La Route du rock sembra la Svizzera
In genere da queste parti, e di questi tempi, piove, tira vento e si nuota nel fango ma le prime novità della ventiduesima edizione de La route du rock sono il sole, il sudore e gli occhiali da sole. Quattordici ore di programmazione al giorno, dalle 14:30 alle 4:30 del mattino.
Riesce difficile tenere il passo delle band che si succedono sul palco. Le location sono stupende: di pomeriggio in una delle spiagge più belle del continente con lo sguardo sull’oceano, di sera al Fort de Saint-Père. Ed è qui che i 15.000 spettatori passano la maggior parte del tempo, dal primo caffè del mattino fino agli ultimi sorsi di birra, vino o di ottimo sidro bretone. L’organizzazione é impeccabile. Sembra di essere in Svizzera. Bagni e docce puliti ogni 15 minuti. Postazioni pc lente ma per tutti. Non si ha il tempo di terminare il proprio pasto che si incorre subito negli aggeggi acchiappatutto degli spazzini. E che pasti! Oltre ai soliti panini, pizze e kebab si possono scegliere specialità indiane e il piatto bretone per eccellenza: cozze e patatine fritte. Insomma, sembra di stare in una Woodstock accessibile anche alle anime con meno capacità di adattamento. E poi la programmazione è unica. Oltre ai grandi nomi, qui a Saint-Malo si punta anche su band che potranno dire la loro nei prossimi anni, in una regione storicamente legata al rock e piena di festival per gli amanti del genere.
La serata di venerdi é scandita dalle sonorità elettroniche, noir e post-punk di una band non ancora molto celebre in Italia: The Soft Moon. I tre musicisti di San Francisco sono i più bravi sul palco e riescono a far muovere anche il più inibito tra gli spettatori. Sono loro, a nostro avviso, il simbolo di questa ventiduesima edizione. Anche Alt-J, Spiritualized e Squarepusher fanno la loro parte ma a colpirci é soprattutto una band totalmente sconosciuta in Italia: i Civil Civic ; il duo australiano evoca le sonorità dei Sonic Youth e dei Dinosaur jr, miste a una buona dose di distorsioni post-punk.
La serata di sabato è dominata da The XX. Si tratta di una band in grado di coinvolgere comunità musicali lontane anni luce grazie alla sua capacità di esprimere lo stato d’animo di un’intera generazione. I testi e le sonorità sono dolci. Pertanto non é una band da live per come lo si intende storicamente, ma riesce comunque nell’intento di creare vibrazioni positive. Al contrario, riescono a far danzare una buona fetta degli spettatori i Breton e le quattro musiciste londinesi che rispondono al nome di Savages.
L’ultima serata ha visto esibirsi Hanni el Khatib, The Walkmen, Mazzy Star, Stephen Malkmus and The Jicks e i Cloud Nothings ma i veri protagonisti sono stati i Chromatics. La band di Portland riesce a fare musica elettronica senza pc e a divertire attraverso sonorità lente e ripetute a lungo. Riuscire a mischiare disco e new-wave non è per nulla facile e loro ci riescono alla grande. Inoltre, consigliamo ai lettori un certo Colin Stetson, sassofonista solista in grado di produrre suoni ipnotici con una tecnica tutta personale.
La Route du Rock ha confermato anche quest’anno di essere uno dei festival rock più interessanti sulla scena europea. L’appuntamento è rimandato all’anno prossimo, con qualche buco da sanare considerati i 5000 spettatori in meno rispetto agli anni passati, e con la certezza di poter assistere, almeno in Bretagna, a un festival che punta esclusivamente sulla qualità evitando di mescolare pubblici e band almeno in partenza impermeabili. E poi la Bretagna è una regione davvero alternativa.
Testi di Stefano Iuliani. Foto di Sara Smarrazzo.
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