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L’Inferno di Dante visto da Emiliano Ponzi

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Emiliano Ponzi, è un affermato illustratore che a 26 anni decide di mandare via e-mail due sue illustrazione all’Art Director del New York Times, con la certezza che sarebbero andate a vuoto perse tra lo spam. E invece, a sole due ore di distanza, viene ricontattato e due ore dopo già collabora con la testata.

Da allora la sua carriera è stata in ascesa: le sue illustrazioni appaiono tra le più prestigiose riviste e quotidiani. Ha ricevuto numerosi premi tra cui ultimamente, la terza medaglia d’oro dalla Society of Illustrators di New York nella categoria Art Series and Sequential per le meravigliose copertine della riedizione italiana di Charles Bukowsky, edite da Feltrinelli (video a cura di Daniela Croci www.zoemap.com).

In occasione del Bilbolbul Festival Internazionale del fumetto di Bologna, ha presentato il suo ultimo lavoro: un sedicesimo #28″ Inferno”, edito da Corraini. Un sedicesimo è un progetto editoriale che affida ogni due mesi ad artisti di vario genere il compito di creare una mini rivista di sedici pagine senza alcun vincolo editoriale.
Emiliano Ponzi ha scelto di rappresentare l’Inferno di Dante Alighieri.  La sua è stata una scelta ambiziosa, una sfida ed è stato ingegnoso nel sintetizzare una tal complessa opera d’arte. Si è lasciato guidare da tre principi base: la pena del colore, il colore contraddistingue il personaggio chiave e la situazione che caratterizza la pena; l’idea di mantenere alcuni capi saldi dell’epoca in cui Dante scrisse la Divina Commedia e, infine, il concetto secondo cui è necessario semplificare tenendo la complessità sullo sfondo, come sosteneva John Maeda ne: Le 10 leggi della semplicità.

 

Un sedicesimo #28: L’Inferno.

 

PRIMO CERCHIO: Limbo.
Il limbo è il cerchio di coloro che, essendo nati prima di Gesù Cristo, non hanno ricevuto il battesimo e sono stati privati della fede. Essi non hanno commesso un peccato in particolare, la loro unica colpa è quella di essere nati prima del cristianesimo, di non essere quindi battezzati. Chi si trova nel Limbo non può vedere la luce di Dio ed è questa la sua condanna. Nel portare alla quotidianità le pene dantesche, Ponzi immagina che chi non può vedere la luce è il cieco, accompagnato dall’inseparabile cane che lo guida verso il raggio di sole sotto un cielo grigio e nuvoloso. Il cane è l’unico elemento a colori: è colui che si accorge della luce, districandosi e abbaiando verso essa, nella pena del suo padrone.

 Limbo

SECONDO: i lussuriosi.
Nel rappresentare i lussuriosi, Ponzi disegna una donna a cui piedi si districano una marmaglia di uomini il cui unico tratto distintivo è quello dei calzettoni bianchi, che ricreano il bordo di una coperta pesante di lana. Ribaltando un po’ quello che sarebbe convenzionale, Ponzi mette una donna al centro della lussuria invece di un uomo. E’ la donna il personaggio chiave, la cui pena del colore è rappresentata dalle labbra e dai seni colorati su un corpo totalmente bianco, a rappresentare la sua colpa di lussuriosa.

 I Lussuriosi

TERZO: i golosi.
Secondo l’Inferno dantesco sono immersi nel fango puzzolente, sotto una pioggia ininterrotta di neve e grandine, tormentati da Cerbero, guardiano di tutti gli inferi.
Dalla grandine e la neve ne deriva un ghiacciolo dove Ponzi incastra un goloso, un ciccione, immolato e impalato nello stecchetto con l’impossibilità di ribellarsi agli istinti primordiali della gola, imprigionato dagli zuccheri e con le braccia che spingono verso la parete del ghiacciolo, come un detenuto che vuole uscire dalla sua cella.

 I Golosi - Gli Avari

QUARTO: gli avari.
L’avarizia nel tempo moderno, è quella delle banche, quindi del completo, del colletto bianco. Dall’intuizione Ponzi passa al processo razionale tagliando le mani all’avaro: senza mani egli non può più accumulare, non può portare a sé, anche lui stesso è stupito e tiene le mani alzate come simbolo d’incredulità, è di spalle perché gli avari non sono disponibili verso il prossimo, pensano solo a sé e danno le spalle al mondo.

