Manifesto, il festival per l’esplorazione sonora a tutto tondo
È venerdì sera, il Monk Club di Roma si sta preparando per un’occasione speciale, giunta quest’anno alla sua seconda edizione: Manifesto, il festival pensato su misura per l’esplorazione sonora a tutto tondo, torna dove aveva lasciato la scorsa primavera. Se però la line-up della precedente edizione conteneva una grande fucina di talenti del nostro Paese (da Populous a Jolly Mare, passando per gli Yombe e un veterano come Alfio Antico), quest’anno la contaminazione si è espansa fino a lidi molto più lontani, creando un collage sonoro ed emotivo di altrettanta qualità.
A scaldare i motori ci pensa proprio un talento nostrano, quando sono da poco passate le 22.30. Il producer genovese FILOQ porta l’esperienza jazz mista ad elettronica del suo album “JazzCrash”, ottimo preambolo al contatto con suoni e simboli che variano dalla sinteticità all’esplorazione analogica che ricorrono in tutta la programmazione del festival.
A seguire arriva il primo ospite dei nuovi mondi promossi da questa edizione: Barrio Lindo, direttamente dall’Argentina, che è un concentrato di cumbia digitale, folk latino e prepotenti influenze beatcore, frullate in uno stile freschissimo. La sua esibizione comincia a scaldare l’ambiente, che si prepara ad accogliere intorno alla mezzanotte, quando il locale è ormai pieno zeppo, il fiorentino Cristiano Crisci in arte Clap! Clap!, di ritorno nella capitale dopo un anno di esperienze che lo hanno lanciato nell’orbita dei talenti più sorprendenti della scena. Il setup del suo show è stavolta accompagnato da una live band, con batteria e chitarre, mentre dalle sincopate frequenze delle sue drum machines l’artista di casa Black Acre presenta il nuovissimo “A Thousand Skies”, il secondo album appena uscito.
La performance è come da copione, di un’energia travolgente, con protagonista la ritmica afro che lo contraddistingue di una forza ancor più tangibile in versione live, che alterna le nuove contaminazioni dell’ultima release alle familiari bassline saltellanti per cui era divenuto celebre nell’opera di debutto. Dopo un’ora abbondante di pogo e accelerazioni ritmiche arriva il turno di Com Truise, punta di diamante dell’americana Ghostly International, che chiude lo stage dall’1.30 fino al dj set del volto di casa, Andrea Esu.
La synthwave del newyorkese continua a scaricare l’energia che ci era rimasta dai precedenti live, in un sali-scendi di fortissima enfasi che rappresentano un biglietto da visita per il suo stile futuristico di rimando 80’s, un vero e proprio trademark familiare a chi lo conosceva già dagli esordi. L’esibizione tiene tutti svegli e drizzati più di prima, la sala non si accenna a svuotare per l’intera durata del live pieno di elettronica sintetica e drum’n’bass dello statunitense, che conclude dopo un’ora e mezza una performance di alto livello, lasciando tutti col sorriso. Una prima notte all’insegna della forza motrice della varietà di energie e ritmi, segnati tutti in qualche modo da un’attitudine precisa, capace di tenere il pubblico incollato alle transenne fino a tarda notte.
La seconda giornata si apre con un cambio di programma, l’iraniano Ash Koosha è stato infatti impossibilitato a partire per Roma a causa di un inconveniente all’aeroporto di Londra, dove è stato trattenuto prima del volo che lo avrebbe portato nella Capitale. La scaletta della serata si adegua, partendo comunque come da copione, con il primo live ancora una volta affidato a un progetto italianissimo: Spartiti.
Il duo formato da Jukka Reverberi e Max Collini porta on stage il suo ultimo EP “Servizio d’Ordine” in un’esibizione a metà tra un’a/v e un live set elettronico di grande resa. Al centro del palco Max Collini racconta le storie dietro l’EP, con una regia a montare dietro la parte grafica costruita ad hoc e Reverberi alla parte sequencer e chitarre ad accompagnare i motivi sonori della performance. Il pubblico rimane colpito e presente per l’intera durata dell’esperienza, coinvolto dal palco dalla voce incalzante di Collini che prosegue i racconti a tema del mini-album incentrato su PCI, anni Ottanta e storie di una politica di un tempo.
La notte di sabato accoglie poi Cleo T., poliedrica voce francese dallo stile singolare e coinvolgente, che con la sua band e un’installazione coreografica interattiva presenta “And Then I Saw A Million Skies Ahead”, tra pop, electro e acustica (compreso un assolo di violino, suonato da un componente della sua band, veramente potente!). La cantante d’oltralpe ha fatto il resto, caratterizzando l’esibizione con una presenza scenica notevole e mai banale, che ha elettrizzato il pubblico, sorpreso piacevolmente.
Direttamente da Lima, Perù, prendono il palco sul finale i Dengue Dengue Dengue, che mettono insieme tutto il ritmo sudamericano della loro patria e una connessione con il digitale ed il nuovo, in un connubio danzante perfetto per il tema del festival. Le maschere di Salmon e Pereira si muovono senza sosta sul palco del Monk che rimane ancora a ballare come il venerdì fino a tarda notte. La formula dei nuovi mondi ha portato una ventata di aria fresca, tra Perù, Argentina e valori artistici nostrani, che si conclude con i dj set di Innerflow e Echoes.
Manifesto si è confermato, dunque, un gradevolissimo spaccato musicale che anticipa la primavera, dai colori alle emozioni, dalle trame scelte agli artisti di differente collocazione, uniti da un particolare gusto, ciascuno differente. Un piccolo appunto che potrebbe far migliorare la cornice – se possibile – è forse la durata: l’anno scorso il formato di tre serate ha convinto maggiormente, variegato e mai asciutto, portando fino a domenica un livello di presenze di tutto rispetto.
La sensazione è che per questo 2017 si sia voluto concentrare tutto un po’ meglio, senza forzare la mano, lasciando le due date del weekend come protagoniste assolute. Bene comunque, la risposta c’è stata, forte e chiara, il viatico per un terzo capitolo il prossimo anno è già ben scritto e incuriosirà senz’altro.
Testi di Giovanni Coppola. Foto di Alessandra Barba.
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