La Scarzuola, la prima scultura della psiche
Un solo concetto è stato in grado di attraversare tutta la storia e lo sviluppo del pensiero umano (ammesso che esso sia davvero nato più o meno V secoli prima di Cristo). Un concetto piuttosto facile, scontato: “Conosci te stesso”. E quando parlo di storia del pensiero umano non intendo i commenti di Barbara Palombelli ai processi di Forum. Intendo roba tipo Socrate, per dire. Ora, Pensare significa Riflettere. Come in uno specchio, quando pensiamo – almeno in un certo modo – noi ci riflettiamo, e ci conosciamo meglio. Pensare serve a questo, in fondo.
“Conosci te stesso” è la chiave d’accesso che mi è stata fornita entrando a visitare La Scarzuola, che in pratica è un ex monastero dalle parti di Terni dove l’architetto Tomaso Buzzi, ha deciso di costruire una propria città ideale. O almeno questa è la versione semplicistica. Perché in verità questa Scarzuola risponderebbe alla necessità di Buzzi di avere una casa per la propria Anima, un posto in cui essa potesse liberamente esprimersi, riflettersi, conoscersi attraverso le proprie creazioni, i propri incubi, i propri archetipi.
Le visite alla Scarzuola le guida tale Marco Solari, nipote di Buzzi stesso e suo erede. Solari è il classico personaggio che pochi stenterebbero a definire Pazzo come un Cavallo. Uno di quei personaggi magri e semiaristocratici che te li immagini leggere i Vangeli Apocrifi, cagare a palline e avere difficoltà a maneggiare il pomello della doccia. Uno di quei nobili da cui le genti cresciute a Grandi Fratelli amano farsi trattare male, farsi dare delle capre, farsi dire che non capiscono un cazzo.
Mi serve tirare in mezzo lo sconosciuto Marco Solari per parlare di ciò che significa la Scarzuola stessa. Perché Solari non è pazzo, affatto. È semplicemente la cosa più vicina che abbia mai visto ad un custode dell’anima di qualcun altro. La Scarzuola, in effetti, non è altro che l’insieme dei mondi visionari sprigionati dal bisogno che aveva una determinata psyche – quella di Buzzi, appunto – di conoscersi. Di rappresentarsi. Ed osservarne il metodo, osservare la liberazione di un’anima attraverso creature fatte di tufo e di vetro è qualcosa di straordinario, qualcosa che merita di essere visto è che mi sta costringendo ora a scriverne. Ma viverci dentro può essere uno sforzo davvero sovrumano.
Ad ogni modo, Solari da anni accompagna gli ignari visitatori della domenica a ripercorrere quel percorso. Nella Scarzuola ci sono giardini labirinto, statue, cipressi folgorati, Nudi Giganti, Balene, Castelli, torrioni, fontane.
Per dirne solo una: il centro della Città Ideale è costituito da una libreria enorme, cilindrica, circondata da una costruzione di tufo che riprenderebbe sia la forma della torre di Babele, sia la disposizione delle tonalità musicali. Al cuore dell’anima di Buzzi, al cuore del suo ritrovarsi e conoscersi, ci sono i libri – parole, linguaggio poetico – circondate dal turbinio libero della musica. Entrambi sarebbero protetti dalla torre di Babele, simbolo della società che istituzionalizza il linguaggio, lo protegge appunto, ma solo esternamente. Il mondo, per Buzzi, era una protezione amica per la propria interiorità.
Conoscere sé stessi non è obbligatorio. Si vive tranquillamente anche prendendosi a sprangate allo stadio, condividendo foto di DiBattista e litigando tra i commenti di Romafaschifo. Altrimenti ci sono i terapeuti, gli analisti, i preti coi loro corsi da privatista, quelli per ragazzi di buona famiglia che recuperano 4 anni in 1. Rinunciare a conoscersi è solamente rinunciare a pensare, a riflettere.
È rinunciare a distanziarci dalla realtà delle cravatte e degli stipendi e delle fotogallerie di Repubblica.it per prendere finalmente possesso delle nostre necessità creative e ricreative. È, semplicemente, rinunciare a sé stessi. La Scarzuola serve solo a ricordarci che, dal V secolo a.C., abbiamo anche un’altra opzione.