Intervista ad Alessandro Gottardo, maestro della concettualità
Alessandro Gottardo, anche conosciuto come Shout, è uno degli illustratori italiani più amati a livello internazionale. Negli ultimi anni ha collaborato con numerose riviste internazionali e in Italia con Wired e la casa editrice Minimum Fax. Il 25 ottobre presso gli spazi del Chiericati Underground, a Vicenza, si terrà una personale che ripercorre la sua carriera e per conoscerlo meglio prima dell’evento ci abbiamo chiacchierato un po’.
Ciao Alessandro, raccontaci come ti sei avvicinato all’illustrazione e a che punto del tuo percorso credi di essere in questo momento?
Dopo il diploma del liceo artistico cercavo un modo di far trasformare in professione ciò che avevo imparato al liceo. Mi sono iscritto quindi allo IED di Milano dove tenevano un corso di illustrazione. L’Istituto mi ha introdotto al mestiere, il resto l’ho imparato sul campo. Al momento va tutto bene, non saprei dire cosa mi aspetto dal futuro. Anno per anno cerco sempre di aggiungere qualcosa sia in termini creativi che imprenditoriali, cerco di non rimanere mai fermo.
Ogni espressione artistica si nutre delle esperienze e probabilmente dell’ambiente in cui vive chi la produce, mi viene da pensare che l’illustrazione sia ancor più sensibile a questi fattori. Cosa condiziona maggiormente la tua produzione artistica?
Penso la tua osservazione sia giusta, sono giunto anche io alla conclusione che tutto ciò che faccio condiziona il mio lavoro di creativo. Da un viaggio a una foto vista su un giornale, a un romanzo che ho letto, a un video visto su internet, a una traccia musicale, a un piatto di spaghetti al pomodoro. È banale ed anche altisonante, ma credo che la mia vita sia la mia fonte di ispirazione.
Tutti ti cercano tutti ti vogliono, sei ormai una rockstar dell’illustrazione. Come ha cambiato la tua vita privata tutto questo?
In nessun modo. È buffo, ma credo che i social deformino completamente le percezioni che abbiamo. Forse sono noto tra gli illustratori e tra gli appassionati di illustrazione, ma al di la di questo ristretto gruppo di persone, quanti sanno cosa fa un illustratore? Facebook può essere un contenitore di micromondi dove l’unica religione praticata è solo quella condivisa dal gruppo. Così succede che se sei appassionato di birdwatching, nella tua pagina probabilmente ci saranno soprattutto appassionati di birdwatching, ecco che cominci a pensare che tutti, in questo mondo, siano appassionati dal birdwatching. Mia moglie è ricercatore scientifico e spesso frequento persone non creative: ti assicuro che è sempre un’impresa spiegare cosa faccio per vivere. Spesso taglio corto e dico generalmente “grafico”, in modo da aiutare l’interlocutore a collocarmi senza fatica da qualche parte. Per cui non c’è nessuna rockstar, è difficile montarsi la testa facendo questo lavoro e penso sia un bene, ti aiuta a mantenerti con i piedi per terra e a dare la giusta importanza a quello che fai.
Il 25 ottobre verrà inaugurata la mostra “Alessandro Gottardo Selected Works” che, come sottolinea la nota a margine nel manifesto ufficiale “in arte Shout”, rappresenta un excursus sulla tua carriera. Cosa si prova a guardare indietro e cosa a veder celebrato il proprio lavoro alla tua giovane età?
Nella mostra di Vicenza saranno presenti non solo i lavori che ho realizzato sotto lo pseudonimo di Shout (che rappresenta il 98% di quello che faccio oggi), ma anche progetti che ho firmato con il mio vero nome, per cui sembrava più logico che fosse il mio vero nome il comune denominatore della mia produzione piuttosto che il contrario.
