La modificazione del corpo nelle tribù contemporanee
Vi siete mai chiesti come mai c’è così tanta gente che ama “giocare” con il proprio corpo tanto da sottoporlo a continue modificazioni, e mortificazioni aggiungerei, che non si fermano al semplice tatuaggio o all’innocuo piercing. Quello a cui io mi riferisco è la meno conosciuta tribù dei cultori delle “alterazioni” corporali che amano anche definirsi “body hacktivist”.
Questo infatti è il termine coniato da Lukas Zpira uno dei principali esponenti di questa che potremmo chiamare corrente artistica e culturale secondo cui il corpo è un mero mezzo espressivo attraverso cui ognuno può dare libero sfogo alle proprie pulsioni creative che spesso si concretizzano vere e proprie modificazioni della superficie corporea (e non solo). Sebbene questo genere di pratiche possa sembrare roba per soli fanatici con dei problemi psichici non conclamati va detto che la modificazione corporale accompagna la storia dell’uomo sin dalle sue prime apparizioni sulla terra.
Ovunque nel mondo si è praticata nei secoli e nei millenni passati qualsiasi genere di modificazione corporea e spesso questo genere di pratiche si è accompagnato alla nascita delle religioni animiste e spiritiste, dall’antica Cina alle primitive tribù Africane, al sud America ci sono infinite testimonianze circa l’uso ricorrente di diversi tipi di “aggiustamenti” del corpo umano giustificati dall’esigenza di identificarsi con una certa tribù o con un certo spirito o dio.
Nel corso dei secoli questo genere di pratiche sono state messe man mano fuori legge anche se alcune pratiche tribali come ad esempio il tatuaggio facciale integrale praticato dai capi maori in Polinesia sono tornate lentamente e clandestinamente in auge. In alcune tribù africane si praticava la scarificazione del volto per testimoniare l’appartenenza ad una data tribù o in altri casi era più semplicemente indice di bellezza che poi è andato modificandosi per effetto dell’occidentalizzazione dei canoni estetici. Paradossalmente ora sono gli occidentali ad essere affascinati da questa forma “evoluta” del più comune tatuaggio e sempre più spesso decidono di farsi incidere con un bisturi direttamente sulla propria pelle il disegno o il simbolo che meglio esprime la propria estetica.
Per non parlare delle donne della tribù Mursi in Etiopia che inseriscono nelle proprie labbra dei piattini come una sorta di ornamento la cui dimensione va man mano aumentando con il dilatarsi della pelle, cosa che ritroviamo paro paro anche nelle più occidentali pratiche di modificazione corporale che a quanto pare sono sempre più in voga. Ora la mia riflessione è su come questo genere di pratiche non solo non si sia persa nella notte dei tempi ma che al contrario abbiano trovato un loro spazio ed una loro “giustificazione” anche laddove le questioni di carattere religioso o tribale non avessero più senso di esistere.
Potremmo dire che quello che oggi gli avanguardisti della body art o del body hacktivism praticano non è altro che un adattamento in chiave moderna, giustificato da esigenze di appartenenza culturale od estetica a questa o a quella corrente, di pratiche ed usanze che non hanno mai smesso di affascinare e tormentare il corpo e la mente dell’uomo.