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It’s time to get a job| Jon John a body art performer

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Eccoci ritornati dopo l’intervista a Eve La Plume, con la nostra rubrica dedicata alla ricerca delle “nuove professioni” contro la crisi. In questi giorni si sente dire che il peggio è passato e che si cominciano ad intravedere i segni della ripresa. Sarà, ma noi non ci fidiamo più di tanto di quello che ci dicono i telegiornali e proseguiamo nella nostra ricerca con la speranza che le nostre interviste possano servirvi da spunto per intraprendere una nuova carriera alla faccia dell’azienda che vi ha appena mollati. Oggi incontriamo un’esponente della cosiddetta “body art” o “extreme body art” o ancora “body modification art”. Insomma, Jon John, questo il suo nome d’arte è uno che ha fatto del proprio corpo il proprio mezzo espressivo e la propria “azienda”. Se vi ricordate ne avevamo parlato anche in occasione dell’intervista a Macro in “Quando il corpo dà spettacolo“. Ascoltate bene e prendete appunti, questa potrebbe essere la vostra chance.

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courtesy Jon John

Comincerei col chiederti cos’è che non va con il tuo corpo, o meglio cosa ti ha fatto per meritarsi questo trattamento da parte tua?

Non c’è niente che non vada col mio corpo e ti ringrazio che tu abbia cominciato con questa domanda. Gran parte del mio lavoro consiste nel dimostrare quanto possa essere soggettivo e sovversivo il concetto di bellezza e con questa domanda stai confermando quanto ho appena detto. Vorrei chiarire alcune cose. Tu devi tener bene in mente queste due cose: ciò che siamo e ciò che abbiamo. Io ho iniziato alcune modificazioni fisiologiche, nelle quali io sono l’attore, io il tecnico ed io il direttore, proprio come in uno show. A me interessa presentare un altro concetto di bellezza diverso da quello che ci viene tradizionalmente proposto. Anche nelle civiltà del passato il sangue era parte dello show. Non è questione di provocazione, io vorrei mostrare un’alternativa alla estetica convenzionale. Il procedimento a cui io ricorro è giustificato da una necessità di condivisione. Se voglio che queste modificazioni esistano è necessario che io le esegua di fronte ad un pubblico. Non posso farlo in privato altrimenti si tratterebbe solo di una sorta di cerimonia. Il mio lavoro è una testimonianza, un esempio, una prova. In questo modo è come se trasformassi il mio corpo in un tempio, sacro e pubblico.

Quand’è che ti sei esibito ultimamente e dove?

La mia ultima performance l’ho fatta lo scorso 6 novembre. E’ stato veramente un grande evento chiamato ACT ART, eravamo cento artisti (40 performers) in una sola notte.

Ti sei esibito molto quest’anno?

Si, è in molti casi si è trattato di eventi di alta qualità, probabilmente questo è stato il mio anno migliore.

Dal moment o in cui le tue performance implicano l’”uso” del tuo corpo, pensi che ci sia un limite al numero di esibizioni che tu possa fare in un mese? Voglio dire, sei sempre un essere umano.

Hai proprio ragione, ma questo aspetto è fa parte del mio lavoro. Per quanto mi riguarda io sono sempre impegnato a spingere il mio corpo al limite delle sue possibilità. Ma ovviamente devo stare attento a prendermene anche cura. Quest’anno mi sono fermato per circa tre mesi, proprio perché è stato un anno particolarmente intenso.

Da quanto tempo “lavori” come extreme body artists?

Sono ormai circa sei anni che mi esibisco in pubblico.

Com’è iniziata la tua carriera?

Non è semplice risponderti, penso che l’”uso” del mio corpo risalga a quando ero ragazzino, alcuni membri della mia famiglia sono sordomuti , per questo sono abituato ad usare il linguaggio dei segni da quando sono piccolo, e credo che questo sia stato il momento in cui mi sono interessato al linguaggio del corpo. Alcuni anni dopo, con alcuni miei amici della scuola d’Arte basca abbiamo dato vita ad un gruppo di performers. All’epoca era più un atto di ribellione nato e sviluppato in strada. Dopodichè ho incontrato Bastien ed abbiamo creato il progetto “un autre corps”, che si basa su di una vision contemporanea della modificazione ed espressione del corpo (body architecture). Solo dopo esserci esibiti per un certo periodo hanno cominciato a definirci “body artists”.

courtesy Jon John

Hai mai pensato agli effetti collaterali delle tue performances?