Riguardo alla celebrazione, penso ci sia stata una confluenza di coincidenze, anche fortuite, che abbiano portato ad organizzare questa personale. Illustri del 2013 è stata una mostra di rimpiazzo per un’altra che è saltata all’ultimo momento. Il successo che ha avuto ha dato credibilità a questo settore portando nuovi sponsor e nuovi spazi e alla creazione della biennale sotto il marchio di Illustri. Quest’anno era in programma l’uscita della mia nuova monografia e il pubblico lo scorso anno ha accolto molto bene il mio lavoro, per cui si sono create le basi per poter fare questa personale, un’opportunità per il Comune di continuare sul solco dello scorso anno e creare un ponte con l’evento del prossimo anno.
Sono anche consapevole che sia bizzarro avere già due monografie all’attivo a 37 anni, ma è un’opportunità che mi è stata data e che non ho voluto perdere. La fortuna ha avuto una grossa parte in tutto questo. Franco Cervi, il proprietario della casa editrice 279, non è un semplice editore: è designer, grafico, tecnico di stampa, è il Kubrik del settore, maniaco della perfezione. Nemmeno gli spazi tra le lettere dei testi del libro sono messi a caso. Una volta si fece tre turni di stampa senza dormire per più di 24 ore per poter seguire le fasi di stampa di un suo libro. In quanti al mondo lo fanno? Averlo incontrato è stata una coincidenza e una fortuna. Tutti i lavori esposti e le pubblicazioni di Vicenza sono stati prodotti da lui, a sola eccezione degli originali a penna bic. La qualità del mio lavoro esposto, e quindi dell’attenzione che ha avuto, dipende molto anche da questo incontro. Poi penso certamente ci sia un risveglio rispetto a questo settore in Italia, da qualche anno si è messo in moto questo percorso, Ale Giorgini se n’è accorto e Vicenza ci ha creduto con lui. Credo che aver delocalizzato l’illustrazione a Vicenza dalle grandi città sia poi stata una delle vere chiavi del suo successo. Se Milano avesse la Basilica Palladiana pensi farebbe una collettiva di illustratori? Se Roma avesse palazzo Chiericati pensi farebbe una mia personale? Lo snobismo che c’è e rimane verso il nostro mestiere nelle grandi città italiane, non c’è a Vicenza. E fortuna nostra Vicenza è una città meravigliosa, piena di spazi che levano il fiato (a prescindere da quello che ci metti dentro). La cosa che mi ha fatto più felice è vedere Giorgini, Yourban e il comune di Vicenza aver vinto la loro scommessa tra lo stupore generale e, giustamente, ora raccoglierne i risultati. Ho visto i più importanti eventi legati all’illustrazione negli Stati Uniti, in Europa e in Asia e nessuno di loro si è minimamente avvicinato ad Illustri in Basilica del 2013.
Collaborando con numerose riviste spesso ti troverai a lavorare contemporaneamente e velocemente sui vari progetti. Come affronti una commissione e come riesci a portare a casa il risultato?
In effetti è la parte più difficile. Lavorare a più progetti in contemporanea è necessario per chi fa libera professione, per uno studio di comunicazione significa dividere i progetti a più persone, per un illustratore significa fare tutto da solo. È schizofrenia pura, copertina di un libro + app per Ipad + illustrazione per articolo sull’Isis + campagna per amex + animazione hermes eccetera… Il mestiere ti aiuta in questo: paradossalmente più lavori fai e più veloce diventi. Il problema è quando sei talmente veloce che ti ritrovi con 10 e più progetti da sbrigare in contemporanea e fai a fatica a ricordare cosa devi fare per chi. A quel punto l’organizzazione e l’ordine sono essenziali. Ho sentito spesso della programmazione meticolosa di alcuni romanzieri alla costruzione del loro libro, per loro come per me la parte meno creativa e più pragmatica è importantissima. Al contrario quando comincio a vedere la luce fuori dal tunnel e mi ritrovo magari con solo due o tre progetti da finire, vado fuori giri, come se corressi a vuoto e divento meno creativo. La commessa in ogni caso si porta a casa con il mestiere, soprattutto, poi con la testa e poi con la mano.
Tra gli oggetti smarriti c’è uno zaino, è il tuo, cosa c’è dentro?
Le numerose macchine fotografiche Nikon che ho seminato per il mondo. Se ritrovassi quella del viaggio in Giappone mi basterebbe, con lei ho perso l’intero e unico rullino di quel viaggio.
