L’Italia e gli italiani secondo Johanne Affricot nel progetto The Expats
In un assolato pomeriggio romano, in un week-end di frenetici incontri, ne ho fatto uno davvero interessante, Johanne Affricot. Johanne è la fondatrice di GRIOTmag e, in occasione del nostro appuntamento, abbiamo pensato di scambiare non solo due chiacchiere ma anche i particolari dei nostri recenti progetti. Così, su GRIOTmag potete leggere un’intervista in cui si parla di Non me la racconti giusta e qui sotto tutti i dettagli di The Expats, una web series ideata e prodotta da Johanne, con Marco Brunelli alla camera, che racconta le storie di giovani italiani espatriati a New York e Londra (e forse Parigi più in là) in cerca di nuove opportunità.
Il nome della serie deriva dal termine “expats”, il quale generalmente si riferisce a persone bianche che si spostano all’estero per lavorare in grandi multinazionali o giù di lì. In questo caso, “expats” diventa un provocatorio riferimento a come spesso gli italiani di colore che si spostano all’estero, oltre a non essere riconosciuti come tali, vengono associati agli immigrati e non a professionisti in cerca di nuove esperienze lavorative.
Attraverso il tema del viaggio, The Expats raccoglie le storie di questi italiani che si sono trasferiti all’estero come tanti per cercare di dare spazio ai propri progetti, quelli che in Italia non è stato facile perseguire, e che hanno avuto successo in settori quali musica, arte, comunicazione.
Ma qual è il messaggio di Johanne? Principalmente riportare l’attenzione sulle diversità etniche che ci sono in Italia e invitare i media e gli altri operatori culturali, e non solo, a dare spazio ai tanti colori e alle diverse storie del nostro Paese e molto altro. Vi lascio alle parole Johanne e vi invito a guardare i due trailer della serie girata a Londra, lanciati proprio oggi. Seguite il progetto e supportatelo!
Ciao Johanne, prima di cominciare a parlare dei progetti che stai portando avanti in questo momento, ti andrebbe di parlarmi un po’ di te. Da dove vieni? Dove vai?
Lavoro come freelance e generalmente mi occupo di sviluppare progetti legati alla cultura e all’arte, anche se ora sono molto focalizzata sul mio, perché vorrei farlo crescere come hub creativo che sviluppa progetti per terzi. The Expats è il primo progetto a livello video, però già nel 2015 avevo ideato e realizzato per l’American Academy in Rome un evento dedicato a quattro creativi afro-italiani.
Hai da poco lanciato una web-series dal provocatorio titolo “The Expats”. Prima di raccontarmi tutti i dettagli sul progetto, ti andrebbe di spiegarmi da dove è nata l’esigenza di parlare degli “expats”?
Nasce da diverse esigenze e ti posso dire quelle più importanti. Innanzitutto, la non-rappresentazione di una parte di italiani nelle arti e nella creatività, soprattutto nei media mainstream, come la televisione e le grandi testate editoriali, nel cinema, ma anche nei festival, nei concerti, nelle mostre (piccole o grandi che siano).
Avevo in mente da tempo questa serie documentario. La molla che ha dato il via sono state le mie esperienze, la storia di mio cugino, che è emigrato a NY quattro anni fa, e quella di Lidia Carew, una delle mie primissime interviste, una ballerina italo-nigeriana che vive tra l’Italia e NY. Le feci tutte le domande che vedi nella serie. Ricordo che quando finì l’intervista le dissi che avrei voluto fare un documentario su di lei. Mi ispirò moltissimo la sua storia e penso lei ispiri molte ragazze.
Quindi in sostanza è un’esigenza personale ma soprattutto l’esigenza di raccontare questa Italia, la nostra Italia, che fatica ancora a volersi riconoscere diversa rispetto a molti anni fa. Raccontare un’Italia che normalmente non vedi, neanche nei magazine online o blog più piccoli. Per esempio, su ziguline, il tuo è uno dei magazine più fichi in circolazione, mi piace molto, ma non trovo contenuti diversi.
C’è da dire che la politica poi non aiuta, pensa agli Italiani Senza Cittadinanza, circa 1 milione di persone stanno aspettando che venga approvata la riforma sulla cittadinanza. 800.000 di queste sono minori italiani che sono nati e/o cresciuti qui ma non hanno la cittadinanza italiana? Devono aspettare di compiere 18 anni, vivere crisi di identità e traumi vari, come il non poter andare in gita al liceo con la classe perché il tuo passaporto straniero in altri paesi magari non è ben visto o non poter andare fuori a tentare altre strade. Oggi, 20 aprile, è finalmente iniziata la discussione in Senato dopo che era rimasta bloccata per oltre un anno e mezzo e gli Italiani senza Cittadinanza hanno lanciato una petizione su Change.org per far sì che venga approvata.
Ma entriamo nel vivo del discorso. Cos’è “The Expats” e di cosa parla?
Come ti dicevo è un’idea che avevo da tempo e a dire il vero, era qualcosa che già facevo con GRIOTmag, sotto forma di articoli. Con The Expats non ho fatto altro che dargli la forma del documentario video.
