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La gentrificazione non è un mal di pancia

Bensì un concetto di antropologia urbana anglosassone degli anni ’60 che cerca di studiare il fenomeno complesso di cambiamento del tessuto sociale (o sostituzione) di un quartiere popolare con la conseguente fuga degli antichi abitanti per un altro tipo di abitanti con un potere d’acquisto più alto.
Sarebbe una sorta di processo di “imborghesimento” di un quartiere.

Da quasi un anno mi sono addentrato in questo concetto che ahimè non conoscevo (pur avendo un background in Scienze sociali): a primo acchito ho storto la bocca alla lettura di una parola che avevo il sospetto fosse uno di quei concetti delle Scienze sociali lontani dal vissuto quotidiano. Poi pian piano mi son dovuto fare una ragione dell’imprescindibilità della conoscenza di questo losco vocabolo.
Io vivo a Barcellona e per esempio il Raval, Gracia e Poblenou sono quartieri gentrificati (sebbene in modi diversi) ossia che hanno vissuto, per spiegarlo in maniera spicciola, un processo di criminalizzazione/degradazione/abbandono iniziale, riqualificazione intermedio, sostituzione sociale finale. Di solito si tratta di quartieri del centro storico o ex quartieri industriali.

"Addio povero"
Un quartiere boemo spesso è un quartiere gentrificato, ossia che dietro le quinte di quei bar dall’arredo vintage che ci piacciono tanto ci sono storie di persone che hanno dovuto abbandonare il proprio quartiere perché hanno subito un aumento dell’affitto a cui non hanno potuto far fronte. All’inizio il quartiere attrae musicisti, artisti, poeti maledetti e via dicendo, che in un maniera o in un’altra contribuiscono a fomentare questo alone boemo del quartiere, spesso con l’innocente intenzione di abbellirlo o di viverlo semplicemente. La zona comincia ad essere interessante e ad attrarre persone da fuori prima solo per consumarla a livello di movida notturna e poi anche per viverci.


La zona che dipingono come pericolosa (che insieme all’attributo di “boemo” danno vita a quel mix letale che fanno che un posto sia cool) non è poi così pericolosa perchè nel frattempo magari c’è la polizia che presidia militarmente la zona dando l’impressione di rendere il quartiere più sicuro.
Tutto ciò viene accompagnato da politiche urbanistiche municipali che magari condiscono il quartiere con un museo e un hotel di lusso. Cosa succede? Quei volponi del mercato immobiliare fiutano che la zona sta conquistando interesse e alzano i prezzi. Chi patisce tutto ciò? Gli abitanti che vivono nel quartiere da tutta la vita e molti dei quali non possono affrontare economicamente il rincaro dei prezzi.
Chi arriva in cambio? A volte i ch-hipsters, a volte rampolli di classe medio alta con un lavoro nel terziario, a volte orde di bramosi turisti, eccetera…
La cosa paradossale è che nel frattempo anche quegli artisti musicisti che avevano dato il tocco cool di cui sopra son costretti a levare le tende perchè non più in grado di permettersi di vivere in un posto dai prezzi oramai improponibili.


Perché poi naturalmente non si assiste solo ad un aumento degli affitti ma ad un parallelo rincaro di tutti i servizi, bar, ristoranti e negozi.
Capitolo Hipster: molti li colpevolizzano di tutto ciò, però la gentrificazione esiste da prima dell’apparizione di questa tribù urbana. Sono sicuramente, in certi casi, un ingranaggio del meccanismo gentrificatore.
C’è chi dice che ci sono fattori positivi e negativi di questo processo dal nome inquietante: i positivi sarebbero che molte volte, si riqualificano quartieri lasciati in uno stato di degrado migliorandone la vivibilità, i negativi sono che molte volte, chi si beneficia non sono gli abitanti del quartiere illo tempore (che nel frattempo sono andati a vivere in un altro quartiere degradato di periferia dai prezzi più accessibili) bensì nuovi abitanti con un potere d’acquisto più alto e che usufruiscono di tutti i vantaggi. Ossia si stravolge completamente il tessuto sociale di un quartiere e conseguentemente si stravolge la vita di molte persone.

Foto di Pablo Corcin
Chi si ricorda dell’eutanasia artistica applicata da Blu in un quartiere berlinese lo scorso dicembre? Blu, semplicemente non voleva che le sue opere costituissero un surplus di bellezza per la vista delle case del nuovo complesso residenziale in costruzione proprio di fronte alle sue opere. Ossia con quel gesto non voleva che le sue opere stessero contribuendo alla gentrificazione o speculazione edilizia della zona.
Io personalmente sono fan di un progetto chiamato Museo de los Desplazados (“Museo degli sfollati”, del collettivo artistico Left Hand Rotation), che prova a mappare tutti i casi di gentrificazione mondiali facendo anche delle perfomance per sensibilizzare le persone su questo processo e cercare di fermarlo. Date un’occhiata a questo link, ci sono delle cose interessanti.

"Poblenou è per i vicini NON per i turisti"
Quartieri gentrificati in Italia: a Milano mi vengono in mente il quartiere Isola e la Bicocca. A qualcuno ne vengono in mente altri in Italia?
La verità è che ho generalizzato abbastanza (ci sono studi bellissimi, approfonditi e interessanti sul tema) però mi premeva far conoscere a quelli che ancora non lo conoscessero questo concetto perchè credo renda l’idea delle gravi ripercussioni sociali di cose, che molte volte a prima vista, possano sembrarci normali o legate al naturale avvicendarsi degli eventi.
Perché vi racconto tutto questo? Per evitare che quando incapperete nel termine “gentrificazione” non pensiate che sia il nome di un mal di pancia o qualcosa che non vi riguardi.

Salvatore Cattogno

scritto da

Questo è il suo articolo n°28

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