La Parigi di Luciano Gallo. Cosa è cambiato dopo il 13 novembre 2015
Lo scorso 13 novembre a Parigi si è perpetuato un nuovo attacco terroristico che ha seminato vittime e minato la serenità di una città già ormai all’erta dopo lo scorso gennaio, quando la redazione del magazine satirico Charlie Hebdo fu attaccata e alcuni dei disegnatori uccisi. Da qui la minaccia del terrorismo sembra molto lontana, ma anche nelle grandi città italiane si respira un’aria più pesante. Quello che è venuto da chiederci è come è cambiata Parigi dopo gli attacchi? Come si è trasformata la quotidianità in una metropoli libera e vitale come Parigi? Abbiamo intervistato Luciano Gallo, un italiano che vive a Parigi da 5 anni, fotografo e coordinatore di progetti di solidarietà internazionale, per conoscere più da vicino e senza la spettacolarizzazione dei media, che aria si respira a Parigi a qualche mese dagli attacchi.
Due mesi fa una serie di attacchi ha trasformato per sempre Parigi e l’Europa. Il 13 novembre rimarrà per sempre impresso nelle menti di tutti noi. Dove ti trovavi quella sera e come hai vissuto quei tragici momenti?+
La sera del 13, all’uscita dal lavoro, ero con dei colleghi al Toucan, una brasserie in Avenue de la République per un aperitivo. Siamo rimasti a discutere del più e del meno e a scherzare tra di noi fino alle 21.
L’atmosfera era rilassata dopo una settimana molto intensa di lavoro e, anche per via della stanchezza accumulata, abbiamo lasciato la brasserie abbastanza presto. Sono rientrato a casa e dopo poco ho cominciato a ricevere messaggi su quanto stava accadendo. Le Toucan si trova proprio a metà strada fra il Bataclan e Rue de la Fontaine au roi, due dei luoghi colpiti. A 5 minuti da entrambi.
Com’è cambiata da allora la quotidianità parigina, anche tenendo presente che sono stati colpiti luoghi in cui normalmente si va per passare del tempo libero o fruire di cultura e sport? E cosa è cambiato nelle tue abitudini e nel tuo modo di vivere la città?
La mia personale quotidianità non ha subito contraccolpi: prendo ogni giorno più volte la metro, continuo a frequentare gli spazi pubblici, bar, brasseries, teatri e non mi sento particolarmente preoccupato. Ciò nonostante non posso negare che, soprattutto i primi giorni, il mio livello di attenzione era un po’ aumentato. La città invece ha subito un forte choc, molto più importante rispetto ai fatti di Charlie: le prime sere la città era praticamente vuota mentre ora la vita ricomincia a tornare quella di prima. L’unica eccezione davvero vistosa è rappresentata dal calo dei turisti. Luoghi generalmente invasi a ogni ora da un gran numero di turisti, come ad esempio Place Saint Michel, non sono più animati dalla stessa “movida”.
Quello che riceviamo da qui è ovviamente veicolato dai media e il motivo per il quale ne sto parlando con te è proprio per conoscere lo stato d’animo generale in modo più autentico. Le persone hanno paura?
I media francesi si sono dimostrati più attenti, sobri e cauti nel diffondere le informazioni e ciò ha aiutato a contenere il panico. Quelli italiani non hanno fatto altrettanto. Ricordo che la sera degli attentati facevo zapping tra i giornali online dei due paesi e molte delle indiscrezioni uscite su quelli italiani non sono poi state confermate. Ciò non ha fatto altro che accrescere il sentimento di preoccupazione degli amici e familiari italiani. Anche nella scelta del vocabolario utilizzato, qui si fa molta più attenzione ai termini impiegati e il dibattito che ne deriva è quindi più civile. La paura c’è stata e non è stata celata. È una reazione normale cui si cerca di rispondere in tanti modi tutti i giorni. Io lavoro in ambito umanitario e associativo e ultimamente mi sono occupato delle manifestazioni per il clima per la COP 21. Queste ad esempio hanno contribuito al superamento del trauma mobilitando molte energie positive. Poi sul piano politico, con l’ascesa del Front National, è un’altra cosa.
Tu sei un fotografo. Come Charlie Hebdo e gli attacchi del 13 Novembre hanno influenzato questa forma d’arte, e in che modo i fotografi parigini (e ovviamente anche tu) hanno interpretato i cambiamenti dell’ultimo anno attraverso la fotografia?
La prima reazione del “mondo fotografico” si è avuta soprattutto nel genere del reportage: una sorta di documentazione sulla reazione della città e dei parigini agli eventi. Ma sono anche gli altri temi forti dell’ultimo anno come l’afflusso dei migranti, la coesione sociale e l’attenzione alle questioni climatiche che hanno avuto in impatto forte sul mondo della fotografia e delle altre arti figurative. Il mio ultimo lavoro è un reportage sulle manifestazioni spontanee in sostegno dei diritti dei richiedenti asilo.