The Expats racconta le storie di creativi italiani che sono emigrati all’estero in cerca di nuove opportunità. Persone, che in tempi diversi, ripercorrono la stessa strada delle loro famiglie che dal Senegal, da Haiti, dal Ghana, dall’Eritrea o dalla Nigeria, sono venute in Italia per trovare migliori opportunità. A NY c’erano Sarah, Zoe, Pierre Andre, Semhar.
Il 26 aprile uscirà il primo episodio della serie girata a Londra e il 7 maggio il secondo. In questa, i protagonisti sono Adaeze, una fotografa modenese-nigeriana che sta cercando di costruirsi un percorso nel mondo del foto-giornalismo, dopo aver lavorato diversi anni come fotografa di moda. Poi c’è Stacey, che è bresciana-ghanese, una bassista e tastierista che suona anche nelle chiese pentecostali ghanesi dove, anche se non sei religiosa, una volta nella vita devi andarci perché è davvero un’esperienza unica. Lei lavora nel mondo della post produzione audio e video (ha ripreso da poco).
La serie ha vari obiettivi. I principali sono raccontare questa Italia sia agli italiani che vivono qui che all’estero, sia agli stranieri che non ci conoscono, che non sanno che esistiamo. Ho usato il tema del viaggio perché è all’interno dei flussi migratori dall’Italia all’estero che si inseriscono le storie di questi ragazzi, storie simili a quelle di moltissimi altri loro coetanei italiani.
Oltre al tema dell’identità, “The Expats” esplora l’identità collettiva di un paese che fatica a offrire qualcosa alle nuove generazioni. I discorsi degli expats mi hanno emozionato, intristito e fatta arrabbiare. Credi che un lavoro come questo, possa risvegliare la coscienza collettiva e soprattutto quella della classe dirigente italiana?
Sicuramente è un progetto che può aiutare, ma da solo non basta. Serve il lavoro di molti e la volontà degli operatori culturali di sedersi a tavolino con realtà come la nostra, o con persone che hanno esperienze diverse proprio per il loro background, e mettersi a costruire insieme. È un “di più”, è un progetto che può ispirare e aiutare tante altre persone che non si vedono mai raccontate a trovare fiducia.
L’Italia è o non è un Paese razzista?
È difficile rispondere a questa domanda. Diciamo che c’è razzismo, sì, sia da parte della politica, che condiziona la società nella sua mancata volontà di non riconoscere un’Italia dalle mille sfumature, nell’usare certi toni, nel non difendere e andare avanti con certe scelte, sia da parte dei media, che nelle loro narrazioni privilegiano argomenti come “velo sì, velo no?” oppure “meglio la donna dell’est o quella italiana?” per farti degli esempi spiccioli.
Quando guardi la tv, i programmi di entertainment, quante volte ti è capitato di vedere un presentatore afro-italiano? Oppure, nel pubblico, quante sfumature riesci a notare se non una scala di rosa?
Io non credo che l’Italia sia razzista nell’animo, credo che ci siano delle forme di non rappresentazione che facilitino il diffondersi di ignoranza e razzismo, perché nessuno ci mostra, ci contestualizza nella quotidianità, nella cultura del paese. Comunque non mi lamento, faccio il mio, facciamo il nostro e con molto entusiasmo. Siamo nell’era dei new media e credo che facendo rete possiamo fare la differenza.
Questo progetto nasce nell’ambito di GRIOT Magazine (sbaglio la pronuncia e Johanne mi corregge, ndr), dunque, raccontami di cosa si tratta.
GRIOT è uno spazio alternativo che raccoglie e racconta storie di creatività e cultura. Cerchiamo di celebrare la diversità estetica, creativa e culturale nel miglior modo possibile. Attenzione, diversità non significa solo nel colore della pelle. Io e gli altri del team (Celine, Janine, Gaylor – Janine è l’unica immigrata perché è francese, ahahha) cerchiamo di offrire contenuti che non trattino solo di italiani ma che mostrino principalmente l’Africa e la sua diaspora sotto un’altra luce contenuti che nella mia testa servono a ispirare gli italiani e gli stranieri, a fargli dire “Wow, e questo chi è? Non lo sapevo… però… interessante!”, oppure “Potrei farlo anch’io, potrei provare”, capisci che intendo? Offrire degli esempi, raccontare delle storie.
Inoltre, come ti dicevo, vogliamo sviluppare progetti per/con terzi: media, brand, istituzioni e realizzare progetti-eventi nostri aperti a tutti, in cui incontrarci, ascoltare e ballare musica, bere, mangiare e chiacchierare. Ci stiamo lavorando.
Cosa c’è nel futuro di The Expats?
Se qualcuno ci supporterà economicamente, potrei fare un’altra puntata su Londra e poi ho già delle persone da intervistare a Parigi. Altrimenti, così com’è inizia a diventare insostenibile economicamente. Vediamo, magari qualcuno si interessa, ma al momento sono le ultime due puntate.