Come siamo messi con l’illustrazione in Italia e cosa succede nel resto del mondo? E, a proposito di illustrazione, ci consigli qualche collega che trovi particolarmente interessante?
In Italia sicuramente si sta svegliando qualcosa, molti blog di informazione oggi postano servizi di illustrazione che a loro volta provengono dai social. Credo che i veri effetti di questo cambiamento però si vedranno più avanti. Quando molti di quei 25.000 ragazzi che sono venuti a Vicenza lo scorso anno avranno 35 o 40 anni e magari con loro crescerà la notorietà e l’identità di questo settore. Probabilmente chi godrà di questa primavera dell’illustrazioni nelle arti visive saranno soprattutto coloro che sono ai licei artistici in questo momento e magari arriveranno sul mercato quando il mercato sarà pronto ad accoglierli. Gli Stati Uniti tuttavia rimangono lontani in termini di considerazione e utilizzo dell’illustrazione, ma fortunatamente sono vicini grazie a Internet.
Ho già detto in un’altra intervista che l’illustrazione è uno dei mestieri più moderni che ci siano. In una società che comunica per immagini piuttosto che a parole quanti altri mestieri rappresentano lo specchio del nostro tempo quanto quello dell’illustratore? Quanti altri mestieri racchiudono nel comune denominatore le parole: globalizzazione, internazionalità, libero mercato, libero professionista, creatività, velocità, digitale, immagini, comunicazione. Quanti sono i mestieri che puoi fare da qualsiasi paese nel mondo per qualsiasi paese nel mondo dipendendo unicamente da te stesso?
Come nome interessanti te ne darei 3 stranieri e curiosamente tutti asiatici: JooHee Yoon, Ping Zhu e Moonassi, quest’ultimo direi decisamente più artista e quello che trovo al momento più interessante in assoluto.
In un mondo in cui vige il caos dettato dalla fibra ottica e dai social network come sono cambiate le cose per l’illustrazione? Poca qualità e tanta quantità, oppure vince ancora il talento?
Come forse saprai io non ho più pagine Facebook, né Twitter da qualche anno, e quando le avevo praticamente non le usavo. L’unico social che uso ancora è Instagram, dove però posto solo foto che sono poi un archivio personale che frequentemente uso per lavoro. Questo non per dire, “guardami quanto sono bravo che ce la faccio senza i social”, ma solo per dire che i social non sono indispensabili. Forse per me è stato più “semplice” dato che faccio questo mestiere da ben prima che nascesse facebook, ma quando cominciai io nel 2000 c’era solo la DSL e non tutto il mondo era ancora connesso.
In ogni caso penso che se quello che fai è buono, alla fine nei social ci finisce ugualmente e in maniera più democratica. Penso che i social, come internet, siano uno strumento molto utile per condividere e farsi conoscere, se quello che fai è buono raccogli bene altrimenti non raccogli niente. Per cui è sempre il talento che vince unito al buon senso e a una spiccata autocritica che ti dovrebbe impedire di condividere lavori mediocri o almeno evitare di lasciarti illudere dal numero di like che li tramutano in capolavori.
E infine, domanda di rito, quali sono i progetti per il futuro, cambierà qualcosa nella tua vita o nella tua carriera?
Progetti lavorativi ne ho un pò sulla scrivania, ma nulla che valga la pena di condividere. Progetti collaterali alla mia attività, una mostra ad Amburgo nel 2015 dove porterò delle illustrazioni/cartoline della città realizzate dopo un soggiorno di due settimane ad Aprile di quest’anno. Il tutto nell’ambito di Postkarten, un evento progettato e ideato da Giulia Mirandola in collaborazione con il Goethe Institute di Roma. Un progetto bello e stimolante che spero verrà bene accolto.Ho un triplice viaggio a New York per una collaborazione con la Society of Illustrators che mi vedrà impegnato da Novembre a Febbraio. E chissà magari riusciremo a portare la personale di Vicenza da qualche parte. Ma tutto sommato non penso cambierà molto.
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