La tribù dei copiatori
Un altro anno scolastico è alle porte e le discussioni si disperdono tra zaini troppo pesanti, precarietà del professorato, bonus maturità e via dicendo. Io però, cari zigulini, ho pensato fosse doveroso dare la giusta risonanza a un aspetto della vita scolastica italiana che molto spesso viene sottovalutato o stigmatizzato come condotta didatticamente immorale ma che a mio modesto parere, costituisce uno dei momenti più creativi e intrisi di pathos della vita di uno studente: copiare durante un compito in classe.
Una scalata alla montagna più impervia, la stoica battaglia fra il tuo Io, quel poco che sai e quello che riesci a raccogliere con una sbirciatina al tuo lato. Un SOS mandato con sguardo implorante di sapere al tuo amico del cuore, affinché non ti lasci affondare nella tempesta dell’ignoranza.
Dei foglietti che hai nascosto nei calzini, degli altri sistemati a mo’ di cintura e quel libro che in un batter di ciglio metterai tra le tue gambe e in una frazione di secondo cercherai di estrapolargli più nozioni possibili. Tutto si può dire contro il copiare ma è indubbiamente un momento di suprema creatività.Chi non ha mai copiato in vita sua scagli la prima pietra!
Professori 007 pronti a tutto cercheranno di smascherare il tuo lodevole sforzo di dare al tuo compito in classe un briciolo di dignità. Io ho sempre apprezzato il professore che si gira dall’altra parte e con un sorrisino complice ti fa capire che ti ha colto in fragrante ma apprezza le tue acrobazie in pochi centimetri quadrati e ti lascia in pace a prezzo però che lo faccia con arte.
Anche se esistono dei veri e propri manuali del copiare (che si possono trovare in Internet), credo che la bellezza sia racchiusa nell’improvvisazione del momento, nel carpe diem di quell’unico e irripetibile compito in classe.
Il rafforzamento dello spirito di solidarietà tra i compagni è sicuramente tra le cose più antropologicamente rilevanti nell’essenza della tribù dei copiatori. Crea naturalmente dei conflitti interni e getta ombre oscure sul compagno arrivista che non vuole condividere le proprie conoscenze con nessuno. Quello che si è fatto un mazz tant’ nello studiare ma che prova gioia nel poter aiutare il compagno in difficoltà verrà ricordato per tutta la vita e riceverà sempre pacche sulle spalle nelle rimpatriate postume.
Tutto questo tra un silenzio elettrico intriso di bisbigli al fulmicotone, tossi nervose, risatine complici, ammonimenti secchi del professore che riecheggiano nell’aula come moniti di giganti gulliveriani.
I veri professionisti del copiare con sole pochi frammenti racimolati qua e la a disposizione costruiscono un capolavoro di pragmatismo e coerenza scientifica. Gli altri semplicemente si arrampicano sugli specchi, però con coraggio.
C’è poi il momento tragico, ossia quando il professore ti coglie con le mani nella marmellata con un fogliettino in mano che ti era appena stato recapitato e dentro il quale stava celata la verità, il sommo sapere. In quel momento rappresenti la vittima sacrificale che si immola per salvare la tribù dei copiatori. Il tuo compito viene ritirato e si situerà ai posteri come un’opera d’arte incompiuta.
Etichettare la tribù dei copiatori come dei semplici selvaggi dell’istruzione mi sembra a dir poco fuorviante e semplicistico. Ci si dimentica di tutto quel filone di solidarietà fra compagni, di un universo nascosto di acrobatica creatività costruita nei secoli dei secoli ad hoc per difendersi da un sistema scolastico troppo inflazionato di nozioni e didatticamente obsoleto.