La Bandabardò e il dono dell’immortalità
Circa 10.000 anni fa orde di individui, che vivevano cacciando e raccogliendo qua e là il loro cibo, occupavano ormai quasi tutta la Terra, tranne le desolate e inospitali zone polari e isole remote. Durante il giorno c’era molto da fare ma di sera era una noia mortale stare seduti intorno al fuoco ad ascoltare le solite storie del vecchio buon saggio che nella sua vita a mala pena aveva varcato il confine del suo villaggio, pensava il giovane Erriquez. Lui invece sì che ne aveva da raccontare perché veniva da lontano, molto lontano. Così convinse il suo coinquilino di palafitta Finaz a costruire strumenti in legno che se percossi regalavano un suono e ad accompagnare le parole al ritmo.
Anche i vicini Paolino, Orla, Dombachi, Nuto e Cantax seppero della nuova trovata e si aggiunsero volentieri. Si esercitarono per un intero cambio di stagione e poi decisero di esibirsi blaterando qualcosa che tradotta fa più o meno così: “Oggi non lavoro oggi non mi vesto resto nudo e manifesto”( vabbè a quei tempi non è chissà cosa si dovessero mettere addosso…). Fatto sta che furono acclamati da ogni tribù e la loro musica giunse fino all’orecchio di Giove, il dio tra gli dei. Convocatoli a sé, Egli confidò che anche al di là delle nuvole vantavano un ricco seguito di accaniti fan ed elencò ogni preferenza: Venere è solita danzare sulle note di Ubriaco Canta Amore, Dionisio scalpita per 20 Bottiglie di Vino, Mercurio vola canticchiando Vento in Faccia, Apollo quando non vuole faticare mette a tutto volume Sciopero del Sole e io personalmente apprezzo particolarmente Uomini Celesti.
Propose loro di vivere per sempre continuando a nutrire gli uomini di spensieratezza, voglia di amare, vitalità. Bisognava solo cercare un nome e pensarono alla cavernicola Brigitte, di cui erano tutti infatuati, bionda e che metteva sempre del carbone nero intorno agli occhi per evidenziarne il contorno. Passarono i secoli, conobbero la nascita e il declino di ogni civiltà, conobbero anche Ramon e si sentirono sempre più ispirati. Al tempo dei Romani composero Sette Sono i Re, superata la paura dell’anno 1000 il motto fu “Fuori è tornata la gioia di urlare mi troverai a girare le piazze e gridare…”, nel Medioevo non mancarono di esprimere tutto il loro romanticismo in O Guerriero ‘Nnamurato e si schierarono sempre col più debole nonostante il mondo andasse da tutt’altra parte.
Vagando nella bella Parigi con dei gilet paiettati rosso fuoco dedicarono chansons alle Ballerine
piumate del Moulin Rouge e si cimentarono in un Timido Tango. Poi si sa venne l’era delle invenzioni e le città si riempirono di fumo carbone e ferrovie dove i treni non riportano mai chi vorresti tornasse. Quando le dittature consumarono la libertà di tutti, loro si rifugiarono a Porto Cabagna e paragonarono quel periodo all’Inquisizione e più tardi al governo di un certo Silvio (dai, sto scherzando). Hanno tentato, ve lo garantisco, di andare in discoteca e di far parte di “esclusivi” Mojito Football Club ma poi ritornano sempre a decantare la Campagna, i “ grilli, birilli, cavalli, coltelli, mulini, bambini, tacchini, pulcini…” Cosa faranno in futuro? Stringeranno amicizia con gli alieni e voleranno nello spazio? Chi può dirlo, d’altronde non sarà certo la differenza culturale a fermarli. Quello che posso raccontarvi è che il 24 ottobre a Napoli questa fiaba-spettacolo è passata davanti agli occhi di scatenati ragazzi invasati e davanti a me che non so dove termina la finzione ed inizia la realtà.
– Veronica Grasso
– photo by ecorandagia