LBL, l’etichetta delle contaminazioni
LBL (leggilo pure Label) è un progetto che nasce dall’incontro di esperienze diverse, in particolare all’interno della trasmissione radiofonica Musical Box condotta da Raffaele Costantino con Matteo Strada in redazione. È un incubatore di idee, innovazione, è un’etichetta ma anche una factory creativa, un network dove idee, ispirazioni e stimoli si uniscono per proporre un format inedito. Tra sperimentazione, jazz ed elettronica, per una forma d’arte trasversale a ogni genere e generazione.
Quattro al momento i progetti che trovate sul loro sito: Boom!, dj Khalab & Baba Sissoko, Star Hip Troopers e Franco d’Andrea Electric Tree. Fatevi un giro per approfondire queste realtà.
Ciao Matteo e benvenuto su ziguline. La prima domanda è sempre la più classica: LBL come nasce? E da chi?
LBL nasce da una serie di passioni comuni a chi l’ha fondata: la musica, in primis, ma anche la comunicazione, e più in generale l’universo della produzione culturale. Cinque persone con competenze tra loro piuttosto complementari, che si sono trovate a riflettere sulla possibilità di valorizzare quello che rappresenta uno sconfinato patrimonio musicale – il jazz italiano – proiettandolo in una dimensione futuribile, attraverso l’utilizzo della tecnologia e la contaminazione con tendenze e stilemi tipici della scena elettronica contemporanea.
Attorno a questo concept si sono ritrovati giornalisti di musica jazz, consulenti musicali, dj e produttori, manager di eventi culturali: un team con un know-how frutto di anni di lavoro in questa direzione, che, fortunatamente, non ha ancora smesso di coltivare le proprie passioni (e di complicarsi la vita) dando vita a progetti articolati e ambiziosi.
LBL. Netlabel ma anche etichetta tout court, un management di artisti ma anche un network creativo. Qual è il vostro obiettivo?
Gli obiettivi sono tanti; anzitutto siamo molto affascinati dall’idea di curare e produrre materiale originale di grande qualità. Partire da un’idea precisa, per andare a svilupparla seguendone tutte le fasi. Cercando di non interferire troppo sulle scelte creative operate dagli artisti, quello è il loro “lavoro”, ma al contempo provando a definire un forte identità del progetto discografico nel suo insieme.
Per disegnare quest’identità bisogna ricorrere anche ad altri linguaggi: grafica, fotografia, parole… Ogni progetto dev’essere qualcosa di definito, forte e impattante, ma al contempo far parte di un tutt’uno che ha un senso.
Uno degli elementi che determinano la sensazione di distanza che tutti percepiscono tra jazz ed elettronica consiste nei rispettivi modelli di fruizione, il dove e il quando la musica viene riprodotta, eseguita, ascoltata, ballata, etc. Quindi uno dei fattori che non potevamo proprio trascurare era quello dei live. Club o sale concerto? Le 21 o le 02 di notte? Anche in questo stiamo mischiando le carte il più possibile. Una linea curatoriale, un immaginario, live e management: tutto si deve tenere insieme. Questo è l’obiettivo.
Unire il linguaggio improvvisato del jazz a quello quasi matematico dell’elettronica. Come mai vi siete dedicati proprio a questa commistione?
Quello che più di tutto ci ha fatto venire in mente LBL è stata una sepolta affinità “attitudinale”, un approccio piuttosto similare tra gli artisti. Da una parte c’è il jazz che per natura ha sempre avuto la necessità di progresso, da Dizzy Gillespie a Sun Ra, questo genere è pieno di pionieri ed innovatori radicali, di sperimentatori rivoluzionari e di artisti sempre in anticipo rispetto alla storia. D’altro canto anche l’elettronica si è sempre evoluta grazie al coraggio di chi ha saputo gettare il cuore e le idee oltre l’ostacolo. Metti insieme questa affinità con il fascino che i due emisferi si trasmettono per via della loro diversità….
Non solo generi, ma anche trasversalità nelle generazioni. Penso a Franco D’Andrea Electric Tree, forse la sintesi più alta del progetto.
Sicuramente Franco d’Andrea è uno dei manifesti di LBL. Franco ci ha in qualche modo dimostrato che tutto è possibile: nonostante la sua carriera, nonostante il suo essere tra i decani del pianoforte italiano con più di 200 dischi sui quali c’è il suo nome, a un certo punto ha sentito l’esigenza di rimettersi in gioco di nuovo e con Andrea Ayassot – sassofonista geniale col quale già collaborava da tempo – ha incrociato la sua esperienza con quella di Dj Rocca, dj e producer storico che negli anni 90, con il Maffia Soundsystem, ha contrassegnato un momento storico per la club culture italiana. Generazioni differenti, riferimenti spesso agli antipodi, eppure!
Stasera sarete a Perugia al festival immaginario con Boom! e lo stesso giorno al Rialto di Roma con Backwords ed Enrico Zanisi. Mi dici due parole sui due progetti?
Boom! è composto dal pianista Giovanni Guidi e da Raffaele Costantino: il nome la dice lunga sull’attitudine di questo progetto, che ha l’elemento di rottura proprio nel suo DNA. Guidi è tra i migliori pianisti della sua generazione, suona con Enrico Rava e gira il mondo con i migliori. In lui abbiamo trovato una voglia fortissima di esplorare, di confrontarsi con l’umidità della club culture, di ragionare la sua musica secondo canoni nuovi, cosa che Raffaele gli permette di fare avendo una grandissima apertura ed un atteggiamento decisamente onnivoro nei confronti della produzione musicale.
Quello di Enrico Zanisi e Backwords rientra nei progetti del nostro “lab” al Rialto Sant’Ambrogio. Una volta al mese, in maniera inedita e in anteprima, LBL sperimenta nuove interazioni. Nonostante i dischi di recente uscita e le tournee senza grosse pause, Enrico ultimamente ha subito il fascino dei sintetizzatori, e della produzione elettronica, e Backwords (Michele Pardo, tra i fondatori dei Casinò Royale) è stato l’uomo giusto al momento giusto, per esperienza, consapevolezza, curiosità intellettuale. Vedremo insieme a voi quale sarà il risultato.
Il desiderio per il 2015?
Più che un desiderio è un obiettivo: presentare tanti progetti inediti e fare in modo che questo incontro tra linguaggi diventi sempre più intenso e partecipato.