialogo, all’ascolto, che sappia rendere attive e partecipi le persone che incontrerà. Qualcuno che non arrivi con un pacchetto di lavoro pre-confezionato ma che davvero si relazioni con il luogo in cui si trova e la cui elaborazione artistica parta anche da questa relazione. Di solito imbastiamo un progetto, un’idea di intervento, cerchiamo una copertura economica per realizzarlo e, se la troviamo, contattiamo l’artista che pensiamo possa fare al caso nostro. Le collaborazioni possono essere di vario tipo; per noi la struttura migliore è quella che prevede che l’artista resti per almeno 7-10 giorni a Bergamo, realizzi un intervento in città, conduca un workshop e stampi con noi in serigrafia. Per quanto riguarda la stampa, la presenza dell’artista ti consente di lavorare in modo ancora più creativo, puoi far disegnare l’artista direttamente su acetato, puoi sperimentare con inchiostri e tecniche, puoi scegliere con lui i colori andando a crearli insieme, può lavorare sugli sfondi prima della stampa o sulle stampe a posteriori rendendo ogni pezzo unico. Insomma, è tutta un’altra cosa!
State lavorando a un paio di progetti molto interessanti, uno di questi è Public Art Revolution e poi, ce ne sono altri sempre realizzati a stretto contatto con artisti e altre realtà. Raccontateci cosa avete in programma.
Public Art Revolution è pensato come un supporto per progetti di arte pubblica. In particolare l’idea è quella di facilitare l’accesso allo strumento del crowdfunding come fonte di finanziamento di progetti artistici dal basso. Abbiamo creato Public Art Revolution perché possa sostenere progetti che prescindono, per quanto è possibile, dalle logiche del grande mercato dell’arte, e che traggano forza e motivazione dalle persone. Progetti che siano in qualche modo vincolati alla condivisione di un’urgenza piuttosto che di un interesse. In pratica se hai un progetto di arte pubblica che vuoi realizzare noi ci impegniamo a sostenerti in termini di realizzazione della campagna, delle ricompense e di comunicazione.
Il 3 ottobre è partita la prima sperimentazione, abbiamo deciso di iniziare con un progetto nostro per poterci tarare al meglio: si tratta di una campagna per la nuova edizione del progetto Innumerevoli. L’obiettivo è quello di realizzare un laboratorio con un gruppo di richiedenti asilo guidato dall’artista Geometric Bang e assumere come mediatore per tutta la durata del percorso annuale un richiedente asilo, conosciuto l’anno scorso proprio nell’ambito di questo progetto, che nel suo paese natio, il Burkina Faso, lavorava come serigrafo. Su questo vi chiediamo volentieri un supporto, potete trovare la campagna a questo link: www.produzionidalbasso.com/project/innumerevoli-laboratorio-serigrafico-per-richiedenti-asilo. Abbiamo chiesto ad alcuni artisti di darci una mano perché pensiamo che questo progetto valga davvero la pena e in modo molto generoso si sono messi a disposizione, siamo così riusciti a proporre tra le ricompense per chi farà una donazione alla campagna una serie di 50 stampe di Orticanoodles, su cui gli artisti sono poi intervenuti rendendole pezzi unici, una tela di Nemo’s, una maglietta di Alfano, una di Geometric Bang e altro ancora.
Oltre a questo stiamo per ospitare Frederico Draw che realizzerà un muro su Gaetano Donizetti, celebre compositore bergamasco. L’intervento fa parte del progetto triennale Oltrevisioni che ci vede partner insieme a Comune di Bergamo, GAMEC e HG80, e mira, attraverso l’arte pubblica, ad avvicinare i giovani alla fruizione di alcuni segmenti dell’offerta culturale cittadina che fino ad oggi sono stati sottovalutati o che forse sono stati poco in grado di parlare alle nuove generazioni. Questo progetto si concluderà a marzo 2017 quando ospiteremo Zesar Bahamonte che invece realizzerà un muro sul jazz in collaborazione con il Festival Bergamo Jazz. In quell’occasione organizzeremo un concerto di jazz sperimentale di Tino Tracanna, grande sassofonista italiano, e Bonnot, produttore tra gli altri di Assalti Frontali, durante il quale l’artista realizzerà un live painting.
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