La street art è un fenomeno mainstream?
La street art è oggi un fenomeno mainstream. Se ne parla e se ne scrive in abbondanza e gli si dedicano anche, con sempre più frequenza, film e documentari. Collezionisti di ogni dove e star hollywoodiane affollano puntualmente le gallerie specializzate di mezzo mondo. Ti distrai un attimo e ritrovi un tuo pezzo sui muri della villa di Angelina Jolie e Brad Pitt. Più mainstream di così si muore…
Tanta attenzione porta i suoi frutti e facilita soprattutto la ricerca dei finanziamenti necessari per realizzare progetti che fino a ieri sembravano inimmaginabili. Più padrona del proprio destino? È questa la street art dei nostri giorni? Probabilmente sì.
L’attenzione e il sostegno del pubblico le garantiscono un successo senza precedenti, ma la aiutano anche a proteggere quella libertà di pensiero e di azione che da sempre la contraddistinguono. In questo nuovo scenario, non sorprende che sempre più street artist possano vivere – e non solo sopravvivere – grazie alla vendita delle proprie opere. Certo, alcuni sprecano buone occasioni e si imbarcano in operazioni più che discutibili ma, come sempre, il problema non può ridursi alle scelte dei singoli.
Il problema – anche se “problema” non è forse il termine più adatto – è invece che quasi nessuno prova a mettere a nudo i meccanismi attuali della street art. Certo, le riviste e i siti specializzati sono tanti e sono anche decisamente ben fatti, ma a ben guardarli si tratta quasi sempre di gallerie virtuali dove si presenta giorno per giorno il meglio della produzione mondiale. Tante immagini, pochi testi e, per quel che mi interessa, poche prese di posizione.
Da qui l’idea di creare una rubrica per scrivere di street art e per condividere con la redazione e il pubblico di Ziguline qualche dubbio che mi porto appresso da tempo. Il tono? Sarà leggero. Il taglio? Sarà quello di una persona che studia storia dell’arte da quasi quindici anni e che a forza di passare giornate intere in musei e biblioteche di mezza Europa è abituato a farsi domande davanti alle immagini.
Gli argomenti da trattare sono potenzialmente infiniti ed eccovi quindi qualche esempio in diretta dal foglio che ho qui affianco a me sulla scrivania.
1. Penso che in tanti avrete notato che Barack Obama ha scelto per la sua campagna elettorale il poster realizzato per lui da Shepard Fairey aka Obey. Fin qui, nessun problema. Solo in pochi osano contestare l’idea che la street art si metta a disposizione di un politico che incarna più di ogni altro lo spirito di cambiamento dei nostri tempi. Ma come dobbiamo reagire, invece, quando a utilizzare la street art a fini politici è un uomo di destra? Non so voi, ma io proprio non mi abituo all’idea che David Cameron abbia scelto un graffito come sfondo per annunciare l’avvio della repressione degli scontri che hanno messo a ferro e fuoco Londra l’estate scorsa.
2. Mi piacerebbe anche guardare più da vicino il moltiplicarsi dei festival di street art. Qualcuno sa dirmi a cosa serve ricevere patrocini e sponsorizzazioni se l’unico fine è quello di riempire le facciate di mezzo pianeta di murales? Di per sé, capisco e mi piace anche l’idea, ma è questo l’unico modo in cui possono essere impiegati quei soldi? E che dire di fronte a quei festival che diventano dei veri e propri « parchi giochi per bimbi minchia » (la definizione non è mia, ma mi sembra trasmettere bene l’idea)?
3. Il restauro dei murales di Banksy è un altro dei miei dubbi persistenti. Non ho mai capito su quali basi giuridiche i comuni stanziano fondi per preservare le sue opere. In pratica, come fanno, da un lato, a lanciare campagne di repressione contro i graffiti e, dall’altro, a restaurare e mettere sotto vetro il risultato di alcune di queste incursioni notturne?
Insomma, come vedete, i temi da trattare non mancano, ma ricordate sempre che idee, suggerimenti e polemiche (salvo quelle fini a sé stesse) saranno sempre i benvenuti.
Questa era la prima puntata della rubrica ‘Le Gran Jeu’ che sarà interamente curata da Christian Omodeo. Per info: facebook.com/Le GrandJeu.