La nuda verità di Ou Zhihang
Lo scorso settembre a Napoli si è tenuta la World Press Photo Exhibition, una delle mostre più belle dell’anno. Si tratta di un’esposizione che se ne va in giro per il mondo permettendoci di visionare le fotografie più affascinanti, ma soprattutto significative, dell’anno. Saprete già tutto del WPP, quindi è inutile annoiarvi con informazioni del tipo che è il concorso fotografico più importante d’Europa, che premia gli scatti che hanno in qualche modo avuto un significato particolare nel campo dell’attualità, lo sport, la società, etc. e che quest’anno ha premiato il nostro conterraneo Pietro Masturzo.
Devo dire che la mostra, oltre ad accendere ulteriormente il mio interesse per la fotografia, mi ha fatto conoscere un fotografo che mi ha sottilmente conquistata. Che Pietro Masturzo non me ne voglia, ma credo che Ou Zhihang sia stato l’artista che mi ha colpito di più.
Starete pensando a nudi estremi, violente scene di guerra o precisissime immagini di competizioni sportive e invece no, le foto in questione sono grigie e tristi e certo, poi il protagonista è nudo e fa flessioni.
“I love my country, I also love my body. I contrast my tiny body with the ‘miracle of the world’ through the popular exercise-pushups.” È così che il fotografo cinese Ou Zhihang parla di The Moment (Na Yi Ke) – una selezione di dodici fotografie parte di See and Be Seen (Jing Guan), un lavoro di più ampio che aveva cominciato nel 2008 – che gli ha valso la menzione d’onore nella categoria Contemporary Issues del World Press Photo 2009. Zhihang si fotografa mentre si spara flessioni in luoghi importanti, dal punto di vista sociale o culturale, completamente nudo. È interessante vedere come l’artista imposti su sé stesso l’intero processo creativo, divenendo protagonista e autore dei suoi scatti, ai quali conferisce una valenza sociale molto forte.
Subito dopo la laurea Zhihang comincia a lavorare per la radio e la televisione della provincia di Guangdong e attualmente è presentatore e produttore esecutivo del programma Fashion News e, oltre che pluripremiato in questi campi, è anche un importante fotografo di moda.
Lo spunto nasce dalla misteriosa morte di Li Shufen, una sedicenne che la polizia dichiara annegata nel fiume, mentre la voce del popolo protesta e grida all’omicidio e all’abuso di potere da parte della già poco amata polizia cinese.
A causa della stranota censura mediatica da parte delle autorità tutti i post sul web relativi a questo caso di cronaca vengono bloccati ed è così che i cybernauti orientali hanno cominciato a usare l’espressione “I’m here to do push ups”, vale a dire “sono qui per fare flessioni”, per eludere i controlli. Il nesso tra le due cose sta nel fatto che il ragazzo accusato dai genitori di Li Shufen ha dichiarato che stava facendo flessioni sul ponte quando ha sentito la ragazza che si gettava nel fiume e ha tentato di salvarla. Ed è proprio per questo che mi è stato molto difficile reperire informazioni su questa storia, infatti, né esistono versioni completamente diverse tra di loro. Ovviamente la frase in codice è ormai diventata dominio pubblico, dunque la sua efficacia è ormai andata persa e il fatto che io ne stia scrivendo ne è la prova.
L’artista per risparmiare lavora da solo e probabilmente anche per evitare di condividere la fama con qualcun altro (e chi se la sente di biasimarlo?). L’approccio è molto semplice. Si apposta, osserva e aspetta il momento giusto. Imposta luce e autoscatto, si spoglia e in pochi secondi l’opera d’arte è pronta. Il momento in questione è quando non c’è nessuno nei paraggi, per evitare di urtare la sensibilità dei passanti e a volte arriva dopo ore, mentre altre se ne torna a casa a bocca asciutta. In un’intervista ha spiegato che fotografa sé stesso perché la Cina è un paese problematico e quindi per non arrecare danno ad altri fa da sé e, a quanto pare, fa per tre. Com’è facile immaginare, molte volte è stato fermato dalla polizia e spesso gli è stato imposto di cancellare tutti gli scatti. Insomma, non è stato facile completare questa serie.
L’obiettivo di Zhihang è di risvegliare i cinesi dal torpore al quale sono stati abituati dalla politica di estremo controllo del governo, sbloccando finalmente il flusso di informazioni e lo fa attraverso le flessioni che, a detta sua, sono salutari e sincere. Inoltre, quella posizione gli permette di nascondere i genitali perché, nonostante tutto, non si ritiene un esibizionista.
I luoghi che sceglie, a parte piazza Tiananmen e la Muraglia Cinese, non sono legati strettamente a fatti storici ma più che altro all’attualità del paese. Si tratta della prigione di Yunnan, dove rimangono dubbi sulla morte di un detenuto, il Bird’s Nest olympic, l’edificio olimpionico che testimonia bene il paradosso culturale cinese che nasconde dietro una bella facciata i reali problemi del paese, l’inceneritore di Guangzhou a Guangdong, la nuova sede della China Central Television andata in fiamme prima della sua apertura.
Una considerazione va fatta sull’arte che, almeno questa volta, ha permesso a un uomo di esprimersi in Cina liberamente senza essere arrestato o denunciato e infine, non posso fare a meno di notare che Zhihang si mantenga decisamente in forma.