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La durata di un ponte

Si parla di:

di Carlo Sperduti

 

L’ultima grappa gli aveva riempito i pensieri di ricordi scomodi, al punto che ci volle lo sferragliare di un treno sotto i piedi per fargli tornare in mente il corpo, tutto sbandate e bocca impastata.
Non sapeva di essersi rivestito, di essere uscito dal locale e di aver camminato per almeno venti minuti. Non di meno, dato che già muoveva i primi passi sul ponte.
Si arrestò, stupito di qualcosa che stentava a definire: forse il contrario di un déjà vu.
In tasca, le dita della mano destra giocherellavano con un oggetto di plastica. Un gesto automatico di pressione del pollice, nel punto in cui sembrava esserci un pulsante, e capì che si trattava di un accendino.

Pont des arts di Marta Facchini

Riprese a camminare, impiegando qualche passo per rendersi conto che aveva smesso di fumare da tre settimane.
Tirò fuori l’accendino e l’osservò con attenzione. Non ricordava di averlo mai visto prima: orrende fantasie gialle e arancioni facevano da sfondo al più kitsch degli ideogrammi. D’istinto, si portò la mano sinistra alla tasca interna destra. Ci trovò un pacchetto di Winston. Ne erano rimaste due. Restò imbambolato, con le sigarette nella sinistra e l’accendino nella destra.
Poi, continuando ad avanzare, si guardò con attenzione dall’alto in basso: la somiglianza col suo cappotto era evidente, così come era evidente che quello non era il suo cappotto.
Si fermò di nuovo, spaesato, sul punto più alto del ponte, con gli occhi che vagavano intorno, tentando di stabilire quale fosse la soluzione migliore. Un conato di vomito, subito domato, interferì con le sue riflessioni.
Passò un altro treno. Credette di notare uno sguardo di disapprovazione da parte del macchinista, laggiù.
Albeggiava.
Nessuno gli era corso dietro, pensò. Fece un passo in avanti. Il gestore stava abbassando la serranda, quando lui era andato via, ora lo ricordava. Avanzò di altri tre passi. Probabilmente il tizio che aveva preso il suo cappotto era ormai lontano. Ancora qualche passo. Forse se ne sarebbe accorto solamente tra qualche ora. Camminava ora senza esitazione.
Quando si bloccò un’ultima volta, a pochi metri dalla piazza, esaminò di nuovo le sigarette, passandole da una mano all’altra e scrutandone la confezione, come a cercare una risposta in una minaccia di cancro stampata in grassetto.
Poi infilò il pacchetto nella tasca interna sinistra del cappotto, imbattendosi in una carta d’identità. Aprendola, pensò che dopotutto sarebbe stato facile rintracciare il proprietario, che la cosa si sarebbe risolta in un batter d’occhio, che proprio non valeva la pena di star lì a preoccuparsi.
Vide allora la propria foto. A fianco, il suo nome e il suo cognome, con tutto quel che segue.
Ripose il documento nella tasca, dalla quale tirò fuori, di nuovo, le sigarette. Ne mise in bocca una. L’accese, pensando nuovamente a quanto fosse brutto quell’accendino.
Riprese a camminare, impiegando qualche passo per rendersi conto che aveva ricominciato a fumare da due giorni.

 

Carlo Sperduti si aggira nei locali di Roma con una birra Weiss in mano.
Sul web trovate sue tracce qui: carlosperduti.blogspot.it/
e qui: www.intermezzieditore.it/caterina_fu_gettata.php
Inoltre ha ideato il cantiere di letteratura notturna: letteraturanotturna.wordpress.com/
e gli hanno dedicato un premio letterario a cui potete partecipare e che scade il 15 ottobre: maldilibri.wordpress.com/i-premio-sperduti-per-il-miglior-racconto-umoristico/

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Scrittori in ascolto, se volete mettervi alla prova mandateci i vostri racconti saranno selezionati dal nostro Patrizio D’Amico, scrivete a:   testicitrolu@gmail.com

Patrizio D'Amico

scritto da

Questo è il suo articolo n°73

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