Certo che si, voglio dire, non è che solo per via della consapevolezza che ho circa la dissociazione tra corpo ed anima (se così vogliamo chiamarla) che smetto di prendermi cura del mio corpo. Non sono un pazzo e non sto attuando alcun processo autodistruttivo, anzi è il contrario. Proprio per il tipo di performance che io compio devo prendermi cura di me stesso. Faccio un sacco di sedute di “bikram yoga”. Il mio corpo è il mio tempo.

Ho capito, ma ci sono dei rischi nel genere di attività che svolgi?

Sicuro! Gli stessi di quando attraversi la strada….

Guardando i video delle tue performance, quelle che chiami “actions” ho notato che tu ed il tuo partner vi comportate come se foste dei chirurghi. La mia domanda è questa. Se volevate giocare con aghi, siringhe ed altri arnesi del genere non era meglio che studiavate per diventare dei medici?

Ma noi non giochiamo a fare i chirurghi, il procedimento che noi usiamo è totalmente sconosciuto ai medici, e comunque non si tratta di pratiche chirurgiche. Io mi considero un “dermal plastician artist”, e non un dottore, e non pretendo di esserlo.

Penso che questa attività sia diventata anche il tuo lavoro, giusto? Come va il business di questi tempi? La crisi ha influito negativamente sui tuoi affari?

A dire il vero no. Come ti dicevo prima, ho avuto la possibilità di partecipare ad un sacco di eventi interessanti ed ho fatto un bel po’ di soldi.

Senti Jon, io non ho mai partecipato a questo genere di “show”. Quanto costa in genere il biglietto per assistere ai tuoi spettacoli?

Ma guarda, dipende, e ad essere onesti non ne ho la più pallida idea, è un problema che non mi riguarda. Chi organizza questo genere di eventi non mi informa sul costo del biglietto.

Guardando al lato economico del tuo “lavoro”, pensi che sia un’attività con cui si possa vivere bene?

Direi proprio di no, questo è uno dei motivi per cui ho altre attività. Gestisco uno spazio ibrido dedicato all’arte a Berlino, una sorta di galleria d’arte ed atelier per la body art, si chiama AKA. E’ uno spazio polifunzionale, una galleria, un caffè, un laboratorio per tatuaggi e piercing e come dicevo, un atelier per il “body-modification”. L’idea è quella di poter ospitare artisti di diversa corrente ed estrazione. La galleria è disponibile sia per esposizioni che per eventi in cui siano previste delle performance. Gli artisti del tatuaggio vengono ingaggiati per la loro specificità, ma molti di loro non hanno un background da tatuatore, alcuni sono illustratori, stampatori di serigrafie, pittori, altri street artisti. AKA intende presentare una nuova visione del tatuaggio, un concetto totalmente diverso ed originale.

Cosa avrei fatto se non ti fossi lanciato nella body art?

Ho un diploma per insegnare il linguaggio dei segni.

Pensi che l’arte possa rappresentare per I giovani un’alternativa ai lavori più tradizionali ?

Se parliamo del mio campo, ci sono veramente poche persone disposte ad incamminarsi in questo settore. Capisco anche che è un genere d’arte che sta diventando sempre più “cool” e tutti vorrebbero essere dei performers e questo sarebbe un disastro. Se pensi che oggi qualsiasi tatuatore si definisce “artista della modificazione del corpo”. Molti di questi finiscono poi in ospedale ed è vergognoso.

courtesy Jon John

Hai in programma di esibirti in Italia prossimamente?

Nessuna tappa in Italia per il momento, per i prossimi sei mesi la mia agenda è concentrata in Inghilterra. Per cui non so se ci vedremo. E’ veramente strano ed affascinante per me osservare come cambi la percezione delle cose da parte delle persone quando si confrontano con la realtà. Voglio dire, tutti noi assistiamo ad un sacco di violenza accendendo la TV , ma appena rimuoviamo questa barriera elettrica, che sembra farci stare al sicuro, abbiamo una paura tremenda di guardare le cose che faccio o l’aspetto che ho. Perché non vieni a qualche mia performance e ti fai tu stesso un’idea?

Per chi volesse approfondire:

www.myspace.com/jonundjohn

www.myspace.com/akaberlin

[download english version]

Dimitri Grassi

scritto da

Questo è il suo articolo n°319

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