Italians in Europe | Paolo da Beirut
Per la nostra rubrica esterofila, vi presentiamo questa volta Paolo, italiano ma residente a Beirut. È vero, è vero, siamo nella rubrica Italians in Europe e Paolo è in Libano, ma questo piccolo paese, che è stato protagonista dell’antichità , i cui abitanti,( i famosi Fenici, ve li ricordate?) hanno solcato il Mar Mediterraneo per fondare tante colonie anche in Italia, forse ci assomiglia più di quanto possiamo immaginare. Ci ha interessato il discorso che Paolo fa sulle affinità tra gli Europei mediterranei e i Libanesi, non bisogna dimenticare che nel paese esiste un’attrazione molto forte alla mentalità occidentale, che si cerca di acquisire man mano (nel bene e nel male). E poi ci siamo chiesti: quando ci ricapita di avere un amico in Libano e di poterlo intervistare?
ziguline: Ciao Paolo, anche tu lontano dalla madre patria, esattamente da dove sei partito?
Paolo: Nasco e cresco (credo) a Napoli. Primo lavoro a Roma e dopo qualche anno di girovagare tra Italia, Macedonia e Palestina, mi ritrovo qui in Libano.
ziguline: Quant’è che sei lì?
Paolo: Da inizio Novembre 2008. Molto. Qualche volta mi sembra anche troppo.
ziguline: Quale il motivo che ti ha spinto ad andare via, semplice necessità o ricerca di qualcosa di nuovo e stimolante?
Paolo: Fondamentalmente la possibilità di vivere e conoscere posti nuovi e improbabili dove, se non grazie al lavoro, non sarei potuto andare in altro modo, l’attrazione per contesti diversi e l’idea che ogni volta che si cambia posto, paese e società in qualche modo hai la possibilità di continuare la tua vita adeguandola a quello che trovi, oppure anche di ricominciare quasi da zero conservando quanto di buono pensi di aver portato con te.
ziguline: Cosa facevi in Italia prima di partire e cosa fai di bello ora a Beirut?
Paolo: In Italia sperperavo i soldi rimasti dai lavori precedenti in attesa di qualcosa di nuovo, qui in Libano lavoro su due progetti ambientali, di cui uno in particolare mi permette di poter visitare aree naturali protette davvero belle, e ossigenate rispetto alla pressione di una megalopoli come Beirut, anche se in fondo è più piccola di Napoli, e non è poco…
ziguline: Cosa pensi abbia di “occidentale” la città in cui vivi adesso?
Paolo: Beirut ha in qualche modo selezionato da varie parti del mondo, in cui tanti libanesi sono emigrati durante la guerra civile (Australia, Francia, Inghilterra, USA, Canada), quello che riteneva interessante. Il risultato è una città tamarra. Nazionalismo, anche se basato sul cedro, simbolo nazionale, e su Feyrouz, cantante/icona degli anni ‘60 e ‘70, probabilmente l’unica figura pubblica capace di mettere tutti d’accordo (personalmente la trovo inascoltabile). Si va dai megagrattacieli, ai SUV con musica al massimo, possibilmente unz-unz, centinaia di locali tutti uguali a se stessi con happy-hour, Buddha Bar, boutique di Bulgari, ristoranti di altissimo profilo, tutto per una ristretta elite o per chi come tanti sceglie di spendere tutto quello che guadagna in un solo fine settimana, ricerca dell’effimero e del farsi da sé per arrivare, anche se ancora non ho capito dove, e penso neanche loro. E in qualche posto sanno anche fare la pizza!
ziguline: Lo spirito occidentale pensi che sia più cercato, quindi fittizio (mi riferisco ai palazzoni con le boutique di lusso), o sia una necessità sentita in particolare dai ragazzi?
Paolo: Entrambe le cose. La movida di Beirut è impressionante e segue tre linee: il giro dell’Università Americana, dove si parla strettamente inglese e si organizzano barbecue semi-intellettualoidi su terrazzi o mostre/performance di “talentuosi” artisti; gli alternativi, concentrati in due tre locali nella città, dove si può trovare dalla serata di cucina e musica “etnica” all’esibizione di rapper dei campi profughi palestinesi che, vestiti con catenacci e canottiere da basket americano, raccolgono fondi cantando inni che incitano ad ammazzare gli ebrei e dar fuoco a Israele; e alla fine, ma sono la stragrande maggioranza, i supertamarri per i quali la città offre qualsiasi servizio possibile, microlocali con le ultime canzoni del momento dove sudare assieme a centinaia di persone, discoteche, night club, perfino il Casinò. Non è un caso che Mika, libanese di origine, sia considerato una nuova icona…
ziguline: A parte il lavoro dov’è che vai la sera o nel fine settimana?
Paolo: Pur non avendo la macchina cerco sempre di uscire da Beirut per…respirare. La sera un aperitivo, due chiacchiere e musica bassa in un locale carino è la cosa migliore da poter fare; quest’estate andavo ad ascoltare jazz dal vivo all’aperto in una strada del centro, sessioni organizzate da una pasticceria!…insomma, le offerte sono molte, ma molto selettive, si tratta di averne voglia o meno, soprattutto ci si chiude nei locali, anche se clima e spazi sarebbero adattissimi per una vita serale in strada. Poi possibilmente nel fine settimana vado fuori città, quando posso in montagna, posti meravigliosi, ottimo cibo e gente decisamente meno alienata e più cordiale rispetto a Beirut!!
ziguline: Sei riuscito a conoscere persone del posto e a capire quali sono le loro abitudini?
Paolo: Le abitudini sono più o meno quelle che ti ho descritto, con una netta differenza tra Beirut e qualsiasi altro posto del paese. E’ la capitale ad avere queste dinamiche e questo tipo di vita, appena fuori riesci a ricordarti che sei in un paese mediorientale, in un paese che conosce ancora difficoltà sociali, economiche e politiche dure, e soprattutto ad apprezzare gente semplice e che ha voglia di sapere e di farti sapere.
ziguline: Dove ci consigli di andare casomai ci trovassimo da quelle parti?
Paolo: A Beirut il Restaurant Le Chef, quartiere Gemmayzeh, nato all’inizio degli anni 60 nei locali di un ex-negozio di tessuti; il padrone è un personaggio eccezionale e per poco si mangia onestissimamente e poi una visita serale antropologica nella stessa zona. La valle di Kadisha (sito dell’UNESCO) e la riserva di Ehden, sulle montagne a nord di Beiruti; il palazzo di Beiteddine, di enorme bellezza, a sud-est di Beirut; Tiro, città del sud con splendido mare e in cui si trova l’unico ippodromo di epoca romana completamente intatto . E poi i tantissimi festival di musica concentrati tra Maggio e Agosto organizzati ovunque nel paese. Suggerisco il festival di Beiteddine (www.beiteddine.org) a luglio, quest’anno Emir Kusturica e Madeleine Peyroux; il Baalbeck International Festival (www.baalbeck.org.lb), tra Luglio e Agosto, in mezzo a splendide rovine romane nella città baluardo di Hezbollah, un festival anomalo che in cartellone aveva dai Deep Purple, al Ron Carter Quintet fino alla Traviata;e poi altri festival di musica internazionale (a Luglio c’erano i Jethro Tull al festival di Byblos) e soprattutto locale. Al festival di Deir el Qamar ho assistito a uno splendido concerto di Charbel Rouhana, musicista e cantante dai toni fortemente orientali di grande interesse rispetto alla media musica araba, che personalmente trovo piuttosto noiosa alla lunga.
ziguline: Quali sono le cose che più ti piacciono di Beirut e quelle che non ti vanno giù per niente?
Paolo: Mi piace il cibo, la vitalità della gente, la capacità di reagire sempre e comunque a qualsiasi situazione, come dimostrato negli ultimi 30 anni, la vivacità culturale, il narghilé, il dialetto locale che alla base di arabo mischia parole in inglese e francese, qualcuno mi ha detto che è l’unico dialetto trilingue del mondo arabo, scientificamente definito schizoide. Non sopporto l’ossessiva ricerca della modernità, l’essere alla moda nel senso più eccessivo possibile, il traffico e il modo di guidare, il non dare peso alla propria storia scritta nei palazzi ancora martoriati di pallottole, alla propria situazione e quindi a cosa vorrebbero per il loro paese. Ma il peggio che hanno preso dall’occidente è lo snobbismo sul tipo francese, un modo di fare che meriterebbe dei pugni!
ziguline: Pensi di restare ancora per molto o di scappare appena possibile?
Paolo:A Natale di sicuro torno a casa a Napoli…poi vado avanti a punti interrogativi.