Lahar Magazine: diventare un poster non è mai stato così figo
Costa tutto caro. Carissimo. Soprattutto le cose belle. E nessuno regala niente. Per avere visibilità come scrittore e illustratore devi trovare il gancio giusto. Essere pubblicati sulla carta stampata ormai è roba da predestinati. Eppure di tanto in tanto qualcosa giunge a contraddire le leggi di pessimismo cosmico che regolano in mondo. Almeno quello dei creativi. Capiterà, proprio come gironzolando tra librerie vi capiterà di imbattervi in una posterzine free press bimestrale chiamata Lahar Magazine. Lahar nasce a Padova nel 2011 da un gruppo di amici con la voglia di dare spazio bianco a poeti, scrittori, disegnatori, fotografi. Da un’idea che grazie al cielo sopravvive all’hangover del giorno successivo e con un nome che in giavanese significa lava e indica il fango che scorre sulle pendici di un vulcano nasce così una pubblicazione dal formato di un poster richiudibile che oggi ha la tiratura di 10.000 copie ed è distribuito in negozi, librerie e Università su e giù per l’Italia.
Non solo gratuità ma addirittura meritocrazia perché candidarsi per i numeri di Lahar è molto semplice. Basta non essere troppo autocritici, centrare il tema e inviare il proprio lavoro in redazione entro la deadline. Insomma non siate timidi: i prossimi racconti e disegni attaccati con lo scotch all’armadio del ragazzo della porta accanto o al frigo della mia cucina potrebbero essere i vostri.
Ok siate sinceri: come vi è saltato in mente di creare una posterzine free-press?
Il modo migliore per rispondere a questa domanda è riportando “Nelle nostre notti profonde”, poesia-manifesto del Lahar degli esordi, riportato sul retro fino alla quarta uscita e parliamo quindi di cinque anni fa:
“Nelle nostre notti profonde, come nelle viscere di un vulcano che dorme, quanti erano i discorsi che si sprecavano, senza emergere nella realtà. Teste calde, un po’ bevute e spesso irrequiete. Frasi urlate, mai udite. Fuoco sotto la terra, magma che ribolle nell’invisibile e tutto tace. Ma ecco la scintilla che fa scattare la bomba ad orologeria, ecco il Lahar; e chi salta in aria è la nostra immaginazione! Pentola a pressione cranica, sbuffa vapore, è incontenibile e si fa inchiostro sulla pagina, che si piega solo per entrare nelle vostre tasche.”
Il formato piegabile era stato scelto perché si mimetizzava facilmente tra i flyer di discoteche ed eventi e perché entrava nelle tasche dei pantaloni; poi Lahar diventa poster, così una volta letto può essere appeso e guardato, senza esaurirsi al semplice tatto o alla lettura; il free press invece è un attributo indispensabile: la gratuità è affine al passaggio infinito di lavori tra scrittori e illustratori, produzione artistica che viaggia come proprietà di chiunque ne voglia usufruire.
Cosa vi fa dire “lui/lei lo/la inseriamo nel prossimo numero”?
Anzitutto la coerenza con il tema lanciato, requisito indispensabile per essere inserito nel cartaceo. Per quanto riguarda i testi è ovvio che un minimo di forma e correzione grammaticale ci dev’essere, considerando che questi sono gli unici dati che si possono valutare oggettivamente. Dico oggettivamente perché così negli articoli come nelle illustrazioni interviene poi il gusto del singolo membro della redazione: quando una cosa è bella, scritta bene o disegnata bene lo si nota subito; non servono lauree o grandi dottori per capirlo, anche perché nessuno della redazione lo è.
Siete distribuiti in Università, negozi e spazi in giro per l’Italia e poi a Tarifa (Spagna). Come siete arrivati fin laggiù?
Il Presidente dice: “Sono andato in ferie, lì ho conosciuto un tipo e da allora gli mando sempre le copie”. Lahar è soprattutto distribuzione e spesso la sua distribuzione è dovuta alla più disparata casualità.
Quali sono l’illustratore, il fotografo e lo scrittore che vi piacerebbe trovare nella vostra casella mail (defunti inclusi)?
Siccome è sempre difficile fare una cernita di artisti, riporto una serie di nomi che tutta la redazione ama: Man Ray, Hugo Pratt, G. G. Màrquez, Daehyun Kim, H. C. Bresson, Italo Calvino, Walter Moers, Casey Neistat, Nassib Taleb, Nawal El Saadawi, Roberto Baggio, Brett Helquist, Diane Arbus, Chuck Palahniuk, Gianluca Vialli, Alex del Piero, George Grosz, Robert Capa, Joseph Roth, Bruno Munari, Bill Plympton, John Maeda e probabilmente qualche altro calciatore dato che loro sono la vera emanazione della cultura popolare e tutti noi siamo frutti della cultura popolare.
Sulla descrizione del tema del numero dedicato alla Superbia del vostro sito troneggiano queste imponenti parole:
“Forse il superbo non è colui che si crede migliore degli altri, egli semplicemente agisce.”
Quanta superbia ci vuole per ritenere un proprio scritto, un’illustrazione o una foto degna di essere letta, guardata, assimilata e magari risputata?
Quale superbia ci vuole per pretendere il proprio piccolo spazio? Siamo essere umani, siamo a volte intelligenti ma sopratutto siamo sempre desiderosi di una prova, tanto meglio se questa prova è la parola, il disegno o la carta. Superarla, nel nostro piccolo, è il primo passo verso altri obbiettivi o forse anche il modo per riconoscere che abbiamo dei limiti che non ci appartengono e che lasciamo superare a chi ha energie per farlo.
Non crediamo Lahar sia per i superbi. Lahar è per chi si vuole bene.
Un appello al vostro lettore casuale ed uno a quello accanito.
Ad entrambi diciamo: scrivete e disegnate perché ci sono ancora tante cose che vogliamo fare.
Per saperne di più:
www.facebook.com/LaharMagazine