L’ultima zona libera di Leon Diaper
Non credo di esagerare se dico che Leon è uno dei più talentuosi giovani fotografi che abbia mai visto. Ultimamente la mia attenzione è stata catalizzata dal lavoro di numerosi fotografi, non so dire come mai quando dovevo recensire un artista per le rubriche mi ritrovavo sempre tra le mani qualche splendida fotografia di cui non potevo non scrivere.
Mi viene da pensare che uno strano percorso mi abbia condotta alla fine ai lavori di Leon che sembrano aver assorbito tante piccole tracce che mi avevano colpito negli altri lavori e che qui si mettono insieme in una splendida serie di mondi che l’obbiettivo ci permette di conoscere. E’ stato difficile reperire informazioni su questo ragazzo che credo sia davvero giovane oltre che molto sensibile. Sul web quello che per primo appare di Leon è il suo libro: The Last Free Place. Questo progetto nasce all’interno di una lunga esplorazione d’umanità che Leon ha fatto attraversando gli States, durante la quale credo abbia potuto davvero bussare ad ogni stanza di quel bizzarro Hotel America, abitato da wresteler, cantanti falliti, ubriaconi, splendide cameriere e strade interminabili.
The Last Free place è stato interamente scattato a Niland, una piccola località circondata dal deserto del Colorado, che nell’ottobre del 1946 si vide costruire accanto a sé, su circa 3 kmq di deserto il gigantesco Camp Dunalp. Camp Dunalp sarebbe dovuto essere un nuovo centro di addestramento della Marina, il più grande e innovativo della West Coast. Il campo era servito persino da un impianto di trattamento delle acque, piscine olimpioniche e strade asfaltate che nessuno aveva mai visto da quelle parti. Proprio quelle strade e quella piscina sono ciò che è rimasto di Camp Dunalp oggi, che soltanto quattro anni dopo fu chiuso e semidemolito per mancanza di fondi.
The Slab, la lastra di cemento, oggi da il nome ad una città di diseredati che Leon ha voluto ritrarre in una vita quotidiana disperata ma tenera. Sullo sfondo delle Chocolate Mountains, le roulotte, le poltrone impolverate i peluches monchi e la polvere sedimentata fre le rughe di questi incredibili abitanti di Slab city. Eppure Leon è capace di grandi ritratti anche se esce un pomeriggio a fare un giro con il suo amico Jason o se usa la sua polaroid in una stanza d’albergo. Forse è questo quello che chiamano talento?
Per saperne di più: leondiaperphotography.com