Gli Iracondi

QUINTO: gli iracondi.
È la tavola che ha più licenza poetica, quella più lontana da Dante. In Dante gli iracondi erano immersi nella palude dello Stige, e traghettati da Flegiàs, allegoria dell’ira e custode del cerchio. La figura di Flegiàs appartiene alla mitologia greca: egli infatti incendiò il tempio di Delfi per vendicarsi di Apollo, che aveva sedotto sua figlia Coronide che in seguito morì.
Ponzi, ispirato da tale rogo, ha pensato a un incendio coniugale. Tante coppie, scatenate dall’ira, intavolano discussioni dove il linguaggio non detto fa sì che un incendio si propaghi in modo così veloce da una persona all’altra da non lasciar niente, brucia la carta e rimangono solo le ceneri. Le relazioni, infatti, dopo un litigio iracondo diventano come la carta che prende fuoco e brucia, e che, poi, solo sfiorandola si sbriciola. Ponzi, opta per una coppia che si sta sposando perché l’impatto è più forte di una coppia qualsiasi e si rifà all’epoca dantesca in cui l’unione era rappresentata dal matrimonio cattolico.

 Gli Eretici

SESTO: gli eretici.
Gli eretici erano considerati tutti coloro che appartenevano ad una setta religiosa diversa dalla Chiesa. I più grandi rappresentanti erano gli epicurei e cioè coloro che pensavano che l’anima non sopravvivesse al corpo, quindi che non ci fosse una vita oltre quella della carne.  Ma allora se non esiste l’anima e non c’è vita dopo la morte siamo tutti carne da macello: se togli l’anima siamo tutti solamente un insieme di corpi, di sistemi nervosi, di organi. L’assenza di gravità nelle braccia sta a significare il rigor mortis, corpi congelati come in una cella frigorifera, dove ci sono solo cadaveri.

 Gli Omicidi e i Tiranni - I Consiglieri fraudolenti

SETTIMO: Negli ultimi tre cerchi si trovano i dannati colpevoli di aver posto malizia nelle loro azioni maligne. Sono suddivisi in tre gironi, nel primo ci sono i violenti contro il prossimo, cioè gli omicidi, i saccheggiatori, i tiranni e briganti. Essi sono immersi nel Flegetonte, un fiume di sangue bollente che sta a simboleggiare il sangue che hanno fatto versare in vita. Più i loro corpi sono sommersi e più è grave la loro pena.
Ponzi decide di rappresentare i tiranni. La più fedele di tutte le rappresentazioni dei cerchi danteschi. Qui c’è il tiranno per eccellenza della storia: Hitler, immerso fino al collo nel fiume di sangue bollente con il braccio alzato sia per mantenersi a galla sia come saluto romano, tipico del dittatore.

 I Traditori

OTTAVO: Qui si trovano coloro che hanno agito con malizia ma in modo fraudolento contro chi non si fida. Il cerchio è suddiviso in dieci bolge, Ponzi ha scelto l’ottava: i consiglieri fraudolenti.
In un’ottica di combinazione fra intuizione e razionalità, è rappresentato fedelmente il peccato di malizia simboleggiato dal serpente, il primo consigliere fraudolento per eccellenza, che contiene in se stesso la mela, l’oggetto classico della corruzione. I peccatori dell’ottavo cerchio peccavano attraverso l’uso della parola, raffigurato dalla lingua biforcuta e maligna del serpente.

 

NONO: Il nono ed ultimo cerchio condanna ancora i colpevoli di malizia e fraudolenza, ma questa volta contro chi si fida.
Quattro zone: Ponzi sceglie la quarta zona, la più profonda. Nel collo dell’imbuto dell’Inferno, nella parte più lontana da Dio, si trovano i traditori delle istituzioni supreme create per il bene dell’umanità.
A punire gli stessi peccatori c’è Lucifero, ormai Satan, l’avversario di Dio, il primo grande traditore della suprema istituzione, e cioè della Chiesa.
Qui è evidente la pena del colore: senza la macchiolina non si tratterebbe di un peccatore, sarebbe un cliente anonimo, invece così è il traditore della stessa istituzione a cui appartiene in un contesto totalmente urbano, riconoscibile.
 

 

 

“Sono passato da un’opera mastodontica a una spremuta, dove ogni tassello ha un significato nel suo insieme, per rappresentare concetti complessi ma universali”, Emiliano Ponzi.

 
Emiliano Ponzi | sito

BilBolBul | sito

Un Sedicesimo | sito

Zoemap | sito

Michela Colasanti

scritto da

Questo è il suo articolo n°10

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