Italians in Europe | Pedro da Londra
Dopo un periodo di silenzio stampa torna la nostra rubrica “esterofila” che indaga sui giovani italiani che si spostano in altre parti d’Europa, o del mondo all’occorrenza, in cerca di qualcosa di diverso. Abbiamo fatto una chiacchierata con Pedro, un giovane artista originario della città di Salerno che per un anno e mezzo è stato un englishman in London immergendosi nella multiculturalità e godendosi il più possibile l’arte, la musica e il fascino di una città che, a parte il tempo atmosferico, piace davvero a tutti e sa accontentare davvero tutti. Pedro è italiano, ha vissuto in Inghilterra e ha un nome spagnolo. Vediamo cos’ha da raccontarci della sua esperienza da Italian in Europe nella capitale inglese.
Ciao Pedro, mi racconti chi sei, da dove vieni e dove vai?
Boh! Sono un essere umano e vengo da dove viene tutto il resto. La storia di ognuno di noi si perde con quella dell’universo. E poi vengo da Salerno e vado dove mi porta la mia ricerca artistica.
Come hai vissuto una delle città più interessanti d’Europa?
Mah, guadagnando bene l’ho vissuta nella maniera migliore. Viverla nella povertà deve essere terribile, Londra è una città grande e quindi a volte può essere ostile. Ho visto cose nuove, ho conosciuto tanto. È una città davvero interessante perché ti offre tantissimo, poi ci sono mille culture diverse, persone con background differenti.
Che facevi di sera, ragazzaccio!?
Sono molto sensibile alle condizioni atmosferiche quindi evitavo l’aria aperta. Se faceva freddo, stavo in casa o andavo in posti dove c’erano eventi che m’interessavano. Molto spesso andavo ai concerti oppure a eventi legati al mio campo, cioè performance di visual art e spesso nelle dance hall di musica reggae, che amo molto. Anche la vita in casa però è molto bella. Avendo tanti amici e una casa mia avevo la possibilità di organizzarmi per vedere dei film con il proiettore. Poi avevo un terrazzo bellissimo da dove si potevano guardare le stelle. In generale, Londra ti offre cose molto diverse tra di loro, dalla serata al pub, al locale con dj che mettono musica di tutti i tipi.
Vita notturna a parte, so che ti occupi di video-arte, raccontaci del tuo lavoro e dei tuoi progetti passati e futuri.
Ho studiato allo IED di Milano che mi ha introdotto alla computer grafica. Con il mio amico Natan Sinigaglia ci occupiamo di visual music o meglio live visual music, in quanto noi lo facciamo dal vivo. Il nostro è un approccio parecchio diverso, poiché la visual music è nata già agli inizi del ventesimo secolo con cineasti sperimentali che facevano animazione astratta sulla musica, noi la stiamo facendo live, suonando degli strumenti e generando delle immagini dal vivo. Si tratta di un approccio generativo, in quanto per realizzarle usiamo il codice per la programmazione creativa e quindi c’è tutta un componente imprevedibile, nel senso che noi stessi non abbiamo il controllo al cento per di quello che accade. Sono ambienti con delle regole che reagiscono alla nostra interazione, ma che mostrano anche dei risultati inaspettati sia nelle immagini sia nei suoni. Si tratta di un gioco d’interazione tra noi esseri umani e il sistema operativo in sé che agisce in tempo reale e crea cose sempre nuove. Alla base c’è la sinestesia nella relazione tra immagini e suoni. Il nostro primo progetto è stato Abstract Birds, di cui Celeste Motus è il primo lavoro che abbiamo presentato al Celeste Prize di Berlino e che ha vinto un premio. La cosa curiosa è che è stata la nostra prima esibizione vera e propria. Il progetto è tuttora attivo, siamo stati il mese scorso a Bologna per il Robot Festival e ultimamente a Sentieri Barocchi a Montella. Abbiamo trovato dei fondi per sviluppare il progetto e abbiamo cominciato i nostri spettacoli in Francia, a Parigi con il progetto Genesi. Faremo diversi spettacoli a Utrecht e Parigi. Purtroppo in Italia non lavoriamo molto, anzi davvero poco, perché è più difficile, è assurdo.
Credo che per quanto riguardi la tua attività Londra ti offra di più dell’Italia, mi sbaglio?
Inevitabilmente sì. Quello di cui mi occupo è abbastanza nuovo quindi è evidente di sì. Ci sono molte più opportunità che in Italia.
Quali sono le differenze culturali che ti sono pesate di più?
Nessuna, Londra è estremamente tollerante. Forse l’unica differenza che si nota subito, ma che in fondo non mi è pesata, è la loro concezione di tempo. Il tempo “è molto più denaro”. Danno molto meno valore al cibo, per esempio mangiano anche per strada o nella metropolitana. Comunque a Londra finisci per sentirti a casa perché molto aperta. Per esempio, il fatto che porto i dread, a Londra non è per niente rivelante mentre in Italia, anche in città più grandi, mi guardano sempre in modo strano.
Qual è il posto più bello di Londra dove consiglieresti a tutti di andare?
La cosa più bella di Londra sono i parchi, ce ne sono di bellissimi. Se dovessi consigliare un parco in particolare, ti direi Primrose Hill dove salendo su una collina puoi vedere tutta la skyline della città.
Cosa ti è mancato di più dell’Italia, a parte il cibo e il sole ovviamente?
Cibo, sole e mare. Forse sole e mare per primi perché, vivendo con due ragazzi italiani, facevamo spedizioni di pacchi di cibo dall’Italia e alla fine a casa mangiavamo italiano e quindi bene. Poi ovviamente la mia famiglia e alcuni amici cari che non potevo vedere. Tengo molto alle relazioni.
Come sono gli inglesi? Sei riuscito a integrarti?
Sì, abbastanza facilmente. Avendo amici nativi londinesi ero avvantaggiato, avevo una sorta di “lasciapassare”. Poi bisogna fare una distinzione tra londinesi e inglesi, perché Londra è un mondo a parte. Per i londinesi è più facile vedere gente molto diversa e quindi è facile entrarci in contatto.
Perché sei partito e soprattutto, come mai sei tornato?
Ero a Francoforte per uno stage e ho conosciuto una persona che stava aprendo uno studio a Londra che mi ha proposto di andare a lavorare con lui. Lo studio sarebbe potuto essere in qualsiasi altra parte del mondo. È stato un caso che la città fosse quella, non l’ho scelto, ma sono stato comunque molto felice di andarci. Sono andato via perché ero stufo di fare un lavoro del genere, volevo dedicarmi all’arte, infatti, tornerò presto a Londra per un progetto artistico.
L’ombrello l’hai lasciato lì o te lo sei portato dietro?
Non ce l’avevo l’ombrello, infatti, mi sono preso un sacco di acqua addosso.
Quali sono state le sensazioni che provi da quando sei tornato? Cosa ti ha lasciato quest’esperienza?
Quando torni ti rendi conto di quanto sia limitata l’Italia, ma allo stesso tempo apprezzi di più alcune cose che davi per scontate come per esempio la famiglia, gli amici, il clima e il cibo.
Ciao Pedro salutaci Salerno, Roma, Londra, Berlino, Madrid, Parigi o qualsiasi altra città in cui ti trovi adesso.
Tutto il mondo è paese. Puoi viaggiare quanto vuoi ma bisogna stare bene innanzitutto dentro di sè. Ciao.
[Pedro Mari]
Per saperne di più:
http://www.behance.net/defetto/frame
http://www.vimeo.com/defetto
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Tutti i viaggiatori della speranza sono pane per nostri denti, quindi contattateci per raccontare la vostra esperienza di Italians in Europe (even in the world).