Marina Abramovic, quando Napoli inseguiva la Body Art
E’ il 1974 quando lo Studio Morra invita l’artista serba Marina Abramovic a mettere in atto una delle sue prime performance proprio a Napoli. Marina nasce nel 1946, a Belgrado, suo nonno è un patriarca ortodosso poi diventato santo e i suoi genitori due partigiani dissidenti proclamati eroi di guerra ( sua madre divenne anche direttrice del Museo della Rivoluzione e Arte in Belgrado).
Molti musei e gallerie hanno già rifiutato di ospitarla, perchè le proposte vengono giudicate assurde, fuori luogo e sconce. Intanto la sua performance ha già fatto il giro del mondo: l’artista esegue un gioco russo nel quale ritmici colpi di coltello sono diretti tra le dita aperte della mano. Ma Marina ha le idee chiare per Napoli e decide di andare ancora oltre rimanendo in piedi davanti al pubblico partenopeo per sei intere ore offrendo a chiunque la possibilità di utilizzare su di lei tutti gli oggetti posti su un tavolo al suo fianco: una sega, una forchetta, un pettine, una frusta,un rossetto, un ago, coltelli, fiammiferi, forbici, miele, grappoli d’uva e infine una pistola carica. All’inizio la reazione del pubblico è quasi di indifferenza, ma pian piano la situazione diventa sempre più estrema, e gli oggetti cominciano ad essere usati per tagliarle i vestiti, ferirla,bruciarla, toccarla fino a che qualcuno le mette in mano la pistola e gliela fa appoggiare alla fronte piegandole le dita sul grilletto, è a questo punto che il resto degli spettatori intervengono “salvando” Marina dalla sua stessa opera.
Marina Abramovic non è soltanto la madre-regina-sacerdotessa della Body Art e delle arti performative contemporanee ma è anche il modello esemplare dell’artista contemporanea del secondo novecento. E’ stata la voce cosciente del femminismo occidentale e iniziatrice di un’ apertura verso l’arte contemporanea dell’Est europeo. Il suo corpo poi, è il pretesto per una narrazione sul suo paese, la sua famiglia e più di tutto sul dolore della guerra. A Napoli la sua performance fece ovviamente scoppiare uno scandalo ma Marina convive tutt’ora con il fatto che le sue opere feriscono non solo lei, e questo non è che una parte del suo lavoro. Rimane un artista che in un modo unico e difficile ha parlato del suo paese e della violenza politica come pochi altri artisti del nostro secolo.