Le Vele di Tobias Zielony
Una nuova mostra fotografica di Tobias Zielony è presente a Napoli. Ritorna il fotografo tedesco che si affaccia sull’universo giovanile per poter testimoniare con i suoi scatti le situazioni di disagio e di disoccupazione vissute nelle periferie delle grandi città. Il suo penultimo progetto dal titolo “The Hidden”, il nascosto, esposto a Milano nel febbraio del 2007, già dimostrava quale fosse l’obbiettivo dell’artista e cioè di rivolgere la sua attenzione verso il “nascosto”, o meglio verso quella realtà sociale “nascosta”.
I suoi scatti riguardavano giovani di Los Angeles costretti a vivere ai margini della società, dove la loro adolescenza è calpestata e vissuta in maniera isolata, dove domina un malessere sociale e la loro vita si confonde con quell’ambiente vuoto, scuro e sporco. L’isolamento della metropoli americana viene rivissuta nelle foto dell’ultima mostra di Tobias Zielony, dal titolo “Vele”, promossa e prodotta dalla galleria Lia Rumma di Napoli. Uscite di casa ci avviamo verso piazza Amedeo. Ancora una volta, non scrivo il giusto indirizzo e prima di arrivare chiediamo spesso e volentieri informazioni stradali. Come per magia la galleria si materializza d’avanti ai nostri occhi, ma il nostro girovagare ci ha costretto a tardare la visita alla mostra. Gentilmente Fabrizio Tramontano, architetto e uno dei curatori della mostra, ci invita ad entrare e grazie a lui comprendiamo anche quale fosse il primo progetto delle Vele.
Queste unità abitative sono ormai famosissime perché covo della delinquenza minorile e della Camorra. Il piano 167, progetto iniziale, prevedeva la costruzione di ben 4 edifici abitativi-vele per la sistemazione di circa 60.000 persone e la realizzazione di attrezzature e servizi per il quartiere con sottopassi per la continuità dei percorsi, poi interrati su richiesta della popolazione perché ritenuti pericolosi. Inoltre, come ci spiega Fabrizio, le uniche Vele che rimangono ancora in piedi, quella L e M, sono state costruite troppo vicine limitando così la vivibilità e gli spazi della gente. Così l’architetto Francesco Di Salvo non ha mai visto il suo progetto terminato e neanche ciò che è stato innalzato ha seguito i criteri del suo piano iniziale. Come tutte le costruzioni italiane anche questa si è tramutata in un mostro urbanistico, dove si è saputo solo investire a fondo perduto e non si sono tenute presenti le esigenze della popolazione. Tobias Zielony con le sue 16 immagini e la sua animazione fotografica della durata di nove minuti e sedici secondi, realizzata con la tecnica della stop motion, ci dà un’ulteriore testimonianza di un ambiente desolato e inabitabile, dove l’unica via di scampo alla disoccupazione è darsi allo spaccio o unirsi ad organizzazioni criminali.
Vagando negli spazi espositivi della mostra le foto ci mostrano la spazzatura che domina nel quartiere, trasformato così in una sorta di discarica a cielo aperto, i tossicodipendenti, le famiglie normali che vivono una vita inusuale e che si emozionano nel guardare i fuochi d’artificio esplosi qualche metro più in là, le abitazioni disabitate e quelle in cui la gente ancora vive in attesa di un’abitazione sostitutiva. Infatti Fabrizio ci fa notare come le Vele siano animate da luci sparse e ci dice che la maggior parte della popolazione ha abbandonato queste abitazioni dopo aver avuto l’assegnazione di nuove case. Adesso chi rimane lì è in attesa di un nuovo alloggio oppure da lì non si schioderà mai, perché ha occupato gli appartamenti illegalmente.
Ciò che rimane di questo progetto avveniristico è uno scheletro strutturale e una desolazione che invade la coscienza. L’abilità di Tobias Zielony nel darci un’idea veritiera di ciò che siano le Vele e di come la vita si organizzi ci è data dalla mancanza di luce nelle sue foto. Nulla è illuminato dal sole ed i volti della gente sono schiariti da fonti di luminosità artificiale come la luce dei lampioni. Ed ecco che viene fuori il disagio, le paure ed i malesseri e l’architettura diventa protagonista e testimonianza di isolamento sociale. Nulla è parafrasato e nulla è mistificato nelle foto di Zielony, la sua arte è testimonianza della